io sto con la sposa

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un ricordo di Pippa Bacca

(a cura di Francesco Masala)

Pippa Bacca era una guerriera esile esile, mangiatrice di sogni e di chilometri, indisciplinata e piena di slancio, candida come l’abito che l’accompagnò all’inferno, o come l’idea difesa a oltranza, fra la virtù e l’incoscienza. Giovane artista milanese, con un lavoro in un call center e molti progetti in cantiere, quattro sorelle e una famiglia nobile, di una nobiltà non convenzionale, Pippa era nipote del grande Piero Manzoni, fratello della mamma Elena. E morì, Giuseppina Pasqualino di Marineo, durante la sua ultima performance, il 31 marzo del 2008.
Si era messa in testa di attraversare i Balcani, a cavallo delle sue gambe e della sua ostinazione. Un viaggio in autostop, solcando – insieme all’artista Silvia Moro – 11 paesi dilaniati da conflitti armati. Indosso, entrambe, avevano un abito da sposa: la lunga marcia dell’innocenza e della speranza, fra scorie e memorie di guerra. La partenza da Milano, l’arrivo a Gerusalemme, e in mezzo la Bosnia, la Bulgaria, la Croazia. E la Turchia.
Ma non fu mai la meta, mai all’orizzonte fu il confine della Città Santa. Pippa perse la vita in territorio turco, presa da un infame della strada che la caricò su un’auto, la violentò, la strangolò e poi gettò il cadavere fra i rovi, nella terra, vicino l’asfalto. 33 anni lei, spazzati con ferocia; 30 anni di galera per lui, arrestato dopo 11 giorni.

La sua storia, più volte raccontata – ennesimo capitolo osceno, tra i mille capitoli della violenza di genere – è oggi al centro di un libro dal titolo “Sono innamorata di Pippa Bacca. Chiedimi perché!”, scritto da Giulia Morello ed edito da Castelvecchi. 160 pagine per ripercorrere la vicenda tenera e fiera di una vittima ennesima, morta con indosso un simbolo semplice, un pezzetto di tradizione, morta con in testa un desiderio di rivendicazione, d’empatia, di libertà. Morta, infine, mettendo in scena un rito pericoloso e puro, tra il proprio corpo, la vita stessa e una scrittura di codici, di segni, di ardori.

Dopo alcune mostre, varie commemorazioni, una valanga di articoli e uno spettacolo teatrale, diretto dalla stessa Morello, questo libro arriva come uno scrigno giusto, a custodire di lei il ricordo, il senso delle pratiche creative, l’energia, il carattere speciale e tutta la passione profusa nel suo peregrinare.

 Helga Marsala

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QUI il racconto del viaggio (con tante foto)

La storia di Pippa Bacca è stata la vicenda di una speranza tradita. La speranza di poter avvicinare un mondo conflittuale attraverso la disposizione d’animo di un modello di candore e di pace, tradito dall’uomo che ha violentato e ucciso l’artista milanese, nipote di Piero Manzoni, durante un passaggio in autostop poco dopo Istanbul, mentre tentava di raggiungere la Siria.

Era finita così, tragicamente, Spose in Viaggio, l’azione che avrebbe dovuto toccare 11 Paesi europei e medio-orientali, teatro di conflitti recenti o meno, e la cui conclusione era prevista a Gerusalemme. Partita da Milano, insieme alla collega Silvia Moro, l’8 marzo 2008, dopo aver attraversato Slovenia, Croazia, Bosnia e Bulgaria, le due si separarono proprio dopo Istanbul, con l’intento di ricongiungersi a Beirut, dove avrebbero proseguito di nuovo insieme per Giordania, Israele e Palestina, con arrivo a destinazione circa un mese dopo dalla festa della donna.

Nelle diverse tappe il vestito da sposa, unico abito dell’artista, studiato apposta per l’occasione e realizzato da Byblos, figurava da tramite simbolico di una continua entropia, emblema di una condizione d’animo sporcato e lavato, così come Pippa Bacca e Silvia Moro in alcune zone effettuarono anche il rituale del lavaggio dei piedi alle ostetriche,  omaggio a chi aiuta la vita a nascere in Paesi dove spesso i conflitti la portano via.

Ma la speranza di Pippa, appena trentenne, non arrivò a destinazione, unendola nel destino allo zio Piero, scomparso anch’esso appena trentenne, nel 1962.

Il prossimo 8 marzo, a cinque anni esatti dalla partenza, i Frigoriferi Milanesi omaggiano con un’anteprima la figura dell’artista e del progetto attraverso il documentario di Joël Curtz, film maker francese, che dopo aver contattato la famiglia di Pippa, ha lavorato due anni a raccogliere materiali e testimonianze, riuscendo anche a recuperare, con l’aiuto di Raphael Daniel, il video contenuto nella telecamera dell’artista. Ne è nato così La Mariée (La Sposa), un ritratto delicato che racconta attraverso lo sguardo del regista e le parole delle persone vicine a Pippa Bacca il progetto dell’artista milanese. A seguito della proiezione del medio-metraggio, inoltre, una conversazione con il critico Gianluca Ranzi e lo stesso Joël Curtz.

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Pippa Bacca: una sposa per la pace

L’abito da sposa è un bene meraviglioso in sé, ma anche carico di significato e di valori: l’amore, in primis, ma anche la stima e la fiducia reciproca. Sentimenti di coppia, che possono acquistare valore universale.

Questo pensava una persona che ha perso la vita per aver provato ad indossare l’abito da sposa come un simbolo, uno strumento di pace e fiducia nel prossimo, in un immaginario matrimonio con centinaia di sconosciuti di tutto il mondo.

Parliamo di Giuseppina Pasqualino di Marineo, nota come Pippa Bacca, la giovane artista milanese nipote del famoso artista Piero Manzoni, violentata e uccisa il 31 Marzo 2008 a Gebze, Turchia.

Forse ispirata dallo zio, anch’egli scomparso in giovane età, impegnato nella realizzazione di inusuali performance con la partecipazione attiva del pubblico, Pippa aveva intrapreso da subito la strada dell’arte performativa (visita il sito www.pippabacca.it per conoscere l’artista).

L’8 marzo 2008 Pippa si incamminò, insieme all’artista Silvia Moro, entrambe in abito da sposa, lungo il Brides on Tour, viaggio sostenuto da Byblos, che da Milano doveva arrivare fino a Gerusalemme passando da Serbia, Bosnia, Bulgaria, Turchia, Libano, Palestina, Israele, Siria “per realizzare un matrimonio con la terra , la pace, con la gente tutta”, specialmente dei territori di conflitto,

Gli abiti furono concepiti dal direttore artistico di Byblos Manuel Facchini, in base alle caratteristiche funzionali e personali delle due artiste.

I vestiti furono realizzati in due copie (una da conservare e una da indossare on tour), utilizzando fibre naturali, per agevolarne il lavaggio e rispettare la natura.

Negli intenti del progetto gli abiti indossati dalle artiste dovevano diventare “una vera e propria opera in progress che subirà numerose evoluzioni durante il corso del viaggio, diventando poi motivo di confronto e riflessione con gli abiti originari al loro ritorno, durante una mostra”, che doveva svolgersi subito al termine del viaggio, previsto per il novembre dello stesso anno e che si tenne invece presso la Byblos Art Gallery di Verona dal marzo al maggio 2009.

L’obbiettivo del viaggio era “di esplorare e raccogliere ogni testimonianza possibile, a mezzo video-fotografico ed epistolare, relativa all’incontro delle diverse culture, e ai rispettivi universi simbolici, comunque connessi tra loro da un’origine e da un immaginario che sfata il concetto di confine e limite geografico”.

In questo contesto l’abito da sposa non è stato, come di consueto, trattato come un delicatissimo simulacro da indossare dapprima il giorno delle nozze e poi riporre in un baule, ma, al contrario, è stato vissuto appieno, perdendo via via il tipico candore e diventando “il diario narrato dalle tracce lasciate dalle materie dei luoghi attraversati”.

Diversi i rituali-performance organizzati dalle artiste durante il viaggio, ad esempio la “Lavanda dei piedi”, tenuta da Pippa alle ostetriche del posto “come simbolo di riconoscenza e gratitudine verso queste donne che permettono alla vita di nascere in luoghi in cui la guerra troppo spesso non ne ha rispetto”.

Dopo aver attraversato Slovenia, Croazia, Bosnia e Bulgaria, Pippa e Silvia arrivarono in Turchia il 20 marzo 2008. A Istanbul Pippa si separò temporaneamente dalla compagna, e il 31 marzo accettò un passaggio che le costò la vita.

Spiegava Pippa: “La sposa è il bianco, la luce, il femminino, generatrice di vita, quindi di pace, dell’amore e della purezza”.

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Pippa Bacca: la Sposa (di Rosa Roccia)

Era il 2008, abitavo in Turchia a Bursa già da due anni, avevo trovato lavoro in una scuola di lingue, dove insegnavo l’italiano. Una mattina, come tute le altre, faccio il mio ingresso in aula e tutti gli studenti si alzano in piedi, con i visi rattristati e mi chiedono scusa, ozur dilerim in turco. Io, sorpresa non capisco…Ozur dilerim, chiediamo scusa a lei prof, che è italiana, per quello che è successo nel nostro Paese. Hanno trovato il corpo di Pippa Bacca, nascosto tra gli arbusti nella periferia di Istanbul. Rimango impietrita sulla porta, un’ondata calda mi sale in testa, avevo seguito i TG sulla vicenda, ancora una volta moriva una donna per mano di un uomo che la ha uccisa dopo averla violentata.

La scena dei miei studenti in classe non l’ho mai cancellata dal mio cuore, è rimasta: condividere il dolore e la vergogna di un Paese quale la Turchia, per definizione ” Misafirperver” cioè “ospitale”

Certo, Pippa ha incontrato sulla sua strada un violentatore, un maschio che ha visto in lei una preda, lei che voleva dare solo un messaggio di pace. Voleva dimostrare a tutti che l’innocenza può viaggiare senza pericolo, nei posti più malfamati e pericolosi, indossando un abito da sposa come un simbolo, uno strumento di pace e fiducia nel prossimo. Era molto fiduciosa e forse un po’ ingenua, purtroppo ha incontrato la persona sbagliata, nel momento sbagliato, nel posto sbagliato si dice… Ma cosa c’è di sbagliato nel voler portare avanti il proprio progetto umano e artistico?

Una sfida, è morta solo perchè era una donna.

Eccomi ancora qui, in Turchia, nella terra in cui Pippa è stata uccisa, a ricordare le sue parole, il suo ” matrimonio ” con la terra: “La sposa è il bianco, la luce, il femminino, generatrice di vita, quindi di pace, dell’amore e della purezza”. Ozur dilerim Pippa.

      Alda Merini le ha dedicato una poesia:

 A Pippa

Abito bianco
per andare a nozze con la tua morte
e con quella di noi tutti
Ti sei vestita di bianco
ma siccome la tua anima mi sente
ti vorrei dire che la morte
non ha la faccia della violenza
ma che è come un sospiro di madre
che viene a prenderti dalla culla
con mano leggera

Non so cosa dirti
io non credo nella
bontà della gente
ho già sperimentato tanto dolore
ma è come se vedessi la mia anima
vestita a nozze
che scappa dal mondo
per non gridare

da qui

redaz
una teoria che mi pare interessante, quella della confederazione delle anime. Mi racconti questa teoria, disse Pereira. Ebbene, disse il dottor Cardoso, credere di essere 'uno' che fa parte a sé, staccato dalla incommensurabile pluralità dei propri io, rappresenta un'illusione, peraltro ingenua, di un'unica anima di tradizione cristiana, il dottor Ribot e il dottor Janet vedono la personalità come una confederazione di varie anime, perché noi abbiamo varie anime dentro di noi, nevvero, una confederazione che si pone sotto il controllo di un io egemone.

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