La CIA legge nel futuro, altro che il mago Otelma

articoli e video di Douglas MacGregor, Paolo Selmi, Nicolai Lilin, Giuseppe Masala, Maria Melania Barone, Elena Basile, Juan Antonio Aguilar, Maria Zakharova, Scott Ritter, Jafar Salimov, Pepe Escobar, Giacomo Gabellini, Gian Andrea Gaiani,

Ecco i primi 5 minuti di Tenet, di Christopher Nolan:

 

 

 

Colonnello Douglas MacGregor: “Pochi dubbi sul coinvolgimento di Cia e MI6”

Pubblichiamo la traduzione del breve ma intenso e significativo messaggio del Colonnello Douglas MacGreogor su X, in relazione all’attentato di Mosca e i suoi responsabili.

Gli autori dell’attacco terroristico in Russia sono fuggiti dalla Russia in Ucraina vicino a Belgorod e sono direttamente legati a elementi musulmani che combattono per conto degli UA. 

Sono originari dell’ISIS o di qualcos’altro? 

Non ne ho idea, ma ci sono pochi dubbi sul coinvolgimento dell’MI-6/CIA.

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QUANDO SI DICE IL CASO… – Paolo Selmi

Era un caso che uno dei quattro terroristi, il SETTE MARZO, visitasse il centro KROKUS, ripreso da un passante che, dopo quanto accaduto, è andato a recuperare la foto e la ha pubblicata.
https://t.me/ZeRada1/18832

Certo, così come è un caso che con ogni probabilità non fosse stato da solo in questo SOPRALLUOGO.

Ed è altrettanto un caso che LO STESSO GIORNO AMBASCIATE USA E GB in Russia avessero messo in guardia i loro concittadini da possibili attacchi terroristici a Mosca.

C’è una cronologia intera di casualità che Zerada mette in fila nel suo pezzo appena citato:

25 febbraio: articolo sul NYT circa le cellule CIA in Ucraina

28 febbraio: la Nuland parla di finanziamenti all’Ucraina e promette a Putin “risposte asimmetriche” e, in particolare “sorprese spiacevoli” (Nasty Surprises)

5 marzo: la Nuland è costretta a dimettersi

7 marzo: almeno un terrorista ispeziona il luogo dove avrebbe compiuto la strage

7 marzo notte: le ambasciate USA e GB in territorio russo mettono in guardia i loro concittadini su possibili attacchi a Mosca, in particolare in occasione di concerti, nelle successive 48 ore.

9 marzo: al Krokus si esibisce il cantante russo Shaman (probabile primo obbiettivo)

Qualcosa, MOLTO PROBABILMENTE, va storto. Nel frattempo le elezioni, che probabilmente c’entrano con tutto il discorso, si svolgono e Putin stravince.

22 marzo: attentato al Krokus.

Zerada parla, senza mezzi termini qui, di DEEP STATE+
https://t.me/ZeRada1/18835
Un Deep State che vede aggiungersi alla tradizionale struttura statunitense anche i servizi segreti britannici, che controllano a loro volta il GUR ucraino, ridotto a loro filiale. Fantascienza? I russi sono riusciti nel frattempo a trovare anche un telefonino appartenuto a uno dei quattro terroristi. Dal quale riusciranno ad accedere a ulteriori, preziosi, dati investigativi.

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Attentato a Mosca, il rito della guerra e la scena (speculare) del film “Tenet” – Giuseppe Masala

Ogni guerra ha le sue ragioni, sempre recondite, sotterranee, nascoste ed inevitabilmente legate alla volontà di potenza delle élites dei paesi coinvolti. Ma una guerra ha anche un suo rito che si esprime in parallelo con il grado di civilizzazione dei popoli coinvolti nel conflitto.

Il rito è necessario perché la guerra presuppone il sacrificio di molti uomini e la civiltà impone la non riduzione dell’uomo a Homo Sacer, ovvero a uomo che può essere sacrificato al di fuori del rito. La figura dell’Homo Sacer era già presente peraltro alle origini del diritto romano; chiarisco questo per sottolineare come l’uomo da millenni consideri un discrimine tra civiltà e barbarie la presenza o meno di un rito attraverso il quale un uomo possa essere sacrificato, qualunque sia la causa compresa la chiamata alla guerra. Bene, il rito della guerra (o di premessa alla guerra) garantisce che l’uomo sia sacrificato nel conflitto per il bene, per una giusta causa, per un bellum iustum. Quello che è un vero e proprio rito di discernimento fa in modo che l’uomo non venga sacrificato vanamente, ingiustamente, e dunque a causa di un Bellum Nefandum.

Elemento fondamentale del rito, anzi, sarebbe più corretto dire, la soluzione del mistero del rito è il senso che in esso viene dato al bellum e che, a sua volta, si sostanzia nel casus belli, ovverosia la ragione da esporre al pubblico, alla civitas che consente di chiedere ai cittadini il sacrificio supremo.

In passato il motivo che poteva dare origine ad un casus belli, è stato certamente, l’onore della patria messo in discussione. Pensiamo per esempio all’antefatto che fu la premessa alla guerra franco-prussiana del 1970, dove i cittadini francesi inurbati nelle grandi città (e dunque pienamente civilizzati) chiedevano la guerra per lavare l’onta subita a causa della vicenda narrata nel cosiddetto dispaccio di Ems, nel quale si rendeva conto che il Kaiser Guglielmo I, in un incontro ad Ems, usò toni sprezzanti e offensivi nei confronti dell’ambasciatore francese. Peccato che il dispaccio, appositamente fatto filtrare alla stampa, era stato artatamente modificato e distorto da Bismark proprio al fine di provocare i francesi ed ottenere la guerra.  Spesso nel rito della soluzione del conflitto, il casus belli è dunque artefatto, artificialmente costituito proprio per nascondere totalmente al popolo le reali ragioni per le quali gli viene chiesto il sacrificio supremo in una guerra. La guerra deve – grazie all’opera di discernimento, grazie al rito – apparire bellum justum più che esserlo realmente.

La prima guerra mondiale fu caratterizzata dal casus belli dato dell’assassinio avvenuto a Sarajevo, del principe ereditario dell’Impero d’Austria Francesco Ferdinando e di sua moglie avvenuta per mano di un nazionalista serbo, Gavrilo Princip. Dunque un attentato terroristico che colpisce un potente, un nobile. Per l’epoca chiaramente un Casus Belli clamoroso, ma che, probabilmente, oggi non sarebbe sufficiente a giustificare la mattanza di decine di milioni di uomini. Lo strumento invece dell’attentato terroristico, per sua natura intimamente vile, e tale da generare sempre riprovazione nell’opinione pubblica appare oggi idoneo ad incendiare le masse fino al punto di chiedere una guerra…

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L’ISIS è stata partorita dagli americani: tutte le prove – Maria Melania Barone

Prima di gridare al “complotto” state fermi: è tutto vero. Le fonti ci sono, sono tante e io ve ne elencherò solo alcune tra le più accreditate. Parto dai giorni nostri, o meglio, da quanto è accaduto una settimana fa quando Hillary Clinton, in un’intervista rilasciata a Jeffrey Goldberg del giornale web “The Atlantic“, ha ammesso: “L’Isis è roba nostra ma ci è sfuggita di mano“. Queste parole hanno fatto il giro del web e sono state pubblicate integralmente da numerosi organi d’informazione, ma non dai media nazionali italiani che, da sempre, si pongono ormai passivamente di fronte ai più grandi problemi di politica estera. Veniamo dunque alle dichiarazioni della signora Clinton:

LE CONFESSIONI DI HILLARY – «È stato un fallimento. Abbiamo fallito nel voler creare una guerriglia anti Assad credibile. Era formata da islamisti, da secolaristi, da gente nel mezzo. Il fallimento di questo progetto ha portato all’orrore a cui stiamo assistendo oggi in Iraq» – E ancora – «In un’intervista che risale allo scorso febbraio il presidente Obama mi disse: “Quando hai un esercito di professionisti che combatte contro contadini, falegnami e ingegneri che iniziano una protesta devi fare qualcosa. Purtroppo modificare l’equazione delle forze in campo è difficile, e quasi mai ci si riesce. All’epoca non capii. Oggi mi è tutto chiaro», scrive Goldberg.

Clinton: «Obama in politica estera è troppo cauto. L’America ha bisogno di un leader che crede che il proprio Paese sia un’indispensabile forza di pace, nonostante gli errori commessi. Anzi, gli errori li commette proprio chi fa, fanno parte del ruolo dell’America. Obama cerca con troppa insistenza di comunicare agli americani che non sta facendo qualcosa di folle. È troppo ragioniere. Noi, invece, dovremmo portare avanti una politica estera bilanciata. Una via di mezzo tra la bellicosità di Bush e l’attesa di Obama. Attendere lo sviluppo degli eventi non ti porta a prendere decisioni migliori e più sagge per il mondo e per l’America». L’ex Ministro degli Esteri americano continua: «Abbiamo fatto un gran lavoro contro l’Unione Sovietica. Ma abbiamo anche commesso molti errori. Abbiamo appoggiato personaggi veramente cattivi. Abbiamo fatto cose in America Latina e nel Sud-est asiatico di cui non vado per nulla fiera. Ma all’epoca c’era un obiettivo più grande. E lo abbiamo raggiunto. Tutto il resto è passato in secondo piano. È così che bisogna agire, che deve agire l’America».

Insomma, Hillary lo ammette, si confessa: l’Isis, quello che oggi viene ritenuto “il male assoluto”, è in realtà una loro creatura. Ma, andando un pò più nel particolare, chi ha finanziato l’Isis? Quali erano le sue funzioni originarie?..

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Il negoziato è possibile, basta volerlo davvero – Elena Basile

Mentre il Consiglio europeo ci fa accapponare la pelle, affermando di voler preparare i cittadini allo scontro frontale con la Russia e disquisisce di economie di guerra e mobilitazione generale, l’ex consigliere di Obama, Charlie Kupchan, entra nel dibattito per esprimere parole di buon senso: Mosca resterà nel nostro orizzonte geopolitico; dobbiamo accettare la Russia per quel che è e non per quello che vorremmo che fosse. Evidentemente Kupchan spara fuoco amico sui compagni di avventura neoconservatori che questa guerra l’hanno voluta senza tener conto della realtà.

Non prendiamo in considerazione la tesi più radicale che vorrebbe la sconfitta della Russia e un cambio di regime, che peraltro è oramai sconfessata dalla situazione sul campo. Interloquiamo con i più saggi che sostengono l’esigenza di armare e finanziare l’Ucraina per fermare la controffensiva russa e pervenire ai negoziati da una situazione di forza. È un ritornello che abbiamo ascoltato già nel 2023 e che finora ha massacrato un’intera generazione di giovani e distrutto le infrastrutture del Paese.

Questa postura ha spinto il Cremlino a raddoppiare gli sforzi bellici. Non è possibile un negoziato con chi lo utilizzerebbe solo per meglio armarsi e perseguire obiettivi ostili. Se si vuole negoziare bisogna decretare la fine di una politica che si è dimostrata perdente. Per convincere Mosca a non continuare nella sua offensiva per altri cinque anni, durante i quali avrà, riguardo a munizioni, uomini e armamenti, una relativa superiorità, bisogna uscire dalla logica di Guerra fredda che dalla Svezia ai Baltici alla Polonia ha ormai infestato l’Europa. L’alternativa è la prosecuzione della guerra, come affermano gli esponenti del Blob statunitense, per i prossimi 10 anni, con rischi inusitati e traguardi non scontati e con la discesa di truppe Nato sul campo. Se oggi si cessasse il fuoco e si avviassero negoziati in buona fede, facendo cadere le sanzioni, nell’ambito di una nuova architettura di sicurezza europea, Mosca potrebbe ritirarsi dai territori occupati, cui andrebbero garantite autonomie regionali e linguistiche. Una svolta a 360 gradi della politica europea, ritornando alla cooperazione e a un modello di sviluppo economico vincente.

La strategia opposta, oltre a condannarci alla crisi economica e ai rischi di conflitto nucleare, stabilirà una frontiera coreana con la Russia e renderà instabile la sicurezza di tutti noi. La Russia ha territori immensi, risorse cospicue e una popolazione in calo demografico. Questi tre parametri dovrebbero essere presi in considerazione dai nostri analisti per poter comprendere che Mosca non ha mire imperialistiche in Europa. Vuole non essere minacciata alle sue frontiere. Se gli atlantisti potessero spiegarci perché la neutralità dell’Ucraina non è un interesse europeo, ucraino oltreché russo, saremmo loro grati. Siamo quindi passati dalle armi a Kiev per una vittoria contro la Russia e la riconquista dei territori occupati, alle armi a Kiev per evitare che la Russia conquisti altri territori. Data la netta superiorità militare russa sul campo, che non può essere mutata dagli aiuti europei o da patetici accordi bilaterali, che legano di fatto contro le Costituzioni nazionali le democrazie europee a un Paese in guerra, questa strategia è destinata a spingere Mosca ad avanzare. I perdenti sono il popolo ucraino e i suoi martiri. Il perdente è la classe lavoratrice europea. Le guerre finirebbero all’istante se coloro che le sostengono dovessero essere conseguenti e partire per il fronte.

L’altro dogma sul quale si insiste con una certa ipocrisia è che non c’è bisogno di un mediatore. Saranno gli ucraini, al momento giusto, a negoziare. Quali ucraini? Le madri che hanno perso i loro figli? Oppure una classe dirigente nazionalista e di estrema destra che è eteroguidata dai servizi anglo-americani e che nel marzo del 2022 era già pervenuta a una mediazione con i russi, poi rinnegata su input di Boris Johnson? Purtroppo si inculca nel lettore distratto l’assurda nozione che siano Paesi piccoli e deboli a gestire le relazioni internazionali e non i loro potenti sponsor. L’Europa, dopo l’ingresso di Finlandia e Svezia nella Nato, è divenuta più insicura. Anche i migliori editorialisti trasformano la realtà. Dicono che la Russia ammassa le truppe al confine con la Finlandia: ecco svelata la sua aggressività. Ci si dimentica di avvertire il lettore che si tratta di una risposta alla modifica di equilibri della Guerra fredda quando la Finlandia era rimasta neutrale. Povera Europa baltica! Siamo ormai nelle mani dell’estone Kaja Kallas. In Russia si è liberi di non votare, ancora di più lo si è nelle comunità russe all’estero. L’affluenza massiccia è stata storica. La nostra propaganda ha convinto persino i dissidenti che è il momento di stringersi intorno al presidente e alla Patria.

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La “Campagna d’Ucraina”: le dichiarazioni (inquietanti) del capo di Stato maggiore francese – Giuseppe Masala

Nonostante la levata di scudi arrivate da molte capitale europee sulle parole di Macron che ha ventilato l’ipotesi di un intervento di terra nel conflitto ucraino da parte della Nato, o di una coalizione di volenterosi capeggiata dalla Francia stessa, da Parigi continuano a giungere voci di preparativi per la Campagna d’Ucraina.

A tale proposito di particolare rilevanza è stato l’intervento del Capo di Stato Maggiore dell’Esercito francese (Armée de Terre) Pierre Schill sul giornale Le Monde, nel quale ha dichiarato: «L’esercito francese è pronto. Qualunque sia l’evolversi della situazione internazionale, i francesi possono essere certi che i loro soldati risponderanno con prontezza. Per proteggere dagli attacchi e per tutelare gli interessi nazionali, l’esercito francese si prepara alle battaglie più difficili».

Una vera e propria dichiarazione d’intenti quella espressa del generale peraltro sul quotidiano più prestigioso dell’intera Francia. Segno che il momento è da considerarsi solenne e il popolo va preparato; del resto le stesse dichiarazioni di Macron avevano lo stesso evidente intento. Il generale, inoltre, conclude ribadendo un altro concetto fondamentale espresso da Macron: «La sfida è garantire che la forza dimostrata dalle truppe francesi inverta la tendenza in modo da scoraggiare gli attacchi alla Francia. Essa fa affidamento per la difesa sul suo arsenale nucleare, nonché su un esercito addestrato e compatibile con gli eserciti dei suoi alleati, soprattutto in Europa». Anche qui il generale, ribadisce un concetto fondamentale già espresso da Macron, quasi a sottolineare che quanto già detto dal Presidente non è da considerarsi come un  concetto espresso erroneamente: le armi nucleari francesi coprono solo ed esclusivamente il territorio francese garantendo, in caso di minaccia, una rappresaglia che dissuaderà chiunque da un attacco. Una affermazione che letta in controluce ha una sola interpretazione: i restanti paesi europei (al di fuori della Gran Bretagna) sono privi di un ombrello nucleare difensivo, pertanto chi vuole può sostanzialmente colpirne il territorio senza rischiare poi molto. Sempre che qualcuno non voglia credere in uno scudo nucleare garantito dagli Stati Uniti, ma bisogna essere proprio ingenui a credere che alla Casa Bianca e al Pentagono qualcuno rischierebbe di vedere colpite da ordigni nucleari città come New York, Chicago e Los Angeles per garantire una rappresaglia in caso di attacco nucleare su Berlino, Varsavia o Roma.

Un concetto peraltro ben inteso dal vecchio Romano Prodi che immediatamente ha lanciato un appello pubblico alla Francia: «Lo ribadisco: all’Europa servono una politica estera e una difesa comuni. E riguardo a quest’ultima la Francia, che detiene l’atomica, ha una responsabilità più grande e una leadership naturale, ma dovrà sbrigarsi, a mettere l’arma nucleare a disposizione dell’Europa, visto l’aumento della spesa militare tedesca». Da notare la finezza da vecchia volpe delle cancellerie europee: Prodi ha sottolineato l’aumento della spesa militare tedesca che evidentemente, a giudizio dell’ex Presidente del Consiglio, renderà autonoma la Germania dal punto di vista militare chiudendo la finestra di opportunità per Parigi di assumere la leadership europea.

Tuttavia l’innesco del perverso meccanismo dei preparativi alla guerra è dimostrato da altre importanti dichiarazioni come quelle del vice capo di Stato Maggiore dell’esercito polacco Karol Dymanowski che, ad un giornale polacco ha dichiarato: «Prima c’erano 40.000 soldati pronti a diventare uno scudo della NATO, e ora sono già 300.000 quelli disponibili. Questi soldati arriveranno nel Paese non dopo l’inizio della guerra, ma prima». Il generale polacco avverte che il build up per il conflitto è già ampiamente iniziato con lo spostamento di un numero molto elevato di truppe in Polonia (a cui poi vanno aggiunte quelle nella penisola scandinava, nei paesi baltici, in Romania, in Moldova e negli altri paesi confinanti con l’Ucraina, la Russia e la Bielorussia): preparativi peraltro debitamente mascherati dalle solite esercitazioni militari che consentono lo spostamento di truppe senza generare troppo allarme nelle popolazioni civili. Questa tattica l’hanno usata i russi nei mesi precedenti all’attacco all’Ucraina, e la stanno usando ora gli occidentali ammassando truppe e materiali sul fianco orientale della Nato, ai confini con la Russia.

Il cosiddetto build up peraltro non è soltanto relativo alla costruzione del dispositivo militare in senso stretto ma attiene anche alla costruzione di quelle infrastrutture necessarie al fine che il primo possa funzionare al meglio. E’ infatti di questi giorni la notizia che  la più grande base NATO in Europa è in costruzione in Romania. Si tratta della 57a base aerea “Mihail Kogalniceanu” di Costanza, che, grazie a colossali lavori di ampliamento (al modico prezzo di 2,5 miliardi di dollari), si appresta a diventare la più grande base NATO d’Europa, concepita, secondo gli esperti su misura per la guerra a Mosca.

Non pare esagerato definire ormai la Romania come una vera e propria piazzaforte della Nato rivolta contro Mosca. L’affermazione regge anche in relazione al fatto che è stata completata anche la base militare Deveselu, nel sud della Romania, che ospita il sistema di difesa antimissile balistico Aegis Ashore della Marina statunitense. A proposito di questo sistema d’arma i funzionari russi avvertono da anni che i sistemi di lancio verticale MK-41 della struttura potrebbero essere facilmente calibrati per lanciare missili da crociera Tomahawk in Russia…

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“60 anni dopo non sanno chi ha ucciso Kennedy, ma sull’attacco terroristico a Mosca sono certi” – Maria Zakharova

Rappresentante ufficiale del Consiglio di sicurezza nazionale degli Stati Uniti, Adrienne Watson: L’Ucraina non è coinvolta nell’attacco terroristico a Krasnogorsk, la colpa è dell’ISIS.

Se solo fossero riusciti a risolvere così rapidamente l’assassinio del loro presidente Kennedy. E invece no, da più di 60 anni non si riesce a scoprire chi lo ha ucciso. O forse anche l’Isis? Oppure ritarderanno per altri 60 anni con i dettagli, giocando con ogni “incertezza costruttiva”?

Oppure prendiamo l’attacco terroristico al Nord Stream? Lì, secondo gli Stati Uniti (e il New York Times ha citato commenti di funzionari), sarebbero coinvolti gli ucraini. È vero, poi le autorità americane sono andate fino in fondo. Quindi stanno ancora frugando lì intorno alla ricerca di sommozzatori di Kiev o dell’Isis. Da Washington non è arrivata nemmeno una parola per chiedere a Danimarca e Svezia di non smettere di cercare i responsabili, e la proposta della Russia di avviare un’indagine sotto l’egida dell’ONU è stata bloccata dagli anglosassoni nel Consiglio di Sicurezza.

Tutto ciò suggerisce che le élite politiche statunitensi sono diventate abili nel corso dei decenni nel distogliere abilmente l’attenzione dai crimini di alto profilo e da ogni sorta di messa in scena.

Pertanto, fino a quando le indagini sull’attacco terroristico al Crocus City Hall non saranno completate, qualsiasi frase di Washington che giustifichi Kiev dovrebbe essere considerata come una prova. Dopotutto, il finanziamento delle attività terroristiche del gruppo criminale organizzato di Kiev da parte dei democratici liberali americani e la partecipazione ai piani di corruzione della famiglia Biden vanno avanti da molti anni.

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Scott Ritter: “Biden capisce che il tempo a disposizione per l’Ucraina sta per scadere”

È assolutamente ovvio che l’Ucraina fosse necessaria solo per indebolire la Russia. Ma ora Washington ha sempre meno tempo per aiutare Kiev. Si avvicinano le elezioni in cui l’Ucraina non farà altro che ostacolare Biden, che quindi dovrà porre fine alla guerra entro novembre. La guerra è già definitivamente persa, ora i politici statunitensi vogliono solo attenuare le conseguenze e scaricare la colpa su altri. Questa opinione è stata espressa in un’intervista a Dialogue Works dall’ex ufficiale dell’intelligence USA Scott Ritter.

Credo che sia in atto una politica volta a utilizzare l’Ucraina come strumento per indebolire la Russia. La Russia sta distruggendo questo strumento. E se quello era l’unico strumento che si aveva per fare il lavoro e improvvisamente ci si ritrova senza, forse si deve ripensare al proprio approccio. Se volete abbattere un albero, avete un’ascia. L’ascia si rompe. Improvvisamente si guarda l’albero e si dice: ‘Forse lo userò solo per fare ombra, perché l’albero è qui. Non andrà da nessuna parte’.

Inoltre, ci sono altre cose. Abbiamo i BRICS. Abbiamo la dedollarizzazione. Abbiamo un ambiente internazionale in continua evoluzione. Penso che l’amministrazione Biden capisca che il tempo a disposizione nei confronti dell’Ucraina sta per scadere. E loro dicono “se perdiamo”, e io dico “quando perdono”. E perderanno. La questione è come mitigare le conseguenze della sconfitta. Puoi ottenere un accordo migliore? Potete essere d’accordo su qualcosa che conserverà una certa dignità e orgoglio? Dopotutto, è proprio di questo che stiamo parlando. Sono fermamente convinto che l’amministrazione Biden non voglia l’Ucraina alle elezioni di novembre.

E cosa significa? Pensi che l’amministrazione Biden sarà in grado di cambiare le sorti di questa guerra entro novembre e dichiarare la vittoria? Ecco la risposta. Scuoti la testa no, perché questa è la risposta. Non saranno in grado di farlo.

Pertanto, hanno bisogno che la guerra finisca entro novembre. Questa è la risposta di cui abbiamo bisogno. E non vinceranno. Sappiamo che non vinceranno. Resta solo da determinare come perderanno“.

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I figli del Fuhrer – Zelensky prepara la Gioventù hitleriana Ucraina – Jafar Salimov

Probabilmente il regime di Kiev ha deciso di cedere parte dei territori controllati. Almeno nella regione di Sumy, al confine con la Russia, è iniziato l’addestramento dei militanti per i distaccamenti partigiani che reclutano bambini.

L’organizzazione paramilitare neofascista “Prava Molod'” (“La gioventù di destra”) nella città ucraina di Sumy invita i giovani dai 14 ai 23 anni in un centro di addestramento, dove promette di insegnare loro come “uccidere i nemici”. Le autorità locali hanno anche iniziato ad addestrare gruppi capaci di condurre la guerriglia.

A quanto pare, Kiev ha deciso di ritirare le truppe regolari dalla regione filo-russa al confine con la Russia, ma di “minare il territorio”, lasciando lì giovani militanti fanaticamente fedeli a Zelensky.

La Convenzione sui diritti dell’infanzia stabilisce che le persone sotto i 15 anni non devono prendere parte alle ostilità. Il Protocollo Opzionale, o emendamento formale alla Convenzione, aumenta questa età a 18 anni. Questo protocollo non vieta l’arruolamento volontario nell’esercito di minori di 18 anni, tuttavia i giovani devono ottenere il consenso dei genitori o dei loro rappresentanti e non possono prendere parte direttamente alle ostilità.

Invitare direttamente i quattordicenni a combattere non sembra una misura umanistica coerente con i valori europei. Tuttavia, l’ex deputato lettone del Parlamento europeo Miroslav Mitrofanov comprende le motivazioni delle autorità politiche ucraine: “Non esiste un chiaro divieto legale al coinvolgimento dei minori nelle ostilità. Ma spesso (non sempre, ovviamente) vince la guerra la parte che viola le regole umanitarie della guerra nella speranza che ‘i vincitori non vengano giudicati’.

Tuttavia, va tenuto presente che il reclutamento massiccio e violento di bambini nelle ostilità provoca gravi traumi psico-emotivi, che influiscono sul morale e sulla salute pubblica per generazioni. Ad esempio, alcuni Paesi africani non sono stati in grado per decenni di spezzare il circolo vizioso di violenza creatosi a causa del massiccio coinvolgimento dei bambini nelle ostilità…

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Pepe Escobar – È la Guerra: il vero tritacarne inizia ora

[Traduzione a cura di: Nora Hoppe]

Prova 1: Venerdì 22 marzo 2024. È la Guerra. Il Cremlino, tramite Peskov, lo ammette finalmente, in via ufficiale.

Quella citazione bomba:

“La Russia non può permettere l’esistenza ai suoi confini di uno Stato che ha la documentata intenzione di utilizzare qualsiasi metodo per sottrarle la Crimea, per non parlare del territorio di nuove regioni.”

Traduzione: il burattino Kiev costruito dall’Egemone è condannato, in un modo o nell’altro. Il segnale del Cremlino: Il post-“non abbiamo nemmeno iniziato” inizia ora.

 

Prova 2: venerdì pomeriggio, poche ore dopo Peskov. Confermato da una seria fonte non-russa – ma europea. Il primo contro-segnale.

Truppe regolari di Francia, Germania e Polonia sono arrivate, per ferrovia e per via aerea, a Cherkassy, a sud di Kiev. Una forza notevole. Cifra non trapelata. Vengono ospitati nelle scuole. A tutti gli effetti, si tratta di una forza NATO.

Il che significa: “I giochi sono ora aperti”. Dal punto di vista russo, i biglietti da visita del signor Khinzal saranno molto richiesti.

 

Prova 3: venerdì sera. Attacco terroristico al Crocus City Hall, un immenso auditorio per la musica a nord-ovest di Mosca. Un commando altamente addestrato spara a vista, a bruciapelo, a sangue freddo, e poi incendia l’auditorio. Il contro-segnale definitivo: con la figuraccia sul campo di battaglia, non resta che fare il terrorismo a Mosca.

E proprio mentre il terrore colpiva Mosca, gli Stati Uniti e il Regno Unito, nel sud-ovest dell’Asia, bombardavano Sana’a, la capitale yemenita, con almeno cinque attacchi.

Ma che incredibile coordinamento. Lo Yemen ha appena concluso un accordo strategico in Oman con la Russia e la Cina per una navigazione senza ostacoli nel Mar Rosso ed è tra i principali candidati all’espansione dei BRICS+ al vertice di Kazan del prossimo ottobre.

Gli Houthi in effetti non solo stanno sconfiggendo in modo spettacolare la talassocrazia, ma hanno dalla loro parte il partenariato strategico Russia-Cina. Assicurare a Cina e Russia che le loro navi possono navigare senza problemi attraverso Bab-al-Mandeb, il Mar Rosso e il Golfo di Aden viene scambiato con il totale sostegno politico di Pechino e Mosca.

 

Gli sponsor rimangono gli stessi

Notte fonda a Mosca, prima dell’alba di sabato 23. Praticamente nessuno dorme. Varie speculazioni danzano come dervisci su innumerevoli schermi. Naturalmente non è stato confermato ancora nulla. Solo l’FSB avrà delle risposte. È in corso una massiccia indagine.

La tempistica del massacro a Crocus è certamente intrigante. Proprio un venerdì e durante il Ramadan. I veri musulmani non penserebbero nemmeno di perpetrare un omicidio di massa di civili disarmati in un’occasione così sacra. Confrontiamolo con la carta dell’ISIS che viene freneticamente brandita dai soliti sospetti.

Facciamo un tuffo nel pop. Per citare i Talking Heads: “This ain’t no party/ this ain’t no disco/ this ain’t no fooling around.” …  Eh no, è più una PsyOp all– American. L’ISIS consiste in mercenari/scagnozzi da cartone animato. Nulla a che fare con i veri musulmani. E tutti sanno chi li finanzia e li arma.

Questo porta allo scenario più possibile, prima che intervenga l’FSB: Gli scagnozzi dell’ISIS importati dal campo di battaglia della Siria – allo stato attuale, probabilmente tagiki – addestrati dalla CIA e dall’MI6, che lavorano per conto dell’SBU ucraino. Diversi testimoni al Crocus hanno parlato di “wahhabiti” – per suggerire che gli assassini del commando non avessero l’aspetto di slavi.

È toccato al serbo Aleksandar Vucic andare al sodo. Ha collegato direttamente gli “avvertimenti” dell’inizio di marzo delle ambasciate americane e britanniche ai loro cittadini di non recarsi in luoghi pubblici a Mosca con le informazioni riservate della CIA/MI6 su un possibile terrorismo – “avvertimenti”  che non sono stati rivelati a Mosca.

La trama si infittisce quando si scopre che Crocus è di proprietà degli Agalarov: una famiglia miliardaria azero-russa, molto amica di…… Donald Trump.

Quando si parla di un obiettivo puntato dallo Stato Profondo.

O spin-off dell’ISIS o banderisti – gli sponsor restano gli stessi. Il buffonesco segretario del Consiglio nazionale di sicurezza e difesa dell’Ucraina, Oleksiy Danilov, è stato abbastanza fesso da confermare virtualmente e indirettamente che sono stati loro, dicendo alla TV ucraina: “Daremo loro [ai russi] questo tipo di spasso più spesso”.

Ma è toccato a Sergei Goncharov, un veterano dell’unità antiterrorismo d’élite Russia Alpha, avvicinarsi a svelare l’enigma: ha detto a Sputnik che la mente più probabile è Kyrylo Budanov – il capo della Direzione principale dell’intelligence del Ministero della Difesa ucraino.

Il “capo delle spie” che, guarda caso, è la principale risorsa della CIA a Kiev.

 

Deve arrivare fino all’ultimo ucraino

Le tre prove sopra citate integrano ciò che il capo del comitato militare della NATO, Rob Bauer, ha detto in precedenza a un forum sulla sicurezza a Kiev: “Non bastano le granate – servono persone che sostituiscano i morti e i feriti. E questo significa mobilitazione.”

Traduzione: La NATO specifica che questa è una guerra fino all’ultimo ucraino.

E la “leadership” di Kiev non l’ha ancora capito. L’ex ministro delle Infrastrutture Omelyan: “Se vinciamo, ci ripagheremo con petrolio, gas, diamanti e pellicce russe. Se perdiamo, non si parlerà di denaro – penserà l’Occidente a come sopravvivere.”

Parallelamente, il misero “giardino-e-giungla” Borrell ha ammesso che sarebbe “difficile” per l’UE trovare altri 50 miliardi di euro per Kiev se Washington stacca la spina. La leadership in felpa sudata alimentato da cocaina crede in realtà che Washington non stia “aiutando” sotto forma di prestiti, ma sotto forma di doni gratuiti. E lo stesso vale per l’UE.

Il Teatro dell’Assurdo è ineguagliabile. Il Cancelliere tedesco Salsiccia-di-Fegato crede davvero che i proventi dei beni russi rubati “non appartengano a nessuno”, e che quindi possano essere usati per finanziare ulteriori armamenti di Kiev.

Chiunque abbia un cervello sa che usare gli interessi dei beni russi “congelati”, in realtà rubati, per armare l’Ucraina è un vicolo cieco – a meno che non rubino tutti i beni russi, circa 200 miliardi di dollari, per lo più parcheggiati in Belgio e Svizzera: questo farebbe crollare definitivamente l’euro e l’intera economia dell’UE.

Gli eurocrati faranno meglio ad ascoltare la grande “disturbatrice” (terminologia americana) della Banca centrale russa Elvira Nabiullina: La Banca di Russia prenderà “misure appropriate” se l’UE farà qualcosa sui beni russi “congelati”/rubati.

Va da sé che le tre prove di cui sopra annullano completamente il circo de “La Cage aux Folles” promosso dallo striminzito Petit Roi, ora noto nei suoi domini francesi come Macronapoleon.

Praticamente l’intero pianeta, compreso il Nord Globale anglofono, si era già fatto beffe delle “imprese” della sua Armata alla Can Can Moulin Rouge.

Così i soldati francesi, tedeschi e polacchi, come parte della NATO, sono già nel sud di Kiev. Lo scenario più probabile è che rimangano lontani, molto lontani dai fronti – anche se rintracciabili dalle attività commerciali del signor Khinzal.

Anche prima dell’arrivo di questa nuova banda della NATO nel sud di Kiev, la Polonia – che funge da corridoio di transito principale per le truppe di Kiev – aveva confermato che le truppe occidentali sono già sul posto.

Quindi non si tratta più di mercenari. La Francia, tra l’altro, è solo al settimo posto in termini di mercenari presenti sul campo, con un distacco notevole da Polonia, Stati Uniti e Georgia, per esempio. Il Ministero della Difesa russo ha tutti i dati precisi.

In poche parole: ora la guerra si è spostata da Donetsk, Avdeevka e Belgorod a Mosca. Più avanti, potrebbe non fermarsi solo a Kiev. Potrebbe fermarsi solo a Leopoli. Il signor 87%, che gode di una massiccia quasi unanimità nazionale, ha ora il mandato per andare fino in fondo. Soprattutto dopo Crocus.

È molto probabile che le tattiche di terrore degli scagnozzi di Kiev spingano finalmente la Russia a riportare l’Ucraina ai suoi confini originari del XVII secolo, privi di sbocchi sul mare: priva del Mar Nero e con Polonia, Romania e Ungheria che reclamano i loro ex territori.

Gli ucraini rimasti cominceranno a porsi serie domande su cosa li abbia spinti a combattere – letteralmente fino alla morte – per conto dello Stato Profondo degli Stati Uniti, del complesso militare e di BlackRock.

Allo stato attuale, il tritacarne sull’Highway to Hell è destinato a raggiungere la massima velocità.

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Grecia: militanti del KKE hanno bloccato un treno che trasportava carri armati USA-NATO

Militanti del Partito Comunista di Grecia (KKE) e della Gioventù Comunista, KNE, nella città settentrionale ellenica di Alessandropoli, hanno bloccato un treno che trasportava attrezzature militari USA-NATO e carri armati.

Come riportato dal portale 902, i membri del KKE e del KNE hanno bloccato la ferrovia rimanendo fermi davanti al treno con striscioni e bandiere, costringendo così il treno a fermarsi. Inoltre, i manifestanti hanno dipinto con lo spray i veicoli blindati, scrivendo su di essi la frase “Killers Go Home”.

I manifestanti chiedono la fine immediata della trasformazione di Alessandropoli in una vasta base militare della NATO. L’azione di protesta dei comunisti ha avuto successo e lil trasporto militare è stato costretto a fare retromarcia.

Non si tratta della prima volta che i membri del KKE e del KNE ad Alessandropoli fanno questo alle forze USA-NATO. Due anni fa, nell’aprile 2022, un blocco simile era stato imposto contro un convoglio ferroviario che trasportava attrezzature militari e veicoli da combattimento in Ucraina.

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La CIA e i fascisti russi che combattono la Russia – di Scott Ritter

Nei giorni precedenti le elezioni presidenziali russe, che si sono concluse domenica scorsa, una rete di tre organizzazioni paramilitari russe che operano sotto l’egida della Direzione principale dell’intelligence del Ministero della Difesa ucraino, o GUR, ha lanciato una serie di attacchi sul territorio della Federazione Russa.

Lo scopo degli attacchi era chiaro: disturbare la tre giorni di elezioni presidenziali russe creando un’atmosfera di debolezza e impotenza intorno al Presidente Vladimir Putin, per minarne l’autorità, la legittimità e l’appeal nella cabina elettorale.

L’operazione è stata pianificata da mesi e ha coinvolto il Corpo dei Volontari Russi (RDK), la Legione della Libertà della Russia (LSR) e il Battaglione Siberia. Tutte e tre queste organizzazioni sono controllate dal GUR, il cui portavoce ha annunciato gli attacchi.

Non è stato detto fino a che punto la C.I.A. sia stata coinvolta in quella che equivale a un’invasione del territorio della Federazione Russa da parte di forze che operano sotto l’ombrello di quella che è apertamente riconosciuta come una guerra per procura tra gli Stati Uniti e i loro alleati della NATO contro la Russia.

Mentre l’Ucraina sostiene che gli attacchi dell’RDK, dell’LSR e del Battaglione Siberia sono azioni di “russi patriottici” che si oppongono a Putin, il coinvolgimento del GUR nell’organizzazione, nell’addestramento, nell’equipaggiamento e nella direzione di queste forze rende il loro attacco al territorio russo un’estensione diretta della guerra per procura tra la Russia e l’Occidente.

Dato l’ampio coinvolgimento della C.I.A. nel lavoro del GUR, è altamente improbabile che un’azione di tale portata e scala possa essere stata eseguita senza la conoscenza della C.I.A. negli attacchi, compresi i suoi scopi e obiettivi.

In effetti, la presenza di attrezzature militari statunitensi di alto livello, tra cui i veicoli da combattimento di fanteria (IFV) M-2 Bradley, nell’ordine di battaglia dell’attacco da parte delle forze insurrezionali russe indica un ruolo diretto degli Stati Uniti, così come la natura politica della missione di disturbo delle elezioni, che è stata un obiettivo a lungo termine della C.I.A. in Russia per decenni.

 

Una relazione iniziata nel 2014

Il rapporto della C.I.A. con il GUR è consolidato e risale al 2014, secondo il Washington Post, quando la C.I.A. ha collaborato con il GUR per stabilire una rete di basi lungo il confine russo-ucraino da cui condurre operazioni di intelligence contro la Russia, comprese missioni che prevedevano operazioni sul suolo russo.

La C.I.A. ha intercettato le comunicazioni russe, ha catturato droni russi per un successivo sfruttamento tecnico e ha supervisionato il reclutamento e l’operatività di gruppi di spionaggio che operavano sul territorio russo.

Nel periodo che ha preceduto l’inizio dell’Operazione Militare Speciale (OMS) della Russia contro l’Ucraina, il 24 febbraio 2022, la C.I.A. ha ampliato il suo rapporto con il GUR includendo l’addestramento specializzato fornito dai membri della Divisione di Terra del Gruppo Attività Speciali della C.I.A., responsabile delle operazioni paramilitari segrete.

L’addestramento era incentrato sulle abilità di guerriglia e non convenzionali che avrebbero facilitato la creazione e il sostegno di insurrezioni antirusse portate avanti da squadre “stay behind” che operavano in qualsiasi territorio ucraino occupato dalle forze russe.

Dopo l’inizio della SMO, i russi etnici che avevano prestato servizio dal 2014 nelle file dell’organizzazione paramilitare neonazista e nazionalista ucraina nota come Reggimento Azov si sono organizzati in un’organizzazione separata nota come Corpo dei Volontari Russi, o RDK.

L’RDK ha preso a modello l’Esercito di Liberazione Russo, un’entità organizzata, addestrata ed equipaggiata dalla Germania nazista durante la Seconda Guerra Mondiale e composta da prigionieri di guerra russi. Oggi i russi si riferiscono spesso ai membri dell’RDK come “vlassovisti”, dal nome del generale russo Andrei Vlasov, che fu catturato dai tedeschi e poi disertò per la loro causa.

Vlasov reclutò i prigionieri di guerra russi in quello che era noto come Esercito di Liberazione Russo, che alla fine era composto da due divisioni con circa 30.000 uomini. La maggior parte dell'”esercito” di Vlasov fu uccisa in combattimento o fatta prigioniera dall’Unione Sovietica, dove fu trattata come traditrice e punita di conseguenza (gli arruolati furono condannati a lunghi periodi nei Gulag e i capi impiccati). L’RDK fu in grado di attirare nei suoi ranghi diverse centinaia di ex combattenti di Azov e nuove reclute…

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redaz
una teoria che mi pare interessante, quella della confederazione delle anime. Mi racconti questa teoria, disse Pereira. Ebbene, disse il dottor Cardoso, credere di essere 'uno' che fa parte a sé, staccato dalla incommensurabile pluralità dei propri io, rappresenta un'illusione, peraltro ingenua, di un'unica anima di tradizione cristiana, il dottor Ribot e il dottor Janet vedono la personalità come una confederazione di varie anime, perché noi abbiamo varie anime dentro di noi, nevvero, una confederazione che si pone sotto il controllo di un io egemone.

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