La sigaretta
una poesia di Giulio Stocchi (*)
Sei musulmano?
e senza attendere la risposta
dell’albanese
che lavora a giornata
nei boschi sui monti
continua:
Non importa
per me può essere una matita
per te un portacenere
per lui un accendino
Non importa
il nome di Dio
Certo qualcosa c’è…
Ma la religione
per me vuol dire
non farti del male
anche perché il male
ti si è già attaccato addosso
che ci tocca lavorare
Poi tace
cava un pacchetto gualcito
e gli offre una sigaretta
(*) Vale aggiungere quanto Giulio Stocchi ha spiegato, inviando i versi: «Si tratta di una poesia che non ho scritto io, ma piuttosto trascritto, in quanto ho descritto la scena cui ho assistito e riportato testualmente le parole che ho udito durante una mia vacanza a Rezzoaglio, nell’entroterra ligure. Ne è risultato un messaggio di pace, poetico nel suo eloquio e al tempo stesso molto profondo nella sua sostanza, colto come un dono nei gesti e sulle labbra del mio interlocutore, e che è stato per me di grande conforto in questo periodo di violenze che ben conosciamo e al quale molti di noi sono tentati di rispondere con un riflesso di diffidenza, di chiusura, di intolleranza, comprensibile forse, ma foriero di nuove sciagure». La poesia è stata pubblicata in un libretto intitolato «Quadri di un’esposizione» (Farepoesia editore) nella tiratura di 100 copie.
leggo Giulio stocchi come fratello
Quante notti ha passato sul mio comodino quello splendido libro, quanti giorni a rileggerlo infilandolo in un altro libro altrimenti mio padre avrebbe iniziato la sua tiritera “stai diventando un brigatista”, quanto amore per la mia amica Francesca che me lo ha consigliato…e quanta coerenza ancora oggi…
Con tanta gratitudine, a voi, Pabuda e Raffaele, che sapete ascoltare. giulio
Scrivere una poesia
è come costruire un orologio
di quelli di una volta
con alietta
ancora
ambone
ruote
scappamento
nottolino
Tutto deve
combaciare
accordarsi
ruotare
altrimenti non funziona
e il tempo scappa via
Questa armonia
è l’arte del poeta
che da sempre
disperatamente
l’insegna
al mondo
che non lo vuole ascoltare