Lavoratori, carabinieri, giovani in auto: chi li uccide? Chi è complice?
un comunicato di Carlo Soricelli, gli articoli di Vito Totire e di Umberto Franchi
32 morti per infortuni sul lavoro dal giorno dell’uccisione dei carabinieri — ed è ripresa la strage di giovani sulle strade nel fine settimana
Comunicato di Carlo Soricelli, curatore dell’Osservatorio Nazionale di Bologna «Morti sul Lavoro» – http://cadutisullavoro.blogspot.it
Dal tragico 14 ottobre, in cui hanno perso la vita tre carabinieri uccisi dalla follia, sono morti altri 32 lavoratori: 29 sui luoghi di lavoro e 3 in itinere, tutti registrati dall’Osservatorio “Morti sul Lavoro”.
Tra loro anche Manuel Fieramosca, di soli 21 anni, morto in itinere.
Ma l’angoscia cresce di fronte a un’altra tragedia che sta colpendo il nostro Paese: tantissimi giovani muoiono negli incidenti nel fine settimana.
Già nel 1993 realizzai un’opera, oggi conservata al Museo Zavattini, intitolata «Al sabato sera andiamo a ballare», dedicata ai giovani che perdevano la vita sulle strade del sabato sera.
Dopo alcuni anni di relativa calma, queste tragedie sono riprese in modo drammatico.
Perché?
Perché non ci sono più controlli, si risparmia sulla sicurezza, e così si continua a morire — nei luoghi di lavoro come sulle strade.
I controlli sulla sicurezza sono crollati, e le morti sul lavoro aumentano di anno in anno.
Ora, a queste, si aggiungono le stragi del venerdì e del sabato sera, che stanno portando via una parte intera della nostra gioventù.
Nelle foto: la mia opera del 1993 «Al sabato sera andiamo a ballare» e i tre giovani che hanno perso la vita domenica mattina.
La strage di Castel d’Azzano e le lacrime del giorno dopo: perchè il ministro Piantedosi non si è ancora dimesso ?
di Vito Totire (*)
La questione è complessa: ripensando alla morte dei tre carabinieri, cosa si poteva fare il “giorno prima” ? cosa si doveva fare al momento della esposizione a rischio ? Qualche astuto giornalista ha passato ai raggi x certe dichiarazioni di esponenti politici della “sinistra” traendo le solite conclusioni. Alla «truce sinistra» della morte di tre carabinieri e del ferimento di altri non importa nulla; si tratta di persone che pontificano sulla base di sterotipi duri a morire.
Andiamo per gradi: in effetti molti non hanno mai avuto particolare feeling con i carabinieri o i poliziotti. Questo a seguito di eventi materiali e storici che tutti conoscono (la nostra associazione è intitolata a Francesco Lorusso) ma ora non approfondiamo e veniamo al punto cioè Castel d’Azzano il giorno prima e il giorno dell’evento. Alcune notizie e alcuni fatti facevano sperare che lo Stato avrebbe potuto mettere in campo qualche buona intenzione – il giorno prima – su una quesione drammatica: quella delle persone in condizioni di povertà, di collasso economico, di sfratti. Questi accenni alla intenzione dello Stato di prestare maggiore attenzione a persone che per la loro condizione socioeconomica erano disperati e anche a rischio di suicidio è sembrato potersi concretizzare in “annullamenti del debito” , deroga degli sfratti ecc. Evidentemente questi interventi – diciamo per mitigare certe condizioni di disperazione – sono rimasti sostanzialmente nell’ambito delle buone intenzioni; qualche giorno prma della strage di Castel d’Azzano una persona anziana risulta essersi suicidata a Sesto s.Giovanni (ex roccaforte operaia).
La persona anziana di cui parliamo – dicono le nude cronache – aveva forse un problema di «ludopatia» ; una persona malata dunque… entrata nel girone infernale di un meccanismo patogeno e criminogeno. Fenomeno sul quale esistono inquietanti analisi e indagini depositate in Parlamento. In sintesi: il “giro” sarebbe organizzato e dunque nella mani della criminalità organizzata e – sempre secondo le analisi di una commissione di studio avviata dal Parlamento – la situazione non è stata efficacemente contrastata dello Stato.
Un suicidio, diciamo per sfratto, si è verificato qualche settimana fa anche a Napoli: una persona molto più giovane del povero ultrasettantenne di Sesto s.Giovanni.
Purtroppo questi eventi sono solo la punta dell’iceberg; nel comune di Monzuno (Bologna) le forze dell’ordine hanno usato la pistola taser contro un uomo (immigrato) che, secondo le abituali nude cronache, azionava una fiamma ossidrica (?). Episodio per noi nebuloso ma abbiamo chiesto a un barbiere locale se sapesse qualcosa e ci ha detto: «persona integrata, lavoratore, ad un certo punto ha subìto uno sfratto»…I suicidi post-sfratto e per l’esattezza concausati da sfratti sono eventi luttuosi noti da secoli.
Per lo sfratto degli anziani fratelli di Castel d’Azzano “qualcuno” non ha compreso in anticipo la gravità sul piano emotivo e psicologico che questo trauma avrebbe causato; QUELLO “SFRATTO” DOVEVA ESSERE EVITATO, COME SI DEVE RAGIONEVOLMENTE ANNULLARE UN ENORME DEBITO CONTRATTO DA UNA PERSONA CHE NON E’ NELLE CONDIZIONI MATERIALI DI PAGARE.
Potremmo continuare ma lo faremo in una prossima occasione. Oggi il problema che vogliamo affrontare è: PER QUALE MOTIVO IL MINISTRO PIANTEDOSI DEVE DIMETTERSI.
IL RISCHIO NELLA VICENDA DEL CASOLARE DI CASTEL D’AZZANO ERA PREANNUNCIATO IN MANIERA PUBBLICA E PLATEALE
LE ISTITUZIONI STATALI VOGLIONO CAVARSELA CON LE LORO RITUALI DICHIARAZIONI DI OMAGGIO AI “SERVITORI DELLO STATO “?
Vediamo la questione dal punto di vista “semplice” di un operatore della prevenzione nei luoghi di lavoro; peraltro il nostro inossidabile Carlo Soricelli (cuore pulsante della cultura politica operaista) ha annoverato i morti di Castel d’Azzano fra ai morti sul lavoro: e ha visto giusto.
Il rischio per i carabinieri era imprevedibile? Assolutamente no; facciamo un esempio/paragone;i carabinieri trucidati al Pilastro (dalla cosiddetta Banda della Uno Bianca) sono stati vittima di un rischio “imprevedibile” per gli sterotipi mentali di uno Stato che ha creduto congruo sospettare di soggetti rivelatisi poi innocenti.
Ma Castel d’Azzano non ha nulla a che fare con il Pilstro e con la UNO BIANCA.
LA STAMPA RIFERISCE CHE GLI OCCUPANTI DEL CASOLARE AVEVANO GIA’ NON SOLO VENTILATO MA MESSO IN ATTO LA MINACCIA DEL GAS
ADDIRITTURA UN ANNO PRIMA !
I CARABINIERI GIUNTI SUL POSTO AVREBBERO PERCEPITO PUZZA DI GAS
SI SONO AVVENTURATI COMUNQUE NEL SITO AD ALTO RISCHIO
VIENE IN MENTE LA STRAGE DELLA MECNAVI DI RAVENNA IL 13 MARZO 1987. UFFICIALMENTE «GAS FREE» (SECONDO IL TECNICO DI FIDUCIA DEL PADRONE) MA LA STIVA SALTA IN ARIA ALLA ACCENSIONE DELLA PRIMA FIAMMA OSSIDRICA!
In Italia, non per magnanima concessione, ma grazie alle lotte del movimento del lavorarori si è giunti ad affermare il principio della valutazione del rischio (come le nmerose stragi operaie mostrano viene fatta molto male se delegata acriticamente al padrone). In teoria il cosiddetto “ultimo artigiano con anche un solo dipendente” deve fare questa valutazione.
ORA , CHIEDIAMO AL MINISTRO PIANTEDOSI (MA ANCHE A CROSETTO): SU QUALE DVR (DOCUMENTO DI VALUTAZIONE DEL RISCHIO) HANNO POTUTO CONTARE I CARABINIERI AL CUI FUNERALE SONO ACCORSI I MASSIMI RAPPRESENTATI DELLO STATO ?
Eppure i carabinieri non sono certo a zero in quanto a capacità tecniche: pensiamo ai RIS , NOE, NAS ecc
CHI E’ IL RESPONSABILE DEL SERVIZIO DI PREVENZIONE E PROTEZIONE ?
CHI SONO I RESPONSABILI DELLA SICUREZZA NEI CARABINERI? SONO STATI MESSI IN CONDIZIONE DI OPERARE ?
Troppo facile presentarsi ai funerali e “stingersi” ai parenti delle vittime.
Se chiediamo di sapere chi sono i soggetti che avrebbero dovuto monitorare, valutare e prevenire l’esposisione al rischio (si va al casolare senza un sensore per il gas la cui presenza era annunciata?…. sensori alla portata in un qalunque ambito domestico)
Se chiediamo questo abbiamo certezza di u’altra evidenza: LA PRIMA FIGURA DI GARANZIA DA INDAGARE DA PARTE DELLA MAGISTRATURA E’ IL DATORE DI LAVORO CIOE’ QUELLO STATO CHE “HA VERSATO LACRIME IL GIORNO DOPO” E CHE IL GIORNO PRIMA NON SI E’ COMPORTATO COME DEVE COMPORTARSI OGNI DATORE DI LAVORO IN ITALIA AI SENSI DEL DECRETO 81/2008 … MA SI E’ INVECE COMPORTATO DA «PADRE PADRONE».
DUNQUE PER LA MORTE DEI CARABINIERI VA PROCESSATO LO STATO PER OMISSIONE DI MISURE DI PREVENZIONE.
Per noi la morte dei carabinieri a Castel d’Azzano è un grave lutto (a onta degli sterotipi qualunquisti che vorrebbero una sinistra “cinica” ). Esprimiamo la nostra piena solidarietà ai familiari delle vittime; le nostre lacrime non sono “migliori” delle altre però sono “lacrime del giorno prima”.
Il ministro Piantedosi deve dimettersi
PERCHE’ EVENTI LUTTUOSI DI QUESTO GENERE NON ABBIANO PIU’ A RIPETERSI.
(*) Vito Totire è portavoce del centro Francesco Lorusso” di Bologna .
Come impedire gli omicidi sul lavoro
di Umberto Franchi (**)
In Italia la certificazione dei dati INAIL per i primi 8 mesi dell’anno 2025 – da gennaio compreso agosto (dove la maggioranza delle aziende sono chiuse per ferie) – sentenzia 681 morti sul lavoro: statisticamente 2,84 morti al giorno. Nello stesso periodo gli infortuni sul lavoro sono stati 384.007.
Ma l’Inail non conteggia i lavoratori agricoli (91 morti nei primi 8 mesi) che non sono coperti dall’INAIL), non conteggia chi lavora “in nero” e nemmeno i finti autonomi (a partita Iva). Così si contano circa 900 morti che fanno una media di 3,75 morti sul lavoro ogni giorno. Se poi consideriamo i morti anche in itinere, la cifra arriva a 1.200 morti, circa 150 morti al mese .
Ora per capire cosa dobbiamo fare – sia a livello legislativo che all’interno dei luoghi di lavoro – per ridurre drasticamente le morti e gli infortuni sul lavoro, è necessario verificare che cosa fanno i soggetti interessati che sono : il governo, le aziende, le organizzazioni sindacali.
COSA FA IL GOVERNO?
Per far diminuire i 100/150 morti al mese che si registrano nelle aziende italiane cosa fa il governo Meloni? La prevenzione e sicurezza sono una priorità del governo o solo aria fritta?
Queste le misure adottate in tre anni di governo:
– il governo Meloni nel 2024 ha provveduto ad effettuare l’assunzione di 1.600 ispettori del lavoro; oggi in Italia ci sono 4.585 ispettori che fanno controlli nelle aziende così suddivisi : 3.160 dell’Ispettorato Nazionale del Lavoro, 182 dell’INAIL, 761 dell’INPS, 482 dell’Arma dei Carabinieri.
Bisogna però considerare che le aziende da controllare sono 5,1 milioni.
Allo stato attuale ogni Ispettore (dei 4.585 sopra menzionati) controlla 35 aziende ogni anno, mentre per coprire tutti i 5,1 milioni di aziende ne dovrebbe controllare non 35 ma 1.112 l’anno. Questo significa che una azienda “rischia” di essere controllata una volta sola nell’arco di 32 anni.
Quindi le 1.600 assunzioni non servono assolutamente a risolvere il problema dei controlli necessari per ridurre gli infortuni ed i morti sul lavoro. Credo anche (lo vedremo in seguito) che sarebbe del tutto sbagliato delegare la questione della prevenzione e sicurezza nei luoghi di lavoro ai soli controlli ispettivi.
L’altra misura del governo delle destre riguarda «la patente a punti per le imprese» che operano nei cantieri edili. Si tratta di un sistema che assegna un punteggio se l’azienda rispetta le norme per la sicurezza, con «crediti» che possono essere aumentati o decurtati a chi non rispetta le norme previste dalla legge detta “Testo Unico sulla Scurezza” e le norme assicurative previste dall’Inps. Ma si tratta di un provvedimento del tutto aleatorio , visto che un’azienda nel settore edilizio rischia di essere controllata solamente una volta nell’arco di 12 anni.
Infine in merito alla formazione e informazione, il governo ha dichiarato che prossimamente verrà discusso nel Consiglio dei Ministri la possibilità di fare informazione ai ragazzi delle scuole, mentre continua ad esistere una normativa di legge che obbliga gli studenti alla «scuola lavoro» con ben 14 casi di ragazzi studenti morti nelle aziende dove lavoravano gratuitamente.
Quindi i provvedimenti del Governo non servono a niente: sono “aria fritta”.
Ecco invece quali provvedimenti dovrebbe prendere il governo, tra l’altro a costo zero:
- Visto che la maggioranza dei lavoratori morti erano dipendenti di aziende in appalto, subappalto, partite Iva e precari , il governo potrebbe abolire o ridurre le casistiche di assunzioni previste dalla legge 30 fatta nel 2003 da governo Berlusconi con il ministro del Lavoro Roberto Maroni. Essa prevede ben 45 forme di lavoro precario, frantumato, flessibile… Così oggi c’è l’impossibilità di chi lavora in modo precario a rifiutare lavori a rischio ;
- Potrebbe abolire «Jobs Act» (Renzi 2015): con l’abolizione dell’articolo 18 dello Statuto dei lavoratori, oggi il padrone può dire: “lavora come ti comando anche senza dispositivi di sicurezza oppure ti licenzio”;
- Sempre a livello legislativo, il governo dovrebbe introdurre nel Testo Unico sulla Sicurezza il reato di omicidio sul lavoro e invece molti articoli sono stati depenalizzati a partire dall’ultimo governo di Berlusconi: così le aziende non in regola se la cavano con una multa;
- il governo potrebbe abolire la Legge Salvini sulla prevede gli appalti a cascata con sub appalti a massimo ribasso, riducendo i costi della prevenzione e sicurezza sul lavoro;
- per ultimo il governo potrebbe abolire o rivedere la legge 189 chiamata «Bossi/Fini» che considera clandestini e senza diritti chi cerca lavoro ma non proviene da Paesi in guerra. Molti migranti vengono in teoria espulsi ma restano in Italia, perché non ci sono accordi con i Paesi di provenienza: restano in Italia e lavorano a nero senza nessun diritto, a rischio maggiore di incidenti (e oltretutto in gran parte non vengono mai denunciati).
COSA FANNO LE IMPRESE ?
Le responsabilità delle imprese : il cosa fanno e il cosa dovrebbero fare.
Occorre rilevare che la mattanza dei morti sul lavoro, ha cause profondamente legate all’organizzazione del lavoro ed alle responsabilità degli imprenditori.
Negli ultimi 30 anni, abbiamo assistito alla più radicale trasformazione del mondo di produzione che il capitalismo abbia subìto nel corso della sua storia. E’ cambiata la tecnologia, con l’avvento delle reti dei computer che hanno rivoluzionato i contenuti del lavoro sempre più immateriali e terziarizzati, con una organizzazione distribuita in modo sempre più orizzontale e capace di penetrare in ogni poro della vita sociale.
In questo contesto di cambiamenti organizzativi, la scienza ci dice che ci sono accorgimenti tecnici con i quali è possibile abolire ogni forma di incidente sul lavoro, persino quelli che un addetto alla catena di montaggio o altri dovessero provocare con dolo (cosa mai avvenuta). Naturalmente si tratta di effettuare gli investimenti necessari, che invece non vengono fatti.
Quello che non è minimamente cambiato rispetto al passato è la ricerca continua del risparmio, al fine di fare più profitti, da parte della maggioranza delle aziende.
I datori di lavoro, con una logica profondamente falsa, cercano di risparmiare sui costi compresi quelli per la prevenzione e la sicurezza; per essere più competitive le aziende dovrebbero fare l’esatto contrario e investire in primo luogo nell’innovazione di processo e di prodotto.
In realtà sono una minoranza le fabbriche dove si fa prevenzione adeguata, mentre vi sono anche molte aziende che non solo non fanno investimenti necessari ma per aumentare i ritmi di lavoro, la produzione ed i profitti, tolgono anche le sicurezze esistenti… Come dimenticare il caso di Luana d’Orazio stritolata – fu risucchiata dall’orditoio dove lavorava – perché la titolare della azienda di Prato dove lavorava, per mandare la macchina più veloce e produrre di più, aveva tolto i dispositivi di sicurezza?
Occorre anche rilevare che l’organizzazione del lavoro odierna vede la ricerca del maggiore profitto attraverso l’incremento dei carichi e dei ritmi di lavoro riducendo il personale all’osso; con l’incremento dello straordinario (che a causa dei bassi salari i lavoratori sono obbligati a fare); con una mancanza di formazione, informazione e addestramento adeguato; e con una mano d’opera sempre più precaria e non preparata professionalmente.
Quindi cosa dovrebbero fare i datori di lavoro ?
Dovrebbero capire che tutta l’organizzazione del lavoro deve essere profondamente mutata, anche a costo di ridurre i loro elevati profitti.
I datori di lavoro dovrebbero fare il proprio mestiere: fare impresa è rischiare i propri capitali investendo nell’innovazione di processo e di prodotto, nella prevenzione e sicurezza sugli impianti, nel non cercare il massimo sfruttamento della manodopera, e non spostare i propri capitali verso la speculazione finanziaria come invece stanno facendo.
COSA DEVE FARE IL SINDACATO ?
E’ anche il sindacato che deve cambiare la propria strategia di intervento nei luoghi di lavoro.
Se è vero come è vero che “gli incidenti sul lavoro” non sono causati dal destino cinico e baro, credo sia necessaria una forte ripresa della contrattazione e della lotta di classe nelle fabbriche per modificare tutta l’organizzazione del lavoro, e costringere le aziende a investire alla “fonte” su impianti ed ambiente. Se così non si fa gli «omicidi bianchi» sono destinati adumentare.
Per fare quanto sopra bisogna anche cambiare un articolo fondamentale del Testo Unico Sulla Sicurezza” a partire da questa considerazione: la legge 626 del 1994 – recepita e riformata con il Testo Unico sulla Sicurezza n. 81 del 2008 – pur essendo una buona legge, abbiamo visto (a 30 anni di distanza) che una grave lacuna impedisce una vera contrattazione sulle tematiche riguardanti la cause degli incidenti sul lavoro e quindi va modificata nel suo impianto centrale.
A mio parere va cambiato l’articolo 35 del Testo Unico sulla Sicurezza, riguardante la disciplina in merito alla riunione periodica sul documento riguardante la valutazione dei rischi che è obbligatorio.
La valutazione dei rischi viene fatta su un documento sui rischi esistenti predisposto dall’azienda, in una riunione svolta tra il datore di lavoro, il medico competente, il servizio di prevenzione e protezione dell’azienda (RSPP), il Rappresentante dei lavoratori alla sicurezza (RLS). Durante la riunione che viene svolta almeno una volta l’anno, in teoria si analizza il documento sui rischi esistenti, l’andamento degli infortuni e malattie professionali,
Dunque gli interventi di prevenzione svolti o programmati, la formazione fatta o da fare, ed eventualmente – se i soggetti interessati valutano inadeguato ciò che è stato fatto in azienda – intraprendere azioni ulteriori in salute e sicurezza.
In realtà quello che avviene nelle riunione sopra menzionate vede tre soggetti di parte datoriale e uno in rappresentanza dei lavoratori, che viene ingabbiato nella logica del “tutto va bene”, di norma viene convinto che è stato fatto tutto il possibile e anche se esprime una sua contrarietà è molto debole perché in precedenza non c’è stato alcun coinvolgimento dei lavoratori, non ha nessun mandato a contrattare e può solo riferire successivamente alla RSU e all’assemblea dei lavoratori (cosa che peraltro avviene molto raramente).
Quindi il sindacato – a partire dalla CGIL – deve cambiare la sua strategia e chiedere una modifica dell’art. 35 inserendo l’obbligo dell’indagine tecnica e medica da svolgere, solo dopo l’individuazione dei rischi esistenti con i “gruppi omogenei” dei lavoratori e prima del confronto annuale sulla valutazione dei rischi.
E’ innanzitutto necessario ricostruire il protagonismo dei lavoratori nelle aziende, a partire dalla individuazione dei rischi esistenti nei luoghi di lavoro, senza aspettare le riunioni periodiche per farceli elencare dal datore di lavoro, RSPP, Medico competente in sicurezza, che – come abbiamo detto – sono di parte. E senza nemmeno aspettare che sia il controllo dell’Ispettorato del lavoro a risolvere i problemi esistenti in azienda.
Occorre che il sindacato torni (come negli anni 70) a valorizzare la soggettività di chi lavora attraverso i “gruppi omogenei” , in apposite assemblee di lavoratori, con le RLS, le RSU, i tecnici delle ASL preposti a fare le indagini sui rischi esistenti, il medico competente.
È nell’assemblea che, anche tramite appositi questionari, è possibile individuare i rischi esistenti sugli impianti, polveri, rumore, microclima ecc… ma anche quelli causati dai carichi e ritmi di lavoro, dallo stress, dalla monotonia, dai turni di lavoro, dagli orari gravosi, dagli organici insufficienti, ecc…
E’ insieme a tutti i lavoratori, che – una volta individuati i rischi esistenti sull’organizzazione complessiva del lavoro – viene dato mandato ai tecnici di fare l’indagine sui rischi esistenti in ogni reparto e al medico competente di effettuare visite mirate in relazione ai rischi esistenti.
Solo successivamente la RLS (ma anche la RSU, i lavoratori e tutto il sindacato di categoria) è in grado di aprire un confronto vertenziale con la Direzione aziendale , con il mandato dei lavoratori per abolire i rischi individuati: non solo quelli sulla sicurezza degli impianti, microclima, fattori nocivi… ma anche quelli che riguardano tutta l’organizzazione del lavoro cioè quantità e qualità degli organici in ogni reparto, prodotti lavorati, orari necessari, carichi di lavoro, turni di lavoro, qualità della formazione-informazione -addestramento. Insomma poter stabilire il come ed il per cosa si lavora.
Così è possibile ricreare un nuovo protagonismo dei lavoratori, recuperare la cultura di rifiuto di ogni lavoro a rischio e acquisire un reale potere di contrattazione. Potere di contrattazione che va perseguito e sostenuto dalle azioni di lotta necessarie, su tutta l’organizzazione del lavoro, compreso gli orari e gli organici necessari, andando a stabilire gli investimenti da fare alla fonte, il come si lavora, con quanti organici si lavora, per cosa si lavora, quali investimenti l’azienda deve fare destinati alla prevenzione dai rischi esistenti. Tutto con il sostegno di tecnici e medici esperti.
Credo che solo agendo in questo modo sia possibile ridurre drasticamente sia gli infortuni che le morti sul lavoro.
(**) Umberto Franchi ex responsabile della FIOM e CGIL Toscana per la prevenzione e sicurezza nei luoghi di lavoro.