Metalmeccanici: ennesimo contratto a perdere

di Fiorenzo Campagnolo (Associazione difesa lavoratori) e Federico Giusti (Cub Pisa)

Vanificata la spinta degli operai metalmeccanici per un contratto nazionale dignitoso con recupero del potere di acquisto e di contrattazione

Premessa

Potevamo anche astenerci dall’appoggiare le rivendicazioni di Fim, Fiom e Uilm sapendo, senza pregiudizi di sorta, che l’epilogo sarebbe stato lo stesso del rinnovo contrattuale del 2021, quando gli industriali pretendevano la restituzione degli aumenti ottenuti pur in una situazione nazionale di deflazione (diminuzione dei prezzi). Come allora, oggi la firma del rinnovo contrattuale appare errata, non si recuperano potere di acquisto e di contrattazione, non si erige un argine alla possibile conversione delle imprese meccaniche da civili a militari, non si pone fine al sistema delle deroghe al contratto nazionale con ammiccamenti e rinvii al secondo livello di contrattazione. In sostanza quel modello contrattuale tanto caro alla Cisl continua a farla da padrone nei rinnovi contrattuali, al resto pensa il Governo con la detassazione dei premi di risultato e il potenziamento del welfare aziendale a mero discapito di quello universale. E intanto i meccanici possono avere una amara consolazione ossia un contratto migliore di quelli della Pubblica amministrazione ove gli aumenti sono stati del 6 per cento a fronte di un costo della vita quasi al 18%.

Il contratto nazionale

La clausola di salvaguardia dell’indicatore IPCA NEI è stata introdotta come contentino per giustificare la firma, con un calcolo, per altro approssimativo, di inflazione ipotetica che non superava nei 3 anni di applicazione del CCNL, l’1,2%,

Ma nessuno dei firmatari si sarebbe immaginato che la guerra avrebbe spinto l’inflazione reale ben oltre (c’è chi parla del 12 e chi del 18%), la crescita della inflazione determina il rincaro del costo della vita e non esiste da tempo un meccanismo che permetta ai salari di riposizionarsi conseguentemente

Perdendo sempre potere di acquisto ad ogni rinnovo contrattuale, nell’arco di una quindicina di anni ci ritroveremo con salari assai distanti dal reale costo della vita, questo ormai accade in tutti i settori e i meccanici non sono certo una eccezione.

Ebbene per il biennio 2022\ 23 viene applicata la clausola di salvaguardia (che scatta quando l’inflazione reale dell’anno precedente, misurata dall’Istat con l’indice Ipca ai primi di giugno di ogni anno, risulti superiore a quanto previsto in sede di rinnovo contrattuale) senza la quale la perdita del potere di acquisto sarebbe stata assai maggiore.

Ma anche adeguando i salari con la clausola i risultati restano deludenti e la perdita del potere di acquisto evidente, andiamo infatti a recuperare la metà di quanto perduto, il 6% all’ anno. Peccato che il rincaro dei beni energetici importati (praticamente quasi tutti) non rientra nel calcolo dell’IPCA NEI, dato che l’indicazione NEI significa proprio al Netto dei prodotti Energetici Importati. E quindi il recupero promesso dalla piattaforma contrattuale si è perso per strada e nonostante tutte le promesse fatte nelle assemblee contrattuali, nonostante gli scioperi, alla fine hanno sottoscritto un contratto nazionale economicamente svantaggioso.

Questa in sostanza la sintesi di quanto accaduto, intanto i salari italiani continuano ad essere ultimi in classifica tra le retribuzioni europee; i giornali riempiono le pagine con titoloni sulle basse retribuzioni e sulle richieste sindacali ma ogni intervento governativo e datoriale non ha restituito il potere di acquisto perduto.

intanto l’ISTAT comunica che stanno crollando gli acquisti dei beni di prima necessita, pane, latte ecc, queste notizie non possono essere ignorate da FIOM FIM e UILM che sottoscrivendo accordi contrattuali senza recupero del costo della vita si rendono oggettivamente corresponsabili della situazione di grave disagio in cui si trovano le famiglie italiane, incluse quelle dei distretti industriali un tempo vanto del paese. Avere un contratto a tempo indeterminato e full time non è garanzia sufficiente a sottrarsi alla povertà relativa che attanaglia intere aree del paese e colpisce operai, impiegati e soprattutto la forza lavoro delle cooperative nell’indotto.

E intanto, in molte aziende, non si fanno neppure le trattative di secondo livello per non ostacolare il padrone, per assecondare l’aumento della produttività in cambio di benefit.

Eppure per mesi i sindacati firmatari si erano presentati nelle assemblee dei lavoratori metalmeccanici con una proposta che faceva pensare a una inversione di rotta, una richiesta da sostenere con aumenti fissi e consistenti, fuori dagli accordi al ribasso firmati con gli industriali negli anni scorsi, con la riduzione dell’ orario settimanale, la richiesta di premio (elemento perequativo) per le aziende che non hanno accordi di secondo livello, la cancellazione dell’ assorbimento degli aumenti aziendali, fino a tutti gli altri capitoli di contenuto normativo che riguardano gli appalti, la precarietà, i permessi, la malattia, la discriminazione di genere, la tutela delle donne vittime di violenza ecc..

Alla fine la stragrande maggioranza delle rivendicazioni si è persa per strada deludendo tutti gli operai che erano scesi in sciopero, avevano organizzato cortei, presidi e blocchi rivendicando aumenti salariali dignitosi. E con questo contratto si vanifica non solo la mobilitazione avvenuta ma si va mortificando la stessa conflittualità operaia.

Probabilmente nessuno ci credeva, probabilmente avevano già pronta la motivazione da addurre per giustificare la firma.

In questo caso la partecipazione agli scioperi era stata massiccia, il mandato di operai ed impiegati non ammetteva cedimenti di sorta.

Dobbiamo partire dalla piattaforma fim fiom e uilm approvata dai lavoratori nel 2024, ove si chiedevano tutta una serie di miglioramenti economici e normativi che potevano rimettere il CCNL sul giusto binario. Parliamo di aspetti salariali ma anche di istituti normativi importanti, della sicurezza sul lavoro, dalla parità di genere fino alle misure contro le molestie alle donne, per arrivare ai punti cardini e trainanti della piattaforma: la parte economica, con 280 euro di aumento, riduzione di orario settimanale a 35 ore per poi passare alla voce del premio per le aziende che non hanno una trattativa interna, con una richiesta di aumento di 215 euro all’anno, dagli attuali 485 euro alla richiesta di 700 euro/anno, voce ormai ferma da alcuni rinnovi.

Senza trascurare la richiesta di aumento di 36 ore/anno di permesso per gli RLS, arrivando a chiedere di escludere l’assorbibilità degli aumenti. In pratica nella piattaforma si affermava il principio di impedire alle aziende di scalare i superminimi senza aumentare lo stipendio a fronte dei rinnovi del Ccnl. Dal 2016 ad oggi, in come del riassorbimento dei superminimi le condizioni di miglior favore sono state letteralmente cancellate.

Tra le assemblee convocate sulla piattaforma e la firma del contratto una trattativa conclusasi con risultati indecorosi, o se preferiamo usare altri termini, inaccettabili per chi rivendicava dignità salariale

E strada facendo tutte le parti più importanti delle rivendicazioni votate in assemblea si sono perse per strada, dalla riduzione oraria all’elemento perequativo, per passare dall’aumento delle ore di permesso per gli RLS. Qualche giorno prima della firma una indiscrezione di una testata giornalistica aveva ipotizzato che a fronte del già avvenuto pagamento dell’indice IPCA NEI del 2025, si sarebbe abbassata di conseguenza la richiesta economica delle Oragnizzazioni sindacali di categoria

vedi: https://tuttolavoro24.it/2025/11/10/contratto-metalmeccanici-i-sindacati-chiedono-235e-anziche-280e-errore-o-cambio-di-linea/

ipotesi tuttavia prontamente smentita dai segretari nazionali, che hanno ribadito la richiesta di aumenti pari a 280 euro (nonostante i 27 euro gia riconosciuti).

Oltre un milione e mezzo di lavoratori e lavoratrici potranno dirsi soddisfatti per la firma del contratto meccanici?

La piattaforma sindacale iniziale richiedeva 280 euro lordi in 3 ANNI, la distribuzione in 3 ratei è distribuita in un arco di tempo, maggiore di quasi 4 anni (aggiungendo gli importi minimi di giugno 2025, di 28 euro)

E quindi?

Meno soldi, tempi piu’ lunghi nel corso dei quali l’aumento del costo della vita sarà accresciuto senza alcuna possibilità di adeguare i salari alla inflazione.

Gli aumenti lordi previsti: secondo i dettagli appresi (fonte il comunicato stampa di Federmeccanica e Assistal, le associazioni che rappresentano i datori di lavoro e le organizzazioni padronali che applicheranno questo CCNL),l’accordo prevede 205 euro lordi per l’intera validità triennale contrattuale, ma come detto questi soldi saranno distribuiti in un arco di tempo maggiore e questa decisione è di per sé causa di ulteriore erosione del potere di acquisto. Nel dettaglio. 177 euro sui minimi nei prossimi tre anni a giugno di ogni anno, così divisi: 53 euro/mese nel 2026, 59 euro/mese nel 2027 e 65 euro/mese nel 2028. Tali importi ai quali vanno aggiunti i circa 28 euro già erogati a giugno 2025 (come adeguamento automatico in base all’IPCA NEI). Per un totale di 205 euro per i lavoratori inquadrati al livello C3. Incrementi valutati come rilevanti, con una crescita che va da un minimo di 165 euro lordi per il livello D1, ai 269 euro per il livello A1.

I soldi mancanti andranno in parte a sostegno dei  benefits (welfare)  ma attenzione che la cifra è veramente riisibile passando  dagli attuali 200 a 250 euro annui: tale incremento è quindi di 50 euro all’anno per quattro anni, destinato poi ad assorbire tanto i “superminimi individuali” disposti fin dal 2017 per molti lavoratori dai datori di lavoro, E invece di dare forza al sistema sanitario nazionale e alla previdenza pubblica , con il welfare aziendale arrivano i canonici  aumenti di contribuzione e il potenziamento di previdenza e sanità integrativa 

E poi la trappola dell’orario plurisettimanale che viene incrementato nonostante rappresenti un vantaggio solo per la parte datoriale, senza dimenticare poi gli “straordinari comandati” che aumentano da 120 a 128 ore annue.

La piattaforma approvata di lavoratori, come sempre bella corposa, partiva da una analisi oggettiva di un settore decisamente in crisi che vede innumerevoli aziende chiudere i battenti o ridurre gli organici.

Le trattative per il rinnovo del CCNL dei dipendenti dell’industria metalmeccanica si sono concluse con la firma del contratto dopo 17 mesi di negoziato e 40 ore di sciopero.

I risultati ottenuti non sono quelli auspicati ossia aumenti dignitosi e istituti contrattuali capaci di restituire credibilità stessa all’azione sindacale accrescendo diritti collettivi e individuali, a scanso di equivoci senza conflitto le trattative producono solo effetti negativi, se poi si utilizza il conflitto per portare a casa risultati deludenti la sconfitta del sindacato sarà irreversibile.

Il rinnovo di un contratto è un atto politico, firmare aumenti inferiori al costo della vita reale, come sta avvenendo nel Pubblico impiego, significa mortificare la forza lavoro penalizzandone il potere di acquisto e di contrattazione.

Poi rispetto alla piattaforma di partenza i risultati ottenuti spesso sono assai diversi; tuttavia, in quel caso bisognerebbe avere il coraggio di ammettere che il mandato assembleare è valido fino a un certo punto se tra proposta iniziale e i documenti finali ci sono marcate differenze. Un’analisi delle varie tappe della trattativa ma anche delle posizioni sindacali assunte via via aiuterebbe a capire quanto avvenuto.

Senza dubbio la presentazione di una “contro-piattaforma” datoriale, in contrapposizione a quella sindacale, ha prodotto dei risultati nel senso che sono stati effettuati scioperi accompagnati da mobilitazioni reali. La piattaforma aziendale serviva a riportare indietro la discussione su posizioni decisamente più arretrate. Il contratto era scaduto il 30 giugno 2024 

Possiamo parlare di aumento salariale e riduzione dell’orario di lavoro?  E’ stata eliminata la possibilità di assorbimento dei superminimi individuali per la quale si era impegnato il sindacato, la soglia minima del premio aziendale è stata portata per tutte le aziende a 700 euro?

E la riduzione progressiva dell’orario a 35 ore settimanali, a parità di salario contro la quale le associazioni datoriali si erano subito schierate? 

La nostra impressione è che da almeno un decennio, anche nel settore meccanico, è prevalsa la logica delle deroghe al contratto nazionale oltre alla piena applicazione di quel meccanismo perdente che lega gli aumenti al codice IPCA decisamente più svantaggioso di altri parametri, ad esempio le rilevazioni Istat sul costo della vita.

Parlare allora di recupero salariale, di aumento del potere contrattuale è divenuta una necessità che stride invece con il classico obiettivo di firmare un contratto con qualche miglioramento economico, insomma la scelta ancora una volta era tra la dignità della classe lavoratrice e la riduzione del danno, a prevalere è stata quest’ultima

Ancora una volta si cede alla flessibilità e al suo incremento sapendo che questa posizione avrà ripercussioni negative a tutto campo, vanificherà la richiesta di riduzione oraria a parità di salario, favorisce deroghe al ccnl, spiana la strada ad accordi di secondo livello per barattare pochi euro con aumento dei ritmi e dei tempi di lavoro.

Le imprese potranno poi stipulare contratti a termine di durata superiore ai 12 mesi quando invece le richieste operaie erano ben altre ossia favorire la stabilizzazione dei precari. Alla luce di quanto scritto possiamo parlare di un buon contratto? Pensiamo di no e i fatti ci daranno ragione ma sarà solo una amara constatazione che questa unità tra Cgil Cisl Uil determina l’arretramento della classe lavoratrice, non certo la sua emancipazione

LA VIGNETTA IN ALTO – scelta dalla “bootega” – è di MAURO BIANI; quella messa in evidenza è di Altan.

Redazione
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