Milano: oggi (9-18) «Una giornata con Antonio Caronia…

a dieci anni dalla scomparsa». Occupare l’immaginario.

di Giuliano Spagnul

A seguire una noticina della “bottega”

Se dovessimo pensare a uno slogan dei più rappresentativi degli anni Sessanta e Settanta del secolo scorso (gli anni della rivolta, contestazione, o come meglio li si vuol definire) non potremmo non ricordare quello dell’immaginazione al potere; dovendo ammettere poi che le cose sono andate ben diversamente da come le avevamo immaginate scandendo questo slogan. L’immaginazione è andata al potere nel senso letterale che quest’ultimo se ne è impadronito, man mano, nella sua quasi totalità.

Che senso ha allora oggi intitolare la giornata per il decennale della scomparsa di Antonio Caronia Occupare l’immaginario, se questo è stato già ampiamente occupato da un potere tanto pervasivo quanto sofisticato?

Se Antonio non ci avesse lasciati dieci anni fa, oggi sicuramente non lo vedremmo aderire a nessuna ottimistica speranza solare, che giudicherebbe consolatoria quanto pericolosamente vicina ai nostri latenti bisogni placentari verso un potere mammone e accudente, né si sognerebbe di rispolverare un marxismo (per quanto marziano) a guida di una nuova presa sull’immaginario.

Possiamo credere invece che ciò che avrebbe ostinatamente continuato a perseguire sarebbe stata quella ricerca di tutti quei modi possibili che potessero riportare la vita all’indeterminato, lì dove ci sarà sempre possibile, ogni volta che creiamo qualcosa di nuovo, poter creare qualcosa di nuovo ancora una volta.

Ed è una partita che si gioca non tanto per conquistare un’egemonia di discorso, libertario o progressista, capace di contrastare altri discorsi di segno opposto; quanto per la possibilità dell’esistenza stessa di una pluralità di discorsi che possa tenere insieme l’estrema complessità del mondo che abitiamo e abbiamo contribuito, nel bene e nel male, a creare. 

Immaginario come evasione, evasione come capacità di uscire da noi stessi ed essere capaci di rientrare mutati riportando con noi quella ricchezza intellettiva, emotiva e affettiva che abbiamo contribuito a costruire nella fase di esteriorizzazione, di uscita dalla propria dimensione individuale.

Poco prima di lasciarci Antonio ha detto, rispetto a tutto ciò di cui si è occupato nella vita, che “quello che conta non sono la letteratura, la filosofia ecc. ma sono le trasformazioni attraverso queste esperienze che facciamo su noi stessi (letterarie, artistiche, filosofiche…). La cosa più importante nella vita di un essere umano è l’essere umano. Non quello che lui è, quello che lui diventa.”

E ciò che lui diventa è ciò che noi siamo in grado di immaginare, sempre che ci sia concesso farlo ancora. Una giornata per lavorare su questo è quasi nulla. È già un fallire, ma anche, mettere le basi per fallire di nuovo e ancora, cioè vivere e divenire.

Giuliano Spagnul

Programma e informazioni: https://occuparelimmaginario.noblogs.org/

NOTICINA DELLA “BOTTEGA”

Domanda retorica: era meglio se questo articolo usciva 2 giorni fa, così più persone avevano tempo per organizzarsi e andare al convegno? Risposta con autocritica: sì, ma in “bottega” ci siamo incasinati. Domanda non retorica: come possiamo farci perdonare? Pubblicando nei prossimi giorni qualche “suggestione” dell’incontro di oggi, se chi organizza ne avrà piacere. Ah, cercando in “bottega” – attraverso i TAG – notizie su Antonio Caronia e/o testi suoi … ne troverete un bel po’ e di qualità.

Redazione
La redazione della bottega è composta da Daniele Barbieri e da chi in via del tutto libera, gratuita e volontaria contribuisce con contenuti, informazioni e opinioni.

8 commenti

  • Posso dirlo? Che barba con questi strali alla “speranza solare”. Dimostrano solo che non la si conosce. Si potrebbe lottare insieme, ognuno con il suo contributo, ognuno con la propria attitudine, e invece con queste critiche sterili, perché appunto nemmeno informate su ciò che si vorrebbe criticare, si semina malanimo. Che stanchezza.
    Buon lavoro.

  • Franco Ricciardiello

    Che Antonio Caronia non aderirebbe a nessuna “speranza solare” è una discutibile idea della quale non possiamo, purtroppo, avere riprova, ma che non è difficile confutare, considerato il suo interesse per l’utopia in generale. Che poi questa sia “pericolosamente vicina ai nostri latenti bisogni placentari verso un potere mammone e accudente”, ecco: questo è un fraintendimento totale di chi neppure ha tentato di approfondire l’argomento. Se c’è un genere consolatorio è proprio il “nuovo distopico” che oggi va per la maggiore, ma che non durerà per molto. Il potere ci vuole pessimisti sul futuro, perché possiamo credere che il mondo in cui viviamo sia il migliore possibile. Un’utopia che ci mostra un futuro solare è quanto di più dirompente e eversivo ci sia.

  • Giuliano Spagnul

    Nessuno potrà mai sostenere che mai e poi mai un giorno il sole decida di aderire al sistema tolemaico e si metta a girare intorno alla terra. Così nessuno può dire che se Antonio Caronia fosse vissuto fino ad oggi non avrebbe mai potuto aderire alla solare volontà utopica che coltiva (letteralmente) la speranza. Ma se dovessi scommettere non punterei neanche una vecchia lira per entrambe le ipotesi.
    Vi assicuro, credetemi, se c’era un non utopico (tantomeno distopico) quello era Antonio. Il che non esclude il suo grande interessamento per la storia dell’utopia.
    Non lancio strali contro la speranza, Gunther Anders brandiva il principio disperazione contro il principio speranza di Ernst Bloch, ma erano personaggi di ben altra statura rispetto alla nostra… più semplicemente mi mette tristezza questa tendenza, umana certo, più che umana, di voler trovare un rifugio sicuro in una qualsivoglia famiglia; anche più queer possibile sempre famiglia rimane. Abbiate pazienza, appartengo a una generazione che ha sognato la morte della famiglia.
    Coniugatela come volete l’utopia, rimarrà sempre il miglior “luogo giusto e felice” per realizzare le più stupefacenti distopie.

    • Caro Giuliano, ciascuno di noi ha una famiglia, anche se ne ha sognato la morte (sognato, appunto…).
      Risonoscerlo è dimostrazione di onestà intellettuale. Rirengo che non bisogna vergognarsene, è opportuno e saggio ammetterlo.
      La tua è quella che legge in un certo modo (apprezzabile, forse, ma non certo l’unico e nemmeno ampiamente condiviso e questo è emerso chiaramente dal convegno di sabato scorso) la vicenda di Antonio Caronia.
      Penso che noi (io e te e non solo noi due) siamo ancora sostanzialmente tolemaici (era una verità assoluta secoli fa come oggi lo è il sistema copernicano) nel senso che non abbiamo ancora completamente assimilato e fatto nostro in tutte le sue implicazioni filosofiche l’idea che non c’è un centro unico, immobile e immutabile (la nostra “famiglia”) intorno al quale gira tutto il resto.
      Dobbiamo ancora cimentarci nella sfida di non considerare la verità immutabile, fissa, definita una volta per tutte (la verità su Antonio, ad esempio).
      Ti ricordo, per concludere, queste parole di Nico pronunciate sabato al convegno:
      “Quando uno muore, tutti lo tirano verso le lore teorie”

    • Caro Giuliano, ciascuno di noi ha una famiglia, anche se ne ha sognato la morte (sognato, appunto…).
      Riconoscerlo è dimostrazione di onestà intellettuale. Ritengo che non bisogna vergognarsene, è opportuno e saggio ammetterlo.
      La tua famiglia è quella che legge in un certo modo (apprezzabile, forse, ma non certo l’unico e nemmeno ampiamente condiviso e questo è emerso chiaramente dal convegno di sabato scorso) la vicenda di Antonio Caronia.
      Penso che noi (io e te e non solo noi due) siamo ancora sostanzialmente tolemaici (era una verità assoluta secoli fa come oggi lo è il sistema copernicano) nel senso che non abbiamo ancora completamente assimilato e fatta nostra in tutte le sue implicazioni filosofiche l’idea che non c’è un centro unico, immobile e immutabile (la nostra “famiglia”) intorno al quale gira tutto il resto.
      Dobbiamo ancora cimentarci nella sfida di non considerare la verità immutabile, fissa, definita una volta per tutte (la verità su Antonio, ad esempio).
      Ti ricordo, per concludere, queste parole di Nico pronunciate sabato al convegno:
      “Quando uno muore, tutti lo tirano verso le loro teorie”

  • INTERVENTO DELLA REDAZIONE DI UAU AL CONVEGNO DEL 28/10/2023 OCCUPARE L’IMMAGINARIO

    Questo è il nostro contributo, una nostra piccola riflessione per il convegno al Teatro La Cucina di Milano del 28/10/2023.
    UN’AMBIGUA UTOPIA, the original, esce nel 1977 e muore nel 1982. Antonio entra nella redazione (allora collettivo) a partire dal n. 3 e vi resta sino al n. 9. Nel giugno 2020 esce il n. 10 di UAU a cura di uno dei redattori “reduci” dei primi 9 numeri insieme ad alcuni allievi di Antonio. Altri 7 redattori reduci, nell’ottobre 2021 producono il n. 11, poi il n. 12, il 13 mentre è in preparazione il n. 14, previsto per il 2024 dal titolo monografico GUERRA E PACE.
    Perdonate questa breve ricostruzione dei fatti legati alla rivista di critica marx/z/iana che riteniamo utili per comprendere meglio il senso del nostro intervento a questo convegno.
    Affronteremo, e brevemente, due temi per noi importanti e relativi al lascito di Antonio.

    LA MORTE DELLA FANTASCIENZA

    “…la nostra scelta deriva dalla convinzione che la SF non tratta di utopie impossibili, ma è calata nella realtà…..Questa è una pubblicazione a cura di un gruppo ristretto (per ora) di compagni che si sono ritrovati uniti nella passione per la letteratura di fantascienza e che la intendono non solo come pura evasione ma anche e soprattutto come chiave, senz’altro appassionante, di lettura dei problemi di ieri, oggi e domani”

    dall’editoriale del n. 11 di UAU che riporta alcune frasi dell’editoriale del n. 1 di UAU del dicembre 1977

    “la fantascienza è un gigantesco repertorio dell’immaginario contemporaneo, una massiccia raccolta di studi sulla psicologia dell’uomo che verrà, un’esplorazione sistematica e vorticosa dei paesaggi che qualcuno, dopo di noi, abiterà. Questa è la ragione della sua morte

    da: Una giornata con Antonio Caronia, La fantascienza dopo la morte della fantascienza, https://occuparelimmaginario.noblogs.org/

    Noi pensiamo, come ci pare anche Antonio pensasse, che la fantascienza non sia affatto morta ma vivissima e “vegetissima”.
    Questo in quanto modalità di lettura del presente, del passato e del futuro. Lo testimonia non solo il grande sviluppo di opere (molte, oggi, di autrici e autori italiani) in qualità e quantità; e lo certifica anche il grande sviluppo di attività (libri, convegni, dibattiti, riviste, case editrici) di critica della letteratura di SF. E’ una fantascienza diversa di quella passata e classica perché, ancora una volta, parla del mondo d’oggi, diverso da quello di decenni fa. Noi di UAU intendiamo fornire il nostro contributo fattivo alla vita, sempre rinnovata, di questa modalità letteraria.

    MEMORIA, RICORDO, RIVISITAZIONE DEL PASSATO

    Quando, oggi, penso alla mia infanzia, la penso diversa da come la pensavo solo venti anni fa e la penserò probabilmente diversa, tra qualche anno. Se penso ai primi tre numeri di UAU….lo stesso per mia infanzia; e così per i successivi. Se penso ad Antonio Caronia oggi, lo penso diverso da come lo vivevo quando, alla fine degli anni ‘70 ho partecipato con lui alle numerose attività del Collettivo di UAU e in modo ancora diverso da quando, nel 2010, lo rividi alla presentazione del libro da lui curato per Mimesis “Filosofie di Avatar” . Oggi mi ricordo ancora la lunga conversazione che ebbi con lui in quell’occasione.
    Faccio questa lunga premessa per sostenere l’idea che la verità (anche la mia, personale) muta, continuamente cambia. Non esiste una sola verità (interpretazione) della persona Antonio Caronia e nemmeno di UAU, l’UAU di ieri e quella rinata nel 2020 e 2021. Necessariamente ciascuno di noi, reduci di UAU the original ha riscritto, a suo modo e ancora riscriverà, la storia di UAU e di Antonio Caronia. Pensare che una sola riscrittura, attuale e quindi provvisoria, sia l’unica fedele all’accaduto è ingenuo se non intellettualmente disonesto. Crediamo che il senso del convegno del 28/10 sia questo e non un altro.

    Marco Dubini, redazione di UN’AMBIGUA UTOPIA n. 11, 12, 13 (e 14, in preparazione) – 26/10/23

    Per l’intervista a Radio Popolare sul Convegno, vai qui:

    https://www.unambiguautopia.it/2023/10/27/intervento-mancato-di-uau-al-convegno-del-28-10-2023-occupare-limmaginario/?fbclid=IwAR0x8_4loPFMPwTvCjaZCMkThJ-LoRpwR7Z7v6ECBed5qIoFbLbjLAB7KAM

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