Nuova strategia Usa e chi non vuol capire

di Giorgio Ferrari

A proposito della nuova strategia degli Stati Uniti e le reazioni che ha suscitato

L’accoglienza riservata da quasi tutti gli organi di stampa italiani, sopratutto quelli di area esplicitamente democratica, al documento della Casa Bianca (National security strategy 2025) è stata – a mio modo di vedere – ipocrita e anche miope.

Di tutto il suo contenuto, quello che viene posto in risalto è l’attacco all’Europa, omettendo di citarne o banalizzandoli, molti altri aspetti niente affatto irrilevanti.

Ho già espresso il mio punto di vista su Trump (https://www.labottegadelbarbieri.org/la-retorica-del-male-assoluto-e-il-tracollo-della-democrazia/) ma ritengo utile riportare un brano del mio intervento perché mi sembra assolutamente pertinente all’argomento di cui si discute oggi.

Trump ha fatto capire agli alleati europei che l’Atlantismo da Truman in poi (non quello di Roosevelt che era ancora un “patto” anti nazista esteso all’Urss), iniziato con il bombardamento atomico del Giappone e proseguito con la guerra fredda e con la Nato, non gli interessa più di tanto perché è superato dagli eventi storici occorsi negli ultimi 35 anni (caduta dell’Urss) e se l’Europa vuole continuare a mantenerlo in piedi che se lo paghi e, soprattutto, se ne assuma le responsabilità politiche. Queste cose Trump le sosteneva già durante la sua prima presidenza o ci si è dimenticato che il ritiro dall’Afghanistan fu deciso da lui (accordo di Doha del febbraio 2020) e poi effettuato con ritardo da Biden nel 2021? Trump non vuole continuare a finanziare guerre, non perché sia un pacifista, ma perché gli costano molto di più di quanto gli rendano e se ne promuoverà una sarà con la Cina, vero antagonista globale ma soprattutto commerciale, come s’è visto con la guerra dei dazi.

Questa rimodulazione dell’Atlantismo, dopo la pubblicazione del documento della Casa Bianca, è interpretata, a seconda dei casi, come un tradimento; un regalo alla Russia o un tentativo di destabilizzare l’Europa (il più gettonato) e non c’è verso che chi azzarda queste considerazioni le inquadri, con un minimo di realismo, nel contesto internazionale. Ma andiamo con ordine.

La nuova postura internazionale degli Stati Uniti

Intanto andrebbe evidenziato che il documento della Casa Bianca è prevalentemente orientato a definire una diversa e nuova politica internazionale degli USA, cosa evidente fin dalla premessa in cui si afferma: “Una strategia deve valutare, classificare e stabilire le priorità. Non tutti i paesi, le regioni, le questioni o le cause, per quanto meritevoli, possono essere al centro della strategia americana. Lo scopo della politica estera è la protezione degli interessi nazionali fondamentali; questo è l’unico obiettivo di questa strategia. Le strategie americane dalla fine della Guerra Fredda si sono rivelate inadeguate: sono state un elenco di desideri o di obiettivi desiderabili; non hanno definito chiaramente ciò che vogliamo, ma hanno invece formulato vaghe banalità e hanno spesso valutato erroneamente ciò che dovremmo volere. Dopo la fine della Guerra Fredda, le élite della politica estera americana si sono convinte che il dominio permanente americano sul mondo intero fosse nel migliore interesse del nostro paese. Eppure, gli affari degli altri paesi ci riguardano solo se le loro attività minacciano direttamente i nostri interessi. Le nostre élite hanno mal calcolato la disponibilità dell’America ad accollarsi per sempre oneri globali di cui il popolo americano non vedeva alcun collegamento con l’interesse nazionale. Hanno sopravvalutato la capacità dell’America di finanziare, contemporaneamente, un enorme stato di welfare, regolamentazione e amministrazione, insieme a un imponente complesso militare, diplomatico, di intelligence e di aiuti esteri. Hanno puntato in modo enormemente sbagliato e distruttivo sul globalismo e sul cosiddetto “libero scambio”, svuotando la classe media e la base industriale da cui dipende la preminenza economica e militare americana. Hanno permesso ad alleati e partner di scaricare i costi della loro difesa sul popolo americano, e talvolta di trascinarci in conflitti, e hanno legato la politica americana a una rete di istituzioni internazionali, alcune delle quali sono guidate da un aperto antiamericanismo e molte da un transnazionalismo che cerca esplicitamente di dissolvere la sovranità dei singoli stati.”

Non c’è dubbio che già in premessa ci siano forti richiami al nazionalismo e al protezionismo, utilizzati anche come pretesto per attaccare le istituzioni internazionali in quanto non esenti da atteggiamenti antiamericani; ma come ignorare che la maggior attenzione è rivolta a criticare la politica estera americana dalla fine della Guerra Fredda in poi? Come trascurare la dichiarazione di rinuncia degli Stati Uniti a svolgere il ruolo di gendarme del mondo?

Cosa questa che si conferma più avanti nel paragrafo dedicato al non interventismo, dove ci si richiama addirittura ai padri fondatori: “Nella Dichiarazione d’Indipendenza, i padri fondatori dell’America stabilirono una chiara preferenza per il non-interventismo negli affari delle altre nazioni e ne chiarirono le basi: proprio come tutti gli esseri umani possiedono uguali diritti naturali dati da Dio, tutte le nazioni hanno diritto, in base alle “leggi della natura e al Dio della natura”, a una “posizione separata e uguale” l’una rispetto all’altra. Per un paese i cui interessi sono numerosi e diversi come i nostri, una rigida adesione al non-interventismo non è possibile. Eppure questa predisposizione dovrebbe stabilire un notevole impedimento verso tutto ciò che costituisce un intervento giustificato.”

Vero è che questo principio di non interventismo non è del tutto rigido, tant’è che quando più avanti si parla di equilibri di potere nel mondo, il testo afferma che “Gli Stati Uniti non possono permettere che nessuna nazione diventi così dominante da minacciare i nostri interessi. Collaboreremo con alleati e partner per mantenere equilibri di potere globali e regionali, impedendo l’emergere di avversari dominanti. Mentre gli Stati Uniti rifiutano il malaugurato concetto di dominio globale per sé stessi, dobbiamo impedire il dominio globale, e in alcuni casi persino regionale, di altri. Questo non significa sprecare sangue e denaro per limitare l’influenza di tutte le grandi e medie potenze del mondo.”

Tuttavia anche in questo caso c’è l’esplicitazione di un approccio all’uso della forza diverso da quello contenuto nella visione dei neocon e messo in pratica sia dai repubblicani che dai democratici statunitensi, o ci siamo dimenticati dell’enduring freedom che portò la guerra in Iraq e Afghanistan in nome della libertà o delle spedizioni punitive in Somalia e a Grenada?

A rischio di ripetermi, Trump è e ragiona come un imprenditore che vuole fare affari con tutti, un padrone che pur disponendo di un arsenale militare devastante, non vuole “sprecarlo” in guerre ideologiche, ma usarlo come deterrente per convincere i riottosi a commerciare con lui: “ La forza può permetterci di raggiungere la pace, perché le parti che rispettano la nostra forza spesso cercano il nostro aiuto e sono ricettive ai nostri sforzi per risolvere i conflitti e mantenere la pace. Pertanto gli Stati Uniti devono mantenere l’economia più forte, sviluppare le tecnologie più avanzate, rafforzare lo stato culturale della nostra società e schierare l’esercito più capace al mondo. Nel lungo termine, mantenere la preminenza economica e tecnologica americana
è il modo più sicuro per scoraggiare e prevenire un conflitto militare su larga scala.”

Questo approccio non è -come scrive il manifesto del 06.12.25 – “il certificato di morte dell’ordine mondiale del dopoguerra e atto di nascita dell’assetto planetario auspicato dai nazional populisti Maga”, non fosse altro perché quell’ordine era già defunto con la fine della Guerra Fredda e la caduta dell’URSS e quanto all’atto di nascita dell’assetto planetario auspicato dai Maga, si commette il solito errore di valutare le azioni di un avversario non per quello che sono, ma in base al grado di ostilità che nutriamo per lui.

Piuttosto l’ordine planetario che si desume dal documento della Casa Bianca è quello che vede ripristinare il primato degli Stati nazione anche a scapito delle istituzioni internazionali (L’unità politica fondamentale del mondo è e rimarrà lo Stato-nazione. È naturale e giusto che tutte le nazioni mettano al primo posto i propri interessi e tutelino la propria sovranità.) e ciò, semmai, dovrebbe far riflettere soprattutto quella sinistra colta e post-moderna che aveva visto nell’affermazione dell’”Impero” proprio la fine degli stati nazione. Ma questo ha poco a che fare con i Maga e molto invece con l’assetto del mondo postulato dai BRICS -il multilateralismo – a cui la sinistra ha sempre dedicato scarsa attenzione.

Il documento della Casa Bianca invece è proprio a questo che si riferisce pur senza nominarlo, con l’evidente scopo di proporsi come referente economico, politico, e militare dell’area che oggi si trova sotto l’influenza dei BRICS.

Non è per caso che, riferendosi al Medio Oriente, il documento affermi che La competizione tra superpotenze ha lasciato il posto a una competizione tra grandi potenze, in cui
gli Stati Uniti mantengono la posizione più invidiabile”
cosa che, se da un lato certifica la fine di un mondo bipolare, dall’altro riconosce implicitamente l’esistenza di potenze diverse dagli Usa -mondiali o regionali – con cui è inevitabile fare i conti mantenendo possibilmente una posizione dominante, ed è questo l’atteggiamento riservato dal documento anche a Russia e Cina.

Viceversa una stizza incontrollabile sembra emanare dai commenti della stampa (il manifesto scrive di “trattamento soft riservato a Russia e Cina”) che appare assolutamente incapace di percepire la nuova realtà del mondo e di sottovalutare il peso di certe economie (oltre a Cina e Russia) come India, Arabia Saudita, Turchia e anche il Brasile, con cui l’amministrazione Trump vuole giocare le sue carte, per sottrarle all’influenza dei BRICS e in particolare a quella della Cina. A questo proposito nel documento si sostiene che: Europa, Giappone, Corea, Australia, Canada, Messico e altre nazioni di rilievo dovrebbero adottare politiche commerciali che contribuiscano a riequilibrare l’economia cinese orientandola verso i consumi delle famiglie, perché il Sud-est asiatico, l’America Latina e il Medio Oriente non possono assorbire da soli l’enorme eccesso di capacità produttiva della Cina. Per gli Stati Uniti è una priorità scoraggiare un conflitto su Taiwan, pertanto manterremola nostra politica dichiarativa di lunga data su Taiwan, il che significa che gli Stati Uniti non supportano alcun cambiamento unilaterale dello status quo nello Stretto di Taiwan.”

Complessivamente quindi, ciò che si prospetta non è affatto una spartizione multipolare del mondo tra Usa, Cina e Russia, ma l’apertura di una fase di forte competizione -per ora solo commerciale – tra questi attori che come campo di battaglia non può che avere l’intero mondo.

Lo scopo del Maga, al netto delle nefandezze razziste, sessiste e classiste che contiene, è proprio quello di ristabilire un primato economico e tecnologico (quello militare già c’è anche se si deve aggiornare) degli Usa e il documento della Casa Bianca – se lo si è letto e possibilmente compreso – lo sottolinea ripetutamente anche per ciò che riguarda la Cina.

Nella foga anti Trump invece, si interpreta come condiscendenza verso la Cina quello che in realtà è un handicap consolidato che gli Usa hanno nei riguardi di questo paese: o ci si dimentica che la Cina detiene il 30% del debito americano, cosa che ha già fatto fare retromarcia a Trump sulla questione dei dazi?

Le critiche all’Europa

Che dire infine del trattamento riservato all’Europa che, come detto in apertura, è l’aspetto che ha provocato i risentimenti maggiori?

Trump scarica l’Europa (La Repubblica). Trump destabilizza l’Europa. Gli Usa vogliono dividerci e sabotare il nostro stile di vita. L’Europa unita è un avversario ( il manifesto). Il nemico di Trump è l’Europa (il Foglio). L’attacco choc di Trump all’Europa (Corriere della sera).

Ci sarebbe da stupirsi dello stupore (tralasciando la stizza) che proviene da questi titoli, sempre che chi ha scritto gli articoli che ne fanno seguito abbia letto per intero il documento della Casa Bianca, perchè la critica all’Europa che vi appare è del tutto organica all’approccio generale del documento.

Al capitolo Europa, il documento recita: Questa mancanza di fiducia in se stessa è particolarmente evidente nelle relazioni dell’Europa con la Russia. Gli alleati europei godono di un significativo vantaggio di hard power sulla Russia sotto quasi ogni aspetto, fatta eccezione per le armi nucleari. A seguito della guerra russa in Ucraina,le relazioni europee con la Russia sono ora profondamente indebolite e molti europei considerano la Russia una minaccia esistenziale. La gestione delle relazioni europee con la Russia richiederà un significativo impegno diplomatico da parte degli Stati Uniti, sia per ristabilire le condizioni di stabilità strategica in tutta l’area eurasiatica, sia per mitigare il rischio di conflitto tra la Russia e gli Stati europei. È interesse fondamentale degli Stati Uniti negoziare una rapida cessazione delle ostilità in Ucraina, al fine di stabilizzare le economie europee, prevenire un’escalation o un’espansione indesiderata della guerra e ristabilire la stabilità strategica con la Russia, nonché consentire la ricostruzione post-ostilità dell’Ucraina per consentirne la sopravvivenza come Stato vitale. La guerra in Ucraina ha avuto l’effetto perverso di aumentare la dipendenza esterna dell’Europa, in particolare della Germania. Oggi, le aziende chimiche tedesche stanno costruendo alcuni dei più grandi impianti di lavorazione del mondo in Cina, utilizzando gas russo che non possono ottenere in patria.”

Forse che questa critica è infondata, che non è vero che gli accordi Minsk del 2014 erano supervisionati da Francia, Gran Bretagna e Germania, le quali non fecero nulla per impedirne il fallimento? C’era Obama alla Casa Bianca ( non Trump) che avallò il rifiuto di Poroshenko agli accordi di Minsk, seguitando a rifornire di armi l’Ukraina per sconfiggere i separatisti del Donbass e da allora sono passati altri 7 anni di guerra interna prima dell’invasione russa, durante i quali l’Europa non ha fatto nulla per disinnescare quel conflitto.

Scrive la Casa Bianca che è interesse degli Usa porre fine alla guerra in Ukraina anche al fine di stabilizzare le economie europee, ma invece di cogliere l’opportunità che questo approccio offre all’Europa per uscire dal vicolo cieco in cui si è cacciata, qui in Italia se ne dà una interpretazione complottista, accomunando Trump a Putin nel perverso disegno volto a destabilizzare l’Europa.

Di questi argomenti che rappresentano la parte più significativa della nuova strategia americana, non c’è traccia nella stampa democratica italiana (quella di destra gongola) e ci si concentra esclusivamente sull’offesa recata alla dignità dell’Europa, dato che il documento della Casa Bianca paventa il declino della sua civiltà a causa delle politiche migratorie, della censura e della sua struttura organizzativa, cioè l’Unione Europea.

E’ un colpo basso, sicuramente orientato dal punto di vista politico, ma le reazioni che ha suscitato (almeno per ora) appaiono scomposte e senza una prospettiva che non sia ancora quella di un risentimento per mancato rispetto o lesa immagine dell’Europa, che poi nei fatti si traduce in una sostanziale subordinazione all’atteggiamento di Trump, come è avvenuto per i dazi.

Ho già scritto che l’universalismo dei valori occidentali, specie se riferiti all’Europa, è definitivamente sepolto sotto le macerie di Gaza, per cui ritengo disperato ogni tentativo di riproporli come se nulla fosse successo: Antonio Polito invece (Corriere della sera 07.12.25) cerca di salvarli sostenendo che chi critica, da europeo, l’Unione Europea sputa nel piatto dove mangia, in quanto se si trovasse in Russia sarebbe gettato dalla finestra o avvelenato (degli Stati Uniti non si parla mai in questi termini). E’ il tipico atteggiamento di chi giustifica i propri errori o inadempienze comparandoli con quelli degli altri scegliendo, ovviamente, i peggiori e siccome nel mondo il peggio non è mai morto, ci sarà sempre modo di compiacersi di stare un po’ meglio del peggio.

Stupisce che si scopra solo ora che Trump ce l’ha con gli organismi internazionali, cosa che dovrebbero sapere anche i sassi (https://www.labottegadelbarbieri.org/la-retorica-del-male-assoluto-e-il-tracollo-della-democrazia/) e se oggi si permette di esplicitare questa ostilità anche nei confronti dell’Unione Europea, è perché ha verificato quanto essa sia debole proprio con la questione dei dazi. Eppure non se ne vuole tenere conto, anzi la sola risposta che viene è che l’Europa va difesa tal quale e a sinistra si è organizzata pure una piazza per l’Europa: ma quale Europa si dovrebbe difendere?

Quella odierna, quella che si spaccia ancora per culla della civiltà, funziona così: il potere è suddiviso tra i membri non eletti della Commissione europea (esecutivo d’Europa), e del Consiglio europeo dei Ministri, che ha due articolazioni: una settoriale per ogni dicastero (Agricoltura, Industria, Finanze, etc) e una complessiva che vede riuniti i primi ministri di ogni paese membro.

Il Parlamento europeo è l’unica camera eletta direttamente dai cittadini, ma a differenza di qualsiasi altro parlamento del mondo occidentale, non ha il potere di proporre una leggge e può solo modificarla. In effetti è il Consiglio il principale organo legislativo della UE, ma la maggior parte dei regolamenti viene deliberata dalla Commissione in modo indipendente, le leggi vengono prima proposte dalla Commissione e poi il Consiglio decide se approvarle. In realtà, la Commissione raramente, se non mai, propone qualcosa su cui non abbia già consultato il Consiglio.

Il Consiglio mantiene una propria segreteria generale che coordina il lavoro di circa 250 comitati il cui compito è quello di presidiare l’attuazione da parte della Commissione delle leggi e controllare i “gruppi di lavoro” che esaminano le proposte legislative.

Questa rete di comitati è a sua volta controllata dal Comitato dei Rappresentanti Permanenti, o Coreper. Il Coreper è composto da funzionari nazionali con lo status di ambasciatori – i capi delle rappresentanze permanenti (essenzialmente le ambasciate presso l’UE di ciascuno Stato membro) o i loro vice – che si riuniscono più volte alla settimana per preparare gli ordini del giorno delle riunioni del Consiglio ed eseguirne le disposizioni. Ad esempio, l’esame delle proposte della Commissione viene solitamente effettuato per primo dal Coreper. Questo gruppo di diplomatici rappresenta il potere reale: circa il 70% della legislazione dell’UE viene deciso, di fatto, in questi gruppi di lavoro, un altro 15% viene definito dal Coreper e solo il 15% viene effettivamente discusso e negoziato in seno al Consiglio.

A ciò si aggiunga il potere di veto che ogni stato membro ha su certi argomenti.

Può funzionare una struttura di questo tipo? E che tipo di democrazia è quella in cui le leggi le fanno i non eletti?

Sono passati oltre 30 anni da Maastricht e non si vede nemmeno l’ombra di un tentativo di riforma di questa struttura e di questo modo di funzionare, per cui se scandalo c’è, non risiede nelle critiche di Trump o delle destre sovraniste e/o populiste, ma nel fatto che molte di queste critiche non le abbia fatte la sinistra la quale, almeno in Italia, scende in piazza per l’Europa e poi al parlamento europeo vota per il riarmo.

L’Europa odierna si rappresenta principalmente come una superfetazione di apparati che hanno per di più la pretesa di insegnare al mondo le regole del buon governo, ma poi se gli si fa notare che “le aziende chimiche tedesche stanno costruendo alcuni dei più grandi impianti di lavorazione del mondo in Cina, utilizzando gas russo che non possono ottenere in patria.” gridano allo scandalo e se dopo aver criticato la Cina per la sua titubanza ad accettare la scadenza del 2050 ( net zero emission), fanno una pessima figura alla Cop 30 perché la Cina li ha superati nelle rinnovabili mentre loro hanno dovuto rivedere i tempi della transizione, non possono che prendersela che con loro stessi.

Se non si è diventati del tutto miopi, credo che almeno la sinistra dovrebbe prendere spunto da questa “incresciosa” vicenda per fare qualche passo in avanti, smettendola di fare la vittima e tentando di ridisegnare il profilo di un Europa che, per sudditanza verso l’alleato d’oltreoceano, ha tagliato ogni ponte con Russia e Cina spendendo centinaia di miliardi per sostenere l’Ukraina, ed ora che l’inquilino della Casa Bianca la maltratta, non è più in grado di formulare una risposta ne a lui né, tanto meno, a tanta parte della popolazione europea che non condivide affatto queste scelte

Giorgio Ferrari – 07.12.2025

Redazione
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2 commenti

  • Non sono un esperto di politica internazionale, ma per quanto mi pare di capire sono d’accordo con questo articolo (io personalmente non nutro più alcuna fiducia nella possibilità di vedere segnali di vita intelligente da parte della sinistra italiana, Manifesto compreso, ma questo potrebbe un mio pregiudizio).

  • Gian Marco Martignoni

    Per chi ha letto Project 2025 in nuovo documento ” trumpiano” si muove nel solco tracciato dalle Fondazioni che elaborano , a seconda delle stagioni, il pensiero conservatore e reazionario della destra americana. Solo la follia suicida di una ” sinistra” prona ai dettati dell’atlantismo più becero, poteva pensare che la Russia di Putin crollasse come negli anni’90 fece l’ubriacone Yelstin .La Russia è un attore globale, piaccia o non piaccia, come d’altronde lo è la Cina con la Via della seta, e quindi gli Usa si regolano di conseguenza, in ragione del fatto che dipendono, oltre che per il 30% del debito , dal 90% delle terre rare . Così come, al di là dell’Ucraina e dell’Europa, è proseguito il commercio del materiale nucleare tra Russia e Usa in questi anni di esecrando conflitto. ‘ Un conto poi è la retorica dei documenti, un conto la realtà concreta, tanto che prosegue la info-guerra contro Cuba ( si veda Le Monde Diplomatique di novembre ) da parte americana, nel mentre per la risorsa petrolio il Venezuela è di nuovo nel mirino degli appetiti delle multinazionali a stelle e strisce. In quanto all’Europa ogni sua credibilità è ormai più che defunta, non avendo giocato l’arma della diplomazia nella guerra per procura in Ucraina da parte degli Usa, che nel loro stile hanno testato – Palantir docet – nuovi sistemi d’attacco per le guerre future.Nata come Unione puramente monetaria, con un Direttorio sostanzialmente anti-democratico, ora l ‘Europa tanto vagheggiata muore socialmente con il suo riarmo, e l’accondiscendenza dei residuati delle ex-socialdemocrazie.

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