Pensioni sotto ricatto: nuovo furto silenzioso contro chi lavora
di Mario Sommella (*)
Mentre il governo annuncia con toni sobri ma decisi l’imminente riforma del sistema previdenziale, ciò che si profila all’orizzonte non è una tutela del diritto alla pensione, bensì l’ennesimo scippo mascherato da opportunità. Si tratta di un’operazione chirurgica di smantellamento che tocca nervi scoperti: TFR, pensione integrativa, età pensionabile, usura del lavoro e dignità dell’anzianità. Tutto in nome del vincolo esterno dell’austerità e del profitto finanziario.
- Un copione già visto: tagliare i diritti per finanziare la guerra
La manovra che si delinea per la prossima legge di bilancio non è ancora nera su bianco, ma le linee guida sono già chiare: meno spesa sociale, più fondi destinati a difesa, sicurezza e incentivi a imprese “strategiche”. In altre parole: si tolgono risorse ai pensionati di domani per comprare armi oggi.
Il vincolo dell’austerità imposta dall’Unione Europea continua a dominare la politica economica italiana, senza alcuna opposizione reale. L’attuale centrodestra, come i governi precedenti, si piega docilmente al diktat del contenimento della spesa pubblica, colpendo in primis la previdenza. La riforma che si annuncia non nasce da un’urgenza sociale, ma da una scelta politica: spingere verso la privatizzazione del sistema pensionistico.
- Il doppio inganno: TFR usato come salvagente o cavallo di Troia
Claudio Durigon, sottosegretario al Lavoro e già protagonista di altre uscite discutibili sul fronte previdenziale, propone una misura “salvifica”: utilizzare il Trattamento di Fine Rapporto per integrare le pensioni future, così da raggiungere una soglia dignitosa e, magari, anticipare l’età pensionabile.
Peccato che sia un finto salvagente. Il TFR è una retribuzione differita, frutto del lavoro già svolto. Destinarlo alla pensione significa obbligare i lavoratori a rinunciare oggi a un capitale che potrebbe servire per acquistare una casa, avviare un’attività, sostenere un familiare in difficoltà. In pratica, si fa leva sulla povertà previdenziale per giustificare un baratto ingannevole: ti do una pensione decente, ma rinunci a ciò che ti spetta.
La ministra Calderone va oltre: il TFR va direttamente incanalato nei fondi pensione complementari. Una scelta che nasconde ben altri interessi.
- Previdenza complementare: una trappola dorata per la finanza
L’Italia, a differenza di altri Paesi europei, non ha mai visto decollare il sistema di previdenza complementare. E per buone ragioni: instabilità dei mercati, bassi rendimenti, scarsa fiducia, soprattutto tra i lavoratori più precari. Chi vive con mille euro al mese non è interessato a scommettere il proprio futuro sulle fluttuazioni della borsa.
Eppure, il governo insiste. Perché? Perché quei fondi rappresentano un canale privilegiato per iniettare liquidità nel sistema finanziario in crisi. Oggi, i fondi pensione valgono circa 215 miliardi di euro in Italia. Una torta troppo appetitosa per essere ignorata.
Alcuni fondi sono “negoziali”, gestiti da sindacati e associazioni di categoria. Ma molti altri sono fondi privati, che investono in strumenti ad alto rischio e dipendono direttamente dall’andamento dei mercati globali. Legare la sopravvivenza di milioni di lavoratori a queste dinamiche significa trasformare la pensione in un prodotto speculativo.
- Età pensionabile e lavori usuranti: l’ennesima beffa in arrivo
Nel 2027, l’età pensionabile raggiungerà i 67 anni e 3 mesi, grazie al meccanismo automatico della Legge Fornero, che la lega all’aspettativa di vita. Una scelta che ignora totalmente le diseguaglianze sociali e le condizioni materiali di chi lavora nei settori più logoranti: edilizia, sanità, logistica, agricoltura, industria pesante.
Le cosiddette “quote” e “opzioni” che il governo periodicamente riformula sono solo cerotti temporanei, spesso a carico del lavoratore. Opzione Donna è ormai svuotata. L’Ape Sociale è limitata a pochi casi specifici. Per il resto, l’uscita anticipata è riservata a chi può permettersi di rinunciare a buona parte dell’assegno.
Ancora una volta, il messaggio è chiaro: sopravvive chi può, gli altri lavorino fino allo sfinimento.
- Sindacati in bilico e il pericolo del conflitto d’interessi
Il governo promette di “concertare” la riforma con i sindacati. Ma questa volta il tavolo potrebbe essere truccato. Infatti, diversi fondi pensione complementari sono gestiti proprio da organizzazioni sindacali. Una riforma che favorisce quei fondi potrebbe rappresentare un incentivo per alcune sigle ad accettare compromessi dannosi per la base.
Siamo davanti a un conflitto d’interessi strutturale, che mina la credibilità di chi dovrebbe difendere i lavoratori. Chi garantirà che non vengano svenduti i diritti in cambio di qualche vantaggio istituzionale?
- Uno scenario già visto: dal modello cileno alla trappola italiana
Non serve andare troppo lontano per vedere dove porta questo modello. In Cile, la dittatura di Pinochet introdusse un sistema pensionistico totalmente privatizzato, affidato a fondi gestiti da banche e multinazionali. Oggi, milioni di pensionati cileni vivono in povertà assoluta, con assegni ridicoli dopo una vita di contributi.
L’Italia sta seguendo una traiettoria simile, ma più subdola. Non con un colpo di Stato, ma con il “ricatto della sostenibilità”. Le parole d’ordine sono sempre le stesse: flessibilità, responsabilità individuale, scelta consapevole. In realtà, è l’abbandono progressivo della previdenza pubblica come diritto collettivo e flussi di capitali che finiscono nelle mani dei soliti predatori capitalisti.
Riprenderci il futuro, prima che ce lo vendano
La pensione non è un favore, né un premio. È salario differito. È un diritto costruito con anni di contributi, lavoro, sacrifici. Trasformarla in un prodotto di mercato significa spezzare il patto sociale su cui si regge la democrazia repubblicana.
Il governo Meloni, come i suoi predecessori, porta avanti la svendita sistematica del welfare, sostituendo i diritti con bonus, le certezze con scommesse, la solidarietà con il profitto.
Serve un’alternativa chiara, netta, radicale. Una proposta che rimetta al centro la previdenza pubblica, che abolisca la Legge Fornero, che introduca un sistema di pensione minima garantita per tutti, sganciato dal solo contributivo e fondato sul reddito universale. Perché il lavoro non può essere la condanna a morte del corpo, e la vecchiaia non può essere una roulette.
FONTI CONSULTATE
• ISTAT, Rapporto annuale 2024
• COVIP, Relazione annuale sulla previdenza complementare 2025
• OCSE, Pensions at a Glance – Italia 2024
• Ministero del Lavoro, Documento di Economia e Finanza 2025
• Il Sole 24 Ore, “Riforma pensioni, le ipotesi allo studio”, agosto 2025
• Openpolis, “Quanto spendiamo per le pensioni rispetto agli altri paesi europei”
• Fondo Monetario Internazionale, Country Report Italy 2024
(*) ripreso da «Un blog di Rivoluzionari Ottimisti. Quando l’ingiustizia si fa legge, ribellarsi diventa un dovere»: mariosommella.wordpress.com
LE DUE VIGNETTE – di Altan – SONO SCELTE DALLA REDAZIONE DELLA “BOTTEGA”