Philip Dick, ESEGESI 12

«Nel cuore della notte» di Giuliano Spagnul

Angel Archer è il primo personaggio che assurge al ruolo di protagonista nell’ultimo dei romanzi di Dick, l’opera ‘testamento’ La trasmigrazione di Timothy Archer. Angel, per Gabriele Frasca, è la “coscienza infelice” che non solo saprà divincolarsi dalla “struttura delirante” creata dall’ossessiva ricerca della “verità vera” da parte dell’ultimo Dick, ma che saprà anche offrire “al proprio autore, attraverso un esplicito flusso di pensieri, l’occasione, prima che la morte lo metta a tacere per sempre (…), di una straordinaria consapevole confessione”1. Quello che in sostanza Frasca ci dice della confessione di Dick tramite Angel è che tutta questa ossessiva ricerca del vero altro non è che un “pacco” (a packaged fraud)2 e che questa “fame” di assoluto è ciò che rende la vita non vissuta e quindi inutile. L’ultimo romanzo, come lascito dickiano, si presenta perciò nella forma di monito a non seguire le sue orme; un romanzo dipinto “col pennello del Flaubert più acido, quello di Bouvard et Pécuchet per intenderci” che raccontando dei rotoli del Mar Morto e “della misteriosa setta dei zadochiti, finisce col diventare l’ennesima ‘idea prevalente’ che consegna, col dovuto anticipo, gli ‘stupidi’ alla morte”3. Quel che sembra possa desumersi da questa articolata e stimolante critica di Frasca è che l’ultimo Dick, quello di Valis (ma anche di conseguenza tutta quella vena di ricerca sulla ‘verità’ che attraversa l’intera sua opera) altro non è che la dimostrazione dello spreco di un’esistenza vissuta nella ricerca del motivo del nostro esistere e patire. Un fallimento che si salva in extremis con questo testamento confessione che consente di ribaltare la sentenza su tutto questo lavorio intellettuale rivedendolo come una sorta di antidoto (Ubik), capace di smontare il grande sciocchezzaio delle futili parole e permettendo così di “avere il coraggio di assumere ciò che va assunto, e poi, con altrettanto coraggio, in un’epoca in cui la massiccia dose di informazioni ci arreda costantemente la vita coartandoci al passato ‘narcisistico’ (…) espellere tutto il resto”4. Ma ora che abbiamo a disposizione l’Esegesi, anche se solo in forma parziale, possiamo renderci conto che la febbricitante ricerca dickiana non termina col testamento di Archer; lo sciocchezzaio dei Bouvard et Pécuchet continua, come continua la vita e, forse, quest’ultima continua proprio perché caparbiamente non si vuole accettare di “espellere tutto il resto”. In altri termini: se fosse possibile espellere dalla vita ciò che non serve cosa rimarrebbe? “Nel cuore della notte ho avuto un’intuizione straordinaria”(1240).

NOTA 1: Gabriele Frasca, “Come rimanere rimasti”, in Trasmigrazioni. I mondi di Philip K. Dick, a cura di V. M. De Angelis e U. Rossi, Le Monnier, Firenze 2006 p. 251 (lo stesso testo ampliato in: G. Frasca, L’oscuro scrutare, Meltemi, Roma 2007)

NOTA 2: ivi, p. 249

NOTA 3: ivi, p.251

NOTA 4: ivi, p. 258

Tra 7 giorni: Esegesi 13 – «Oh Ho, Oh On»

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