Povere banche, costrette a versare l’oro alla patria

di Gianluca Cicinelli

Non bastava l’inflazione, la BCE cattiva e i tassi “troppo bassi per troppo tempo”. Ora, le nostre eroiche banche, già provate dal dramma dei profitti record, sono costrette dal governo a fare il sacrificio supremo: versare qualche miliardo per la manovra, come i nonni nel ’36 con l’oro alla patria. Poverine.

Il governo Meloni si presenta con la ciotola in mano davanti ai forzieri di Intesa, UniCredit e compagnia cantante: “Dateci qualcosa, dobbiamo tagliare le tasse”.
E loro, col fazzoletto alla gola, pronti al martirio: “Va bene, ma solo se lo chiamate contributo volontario, mica tassa”.
Perché le parole contano, soprattutto quando si tratta di far pagare i forti fingendo che sia per il bene comune.

In realtà, non c’è nessuna rivoluzione sociale, nessun Robin Hood in vista. È la solita partita di giro: lo Stato chiede, le banche trattano, poi magari spalmano il “sacrificio” sui mutui, sulle commissioni, o su qualche conto corrente. Alla fine, paga sempre lo stesso: chi la banca la subisce.

I comunicati ufficiali parlano di solidarietà, di “responsabilità sociale del sistema creditizio”.
La verità è che, dopo anni di extraprofitti e dividendi d’oro, staccare un assegno da qualche miliardo per salvare la faccia di una manovra in affanno è il minimo sindacale. Ma anche questo, nel Paese dove il potere finanziario si presenta come vittima, diventa un atto eroico.

E così, mentre i governi si inginocchiano davanti ai mercati e fanno la voce grossa solo con chi non ha casa o lavoro, oggi applaudiamo le banche per il loro “nobile gesto”.
Dopo tutto, in Italia la compassione è selettiva: vale per i potenti, mai per chi finisce sfrattato o sotto sfratto.

Oro alla patria, sì — ma senza mai toccare i forzieri veri.

https://diogenenotizie.com/povere-banche-costrette-a-versare-loro-alla-patria/

 

redaz
una teoria che mi pare interessante, quella della confederazione delle anime. Mi racconti questa teoria, disse Pereira. Ebbene, disse il dottor Cardoso, credere di essere 'uno' che fa parte a sé, staccato dalla incommensurabile pluralità dei propri io, rappresenta un'illusione, peraltro ingenua, di un'unica anima di tradizione cristiana, il dottor Ribot e il dottor Janet vedono la personalità come una confederazione di varie anime, perché noi abbiamo varie anime dentro di noi, nevvero, una confederazione che si pone sotto il controllo di un io egemone.

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