Roma: i residenti cacciano famiglia rom da casa Comune

di Massimo Pasquini (*)

A Roma, nei giorni scorsi, si è assistito alla cacciata di una famiglia rom che, da assegnataria, doveva entrare in una casa popolare nel quartiere di Villa Gordiani.

I residenti nei lotti di case popolari del quartiere, attraverso un sit-in, hanno impedito l’entrata di una famiglia rom con due figli nell’appartamento loro assegnato dal Comune di Roma.

Gli slogan uditi durante il sit-in sono quelli soliti, tipo: “Le case agli italiani” oppure “Fuori dai nostri quartieri”. Alcuni partecipanti avrebbero dichiarato che la protesta non era contro la famiglia assegnataria, ma mirava a denunciare una situazione al limite della sopportazione, su cui le istituzioni devono attivarsi. Sta di fatto che la famiglia rom assegnataria ha dovuto lasciare l’alloggio.

Quanto accaduto a Villa Gordiani non è il primo caso e probabilmente non sarà l’ultimo. Ci porta a interrogarci, perché sarebbe troppo facile bollare l’episodio come un atto razzista o fomentato da organizzazioni di estrema destra, anche se dobbiamo fare i conti anche con questo.

Credo che, una volta per tutte, dovremmo uscire dagli stereotipi e affrontare la questione. Anzi, le questioni che stanno dietro questi atti.
La prima questione è quella della “casa agli italiani”, quando a Roma ci sono, ad oggi, oltre 16.000 famiglie in graduatoria e il Comune acquista in quattro anni 208 appartamenti, forse altri 1.500 nell’ultimo anno e mezzo di consiliatura. Appare evidente la sproporzione tra domanda e offerta. Anche se il Comune acquistasse gli ulteriori 1.500 alloggi, solo una famiglia su dieci ce la farà nei prossimi tre anni.

Tenuto conto che Roma Capitale, ormai da anni, non assegna le case in base alla graduatoria ma in base alla metratura dell’alloggio e alla consistenza del nucleo familiare avente diritto, e se sommiamo il fatto che la gran parte dei pochi alloggi assegnati – a dire la verità – sono quelli di risulta, ovvero i più vecchi e anche più grandi, appare normale che l’assegnazione in gran parte si rivolga ai nuclei familiari più consistenti, ovvero quelli dei migranti e dei rom.

Quindi, un primo aspetto è l’assoluta insufficienza di case popolari che, a sua volta, genera un conflitto evidente che l’Amministrazione comunale non sa affrontare né gestire.

Le assegnazioni di case popolari non possono essere avulse dal contesto in cui sono ubicati gli alloggi e, soprattutto, conoscendo l’impatto di assegnazioni che si rivolgono a famiglie rom e migranti, non basta dare appuntamento per la consegna delle chiavi, magari con qualche vigile urbano a contorno, e chi s’è visto s’è visto. Questa modalità poi deflagra, come successo anche a Villa Gordiani, dove i residenti parlano di risse, sversamenti di rifiuti, discariche abusive.

Proprio a fronte di assegnazioni problematiche credo che dovrebbe esserci, da parte del Comune, una modalità efficace di accompagnamento sociale. Per esempio, far conoscere queste famiglie rom o migranti al quartiere prima dell’effettiva assegnazione, magari in un momento conviviale nel quale la conoscenza reciproca possa agevolare e facilitare l’inserimento. Ad oggi questo non avviene e il risultato è che la famiglia rom o migrante deve spesso rinunciare, con il Comune che si ferma alla deplorazione dell’accaduto.

Un altro aspetto, che è anche alla base di certi rigetti, sono le condizioni di degrado dei quartieri a forte presenza di case popolari, quartieri in cui spesso i servizi più elementari sono ai minimi termini. Questo mentre le famiglie dei quartieri popolari assistono a programmi di rigenerazione urbana di tipo privatistico, ammantati di interesse pubblico, che generano forti ricavi ai privati: vedi la questione degli studentati di lusso, vedi i programmi sull’area ex Fiera di Roma o sull’ex area dei Mercati generali.

Programmi di rigenerazione urbana privati, coperti da una narrazione fantasmagorica sulla vivibilità e sulla qualità della vita. Una qualità della vita che chi vive nella gran parte dei quartieri di edilizia residenziale pubblica non vede neanche alla lontana.

Sì, quanto accaduto, per l’ennesima volta, dovrebbe aprire un ragionamento approfondito su tre assi: a) aumento congruo della disponibilità di case popolari; b) accompagnamento sociale nelle assegnazioni, in particolare quelle che coinvolgono famiglie rom e migranti; c) miglioramento sostanziale, e non solo di facciata, della qualità della vita nei caseggiati di case popolari. Non sono atti esaustivi della problematica, ma sarebbero un inizio.

Al momento nessuna di queste tre cose si vede nell’agenda del Comune di Roma, se non in minima parte, troppo poco rispetto ai faraonici progetti di rigenerazione urbana appaltata ai privati. Le periferie attendono che il Comune applichi l’interesse pubblico anche a loro.

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(*) ripreso da https://diogenenotizie.com .

Massimo Pasquini è stato a lungo segretario nazionale dell’Unione Inquilini

QUESTA VIGNETTA, scelts dalla redazione, è rubata ad ALTAN.

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Un piede nel mondo cosiddetto reale (dove ha fatto il giornalista, vive a Imola con Tiziana, ha un figlio di nome Jan) e un altro piede in quella che di solito si chiama fantascienza (ne ha scritto con Riccardo Mancini e Raffaele Mantegazza). Con il terzo e il quarto piede salta dal reale al fantastico: laboratori, giochi, letture sceniche. Potete trovarlo su pkdick@fastmail.it oppure a casa, allo 0542 29945; non usa il cellulare perché il suo guru, il suo psicologo, il suo estetista (e l’ornitorinco che sonnecchia in lui) hanno deciso che poteva nuocergli. Ha un simpatico omonimo che vive a Bologna. Spesso i due vengono confusi, è divertente per entrambi. Per entrambi funziona l’anagramma “ride bene a librai” (ma anche “erba, nidi e alberi” non è malaccio).

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