Sci-Fi: per non perdere la rotta #5

di K. G. Sage

Come anticipato, in questa puntata ci avventuriamo nell’esplorazione della Fantascienza ibrida e dello Slipstream.

Innanzitutto è bene precisare che in questo contesto con il termine “ibrido” si fa riferimento a quelle categorie di opere che presentano, al contempo, caratteristiche tipiche della Fantascienza e di altri generi letterari. Non parliamo di leggera contaminazione ma di profonda commistione.

L’esempio più classico è probabilmente il New Weird, sottogenere che amalgama ingredienti Fantasy, Sci-Fi e talvolta anche Horror.

Possibile successore del Weird di H. P. Lovecraft – sottogenere, quest’ultimo, privo di elementi Fantasy – è spesso confuso con la Bizzarro Fiction, letteratura di mero svago “illogica”, “assurdista” e dissacrante con cui condivide il carattere di strano, di eccentrico. Il New Weird tuttavia offre letture più sofisticate, mai incoerenti.

Strano quindi è l’aggettivo che meglio lo descrive. Perché? Provate a immaginare: come definireste un romanzo Steampunk ambientato in un mondo fantastico, a volte alieno, in cui la magia va a braccetto con la tecnologia degli ingranaggi e del vapore? Un mondo popolato da creature fantastiche, mitologiche magari, e razze immaginarie?

E strano infatti è la traduzione letterale del termine anglosassone weird.

Se molti autori lo reputano una stravagante evoluzione del Fantasy, buona parte della critica, sostenuta da diversi autori, lo considera invece Science Fantasy. Niente di nuovo, pertanto.

Chi avrà ragione? Potete esprimere la vostra opinione nei commenti, se vi va.

Nell’attesa di scoprirlo vi segnalo…?  (La titubanza è dovuta al fatto che – OPINIONE PERSONALE – le opere di questo singolare sottogenere non favoriscono la trascendenza.)

Beh, parlando di New Weird diciamo che il primo nome a saltare fuori nelle conversazioni fra “addetti ai lavori” è China Miéville, e quindi la sua serie del Bas-Lag, mondo immaginario che fa da sfondo a tre romanzi autoconclusivi dell’autore inglese: Perdido Street Station, opera del 2000 edita in Italia nel 2003 con lo stesso titolo; The Scar, edizione in lingua originale del 2002 tradotta in italiano due anni dopo con il titolo La città delle navi; e Iron Council, che nel 2004 si unisce ai precedenti e la cui versione nostrana del 2005 è titolata Il treno degli dèi.

Citavamo lo Science Fantasy come possibile destinazione delle opere che rientrano nella categoria di cui sopra. Anche in tal caso scienza e magia, tecnologia e mito coesistono nelle pagine della medesima opera letteraria (e anche in tal caso la mia personale capacità di beneficiare di quel meraviglioso meccanismo noto come sospensione dell’incredulità viene messa a dura prova).

Con buona pace – o per il diletto – del lettore, spade incantate e portali magici che conducono a immaginifici mondi remoti dividono le scene con macchine volanti, robot senzienti e creature leggendarie. Una miscellanea di elementi talmente esotica da risultare allucinatoria.

Questa volta non citerò alcun romanzo. Certo di suscitare un sentimento di nostalgia nei nerd che negli anni ’80 portavano ancora i calzoni corti riporto alle cronache una serie animata USA diretta da Ed Friedman e Lou Kachivas prodotta per fare da traino alle figures della Hasbro ideate da Roger Swift e Donald F. Glut: He-Man and the Masters of the Universe (He-Man e i Dominatori dell’Universo) andata in onda per la prima volta negli anni 1983-84.

La mia generazione ricorderà la trasformazione che il Principe Adam alias He-Man attuava servendosi di una doppia spada – magica una delle due componenti, tecnologica l’altra – accompagnato nella lotta contro il perfido Skeletor dalla fida tigre/cavalcatura Cringer, che grazie, ancora una volta, alla superba spada trasfigurava in Battle-Cat. Così come ricorderete che le avventure dei protagonisti avevano luogo su Eternia, un pianeta in rotazione sincrona – quindi con una faccia perennemente illuminata, l’altra sommersa in una notte senza fine – popolato da uomini-serpente, draghi senzienti, uomini falco e altre creature fantastiche.

Conclusa l’operazione nostalgia passiamo al Techno-Thriller, genere nel quale Thriller, Fantascienza e Spionaggio si amalgamano perfettamente.

Ambientazione temporale prossima al presente, tecnologia bellica futuribile e livelli maniacali di suspense sono gli elementi dominanti del genere. Azione, colpi di scena e atmosfere da teoria del complotto tengono il lettore incollato alle pagine fino all’epilogo. Gli autori di Techno-Thriller si distinguono per l’abilità di comporre romanzi che stimolano gli appassionati a leggerli tutto d’un fiato.

Ne è un buon esempio The hunt of Red October (La grande fuga dell’Ottobre Rosso, 1988), valido lavoro del 1984 di Tom Clancy utilizzato come soggetto dal regista John McTiernan per girare nel 1990 il film The hunt for Red October (Caccia a Ottobre Rosso).

Altri generi che, a seconda della struttura narrativa, possono anche rientrare nella categoria degli ibridi sono lo Spy-Fi, sottogenere composito che include molteplici influenze, e l’Ucronia, per molti versi un meticcio Storico-Fantascientifico. Di entrambi abbiamo parlato nella quarta puntata.

Nota: l’articolo non include l’Avantpop poiché si tratta di un movimento e non di un genere letterario. Per gli interessati che volessero cimentarsi con una lettura a tema propongo Gun whit occasional music, romanzo del 1994 a firma Jonathan Lethem approdato negli scaffali delle librerie di casa nostra soltanto nel 2002 con un titolo che troverete assai curioso: Concerto per archi e canguro. I connotati sono quelli della Science Fiction e dell’Hard Boiled. La matrice stilistica è spiccatamente dickiana e chandleriana.

Veniamo allo Slipstream. Cominciamo col chiarire che Slipstream è un termine macedonia nato dall’unione tra il verbo to slip (scivolare) e il sostantivo stream (corrente).

Agli amanti dell’aneddotica piacerà sapere che a coniarlo fu nientemeno che Bruce Sterling nell’atto di definire un nuovo tipo di letture esordito alla fine degli anni ottanta che scivolava, si inseriva, fra la corrente principale e la letteratura cosiddetta di consumo.

Di poco antecedente al New Weird, con il quale ha una stretta affinità, lo Slipstream si presenta surreale e avanguardista (nessuna attinenza con il fascismo, beninteso!).

Assolutamente anticonvenzionale, con un piede nella Fantascienza e uno nel Fantasy, non è narrativa mainstream, non è narrativa di genere. Un perfetto manifesto dell’incollocabilità. Scivola tra i generi da surfista esperto contaminandosi ora dell’uno ora dell’altro, pur conservando l’urgenza innovativa che ne fa specie a sé stante. La regola è che vale tutto: misticismo, soprannaturale, paradosso, realismo magico e finanche iperrealtà. Quanto più è stravagante, atipico, tanto più è probabile che sia Slipstream.

Veniamo alla lettura.

Come si rimedia qualcosa che si sa bene che cosa non è ma non si ha un’idea precisa di che cosa possa essere?

Andando per esclusione!

E dopo averne esclusi non meno di un migliaio – giuro! – mi sono risolto a designare… una pellicola.

Niente potrebbe definire lo Slipstream meglio di Alice through the looking glass, pellicola del 2016 diretta da James Bobin (la trasposizione doppiata in lingua italiana è titolata Alice attraverso lo specchio) che niente ha a che vedere con il romanzo di Lewis Carroll  – pseudonimo di Charles Lutwidge – Through the looking-glass and what Alice found there (1871) tradotto con un ritardo di settantasei anni anche in lingua italiana con il titolo Viaggio attraverso lo specchio, e in molte edizioni successive variando leggermente il titolo di volta in volta.

Un’ultima considerazione: come di certo vi sarete resi conto, i filoni e le correnti trattati in questo ambito hanno in comune la caratteristica di rappresentare la tendenza contemporanea della Fantascienza, che può piacere oppure no.

Cosa ne pensate di questo nuovo orientamento? Preferite una Fantascienza più classica?

A UN PROSSIMO MARTE-DI’

Redazione
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