Scor-data: 11 aprile 1890

Muore Joseph Merritt, che fu per tutti «Elephant Man»

di Fabrizio «Astrofilosofo» Melodia (*)  

«Io non sono un elefante, non sono un animale! Sono un essere umano, un… uomo»: così lo sfogo disperato di Joseph Merrick.

La realtà è più strana della finzione. Assolutamente, duramente. Spesso i nostri sensi hanno palesi difficoltà ad adeguare la fantasia alla brutalità del reale, all’empirismo estremo cui il nostro intelletto deve comunque adeguarsi. Ecco dunque il vero problema della difformità, una questione concreta, pesante, vitale che non ammette repliche o facili scappatoie.

Nel 1980, il regista David Lynch realizzò un film che avrebbe fatto epoca, proiettandolo fra mille polemiche, una pellicola che avrebbe lasciato un segno. «The Elephant Man» è tratto rispettivamente dai libri «The Elephant Man and Other Reminiscences» di sir Frederick Treves e «The Elephant Man: A Study in Human Dignity» di Ashley Montagu (che fu un antropologo decisamente controcorrente rispetto ai suoi tempi) e narrava le vicende di una persona realmente esistita, Joseph Merrick, nato a Leicester il 5 agosto 1862, con due fratelli entrambi più giovani e sani.

Joseph era affetto da una malattia rarissima, neurofibromatosi cistica, il volto completamente deformato in bubboni informi, come per quasi tutto il corpo, tranne i genitali e il braccio sinistro.

Da piccolo subì anche una brutta caduta che lo costrinse a vivere storpio per una gamba fratturata e mai risanatasi, visto che la famiglia, essendo povera, non aveva potuto pagargli le cure mediche.

La madre, Mary Jane, morì quando Joseph aveva appena 11 anni e la matrigna non lo volle tenere con sé, cacciandolo di casa.

Visse da senza tetto, sopravvivendo a stento, vendendo lucido da scarpe come ambulante. Purtroppo la sua deformità aveva appena iniziato a richiedere il suo abnorme prezzo. Joseph Merrick era continuamente infastidito dai bambini del vicinato con scherzi crudeli, beffandosi in continuo della sua malformazione.

A parte occasionali attività da venditore per strada, Merrick fu perennemente disoccupato, trovando infine lavoro come fenomeno da baraccone in un circo, in uno di quei Freak Show (spettacoli degli «scherzi di natura») allora molto diffusi e dei quali Tod Browning regalò una raggelante rappresentazione in «Freaks», un film terribile quanto geniale del 1933.

Il destino e la finzione – è cosa nota – sono forniti di un bizzarro ma concreto senso dell’ironia: in quel circo Joseph Merrick trovò una famiglia e condusse una vita decente, arrivando persino ad accumulare una piccola somma di denaro che gli permise una certa sicurezza e serenità.

Nel 1886, in tutto il Regno Unito, fu emanata una legge che dichiarava i Freak Shows totalmente fuorilegge. Così Merrick si ritrovò sul marciapiede a mendicare, fino a quando non trovò un lavoro simile in Belgio: ma qui la “fortuna” gli voltò le spalle, venne maltrattato e abbandonato dal presentatore dello spettacolo.

Riuscì rocambolescamente a tornare a Londra, deperito e gravemente ammalato, ormai del tutto perduto nella grande città e dinanzi alla vita.

Fra un colpo di tosse, causata da una virulenta infezione bronchiale, e l’altro conobbe alla stazione ferroviaria di Londra Frederick Treves, medico all’ospedale di Whitechapel, divenuto in seguito il Royal London Hospital. Treves, colpito nel profondo dalle vicende di Merrick, decise che quella povera creatura dovesse smettere di soffrire per la propria malformazione, procurandogli in breve tempo un letto permanente in ospedale. Fu probabilmente l’unica persona che provò un sincero affetto per Joseph Merrick, donandogli in questo modo gli anni più sereni della sua esistenza.

Divenne persino una sorta di celebrità presso l’alta società vittoriana e addirittura un “favorito” della regina Vittoria.

Il dottor Treves testimoniò, in seguito, che Joseph desiderò sempre, anche dopo essersi stabilito nel Royal London Hospital, di trasferirsi in un istituto per ciechi: sperava in questo modo di trovare una donna che non fosse spaventata dal suo aspetto.

L’infelice cercò sollievo nella scrittura, con componimenti sia in prosa che in poesia. Venne curato in ospedale fino alla morte avvenuta l’11 aprile 1890, all’età di 27 anni:

morì a causa di un soffocamento, apparentemente accidentale, durante il sonno.

Merrick era impossibilitato a dormire orizzontalmente a causa del peso della testa e quindi era costretto a giacere seduto con la schiena sorretta. Si è avanzata l’ipotesi (ripresa nel film di Lynch) che, nella notte del decesso, Joseph abbia tentato intenzionalmente di dormire disteso cioè nella stessa posizione usata dalle persone care a lui più vicine. Il suo scheletro è conservato tuttora al Royal London Hospital per motivi scientifici.

Gli studi sulla sua malattia furono proficui, tanto da poter stabilire effettivamente di quale tremendo morbo fosse affetto Joseph Merrick. Dall’ipotesi fino a poco tempo prima più accreditata – neurofibromatosi cistica (definita nel 1971 da Ashley Montagu, un’anomalia genetica nota anche come morbo di von Recklinghausen) – si arrivò nel 1979 agli studi di Michael Cohen, il quale identificò per primo uno stato morboso che, nel 1983, fu chiamato d Rudolf Wiedemann “Sindrome di Proteo”. Nel 1986 venne dimostrato che quella era la malattia di cui soffriva Merrick. A differenza della neurofibromatosi, questa sindrome (prende il nome dal dio Proteo, capace in ogni momento di mutare forma) non colpisce i nervi ed è sporadica piuttosto che ereditaria. Nel luglio 2003, la dottoressa Charis Eng annunciò, come risultato di test eseguiti su campioni di Dna prelevati da ossa e capelli di Merrick, che egli soffrì certamente di tale sindrome e che avrebbe potuto avere anche la neurofibromatosi del tipo I.

Il suo gene Pten, che nella sindrome è spesso mutato, appare normale.

Ecco dunque il termine fondamentale, “normale”.

La Ragione umana, troppo spesso, ritiene se stessa come l’unico e autentico vertice della conoscenza e tutto ciò che non rientra nelle categorie con cui la nostra mente forma la realtà, non trova spazio se non con la rimozione forzata e violenta. Per dirla con le parole di Joseph Merrick: «Gli uomini hanno paura di ciò che non capiscono».

Proprio perché gli esseri umani tendono a negare il carattere caotico e diveniente della realtà, tentando di imprigionarla in schemi di ragione, quasi una nuova divinità creatrice. Purtroppo sono proprio queste malattie e deformazioni a far capire alla ragione che il mondo non è un suo prodotto e che anzi essa deve formarsi puro occhio in vista di altro. Un’avventura che le creature informi compiono ogni giorno della loro vita.

(*) Ricordo – per chi si trovasse a passare da qui per la prima volta – il senso di questo appuntamento quotidiano. Dall’11 gennaio 2013, ogni giorno (salvo contrattempi sempre possibili) troverete in blog a mezzanotte e un minuto una «scordata» – qualche volta raddoppia, pochi minuti dopo – di solito con 24 ore circa di anticipo sull’anniversario. Per «scor-data» si intende il rimando a una persona o a un evento che per qualche ragione il pensiero dominante e l’ignoranza che l’accompagna dimenticano o rammentano “a rovescio”.

Molti i temi possibili. Molte le firme (forse non abbastanza per questo impegno quotidiano) e assai diversi gli stili e le scelte; a volte troverete post brevi, magari solo una citazione, un disegno o una foto. Se l’idea vi piace fate circolare le “scor-date” o linkatele ma ovviamente citate la fonte. Se vi va di collaborare – ribadisco: ne abbiamo bisogno – mettetevi in contatto (pkdick@fastmail.it) con me e con il piccolo gruppo intorno a quest’idea, di un lavoro contro la memoria “a gruviera”. (db)

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