La sconfitta della rivoluzione povera di fra Dolcino

di Fabrizio Melodia «Or di’ a fra Dolcin dunque che s’armi, tu che forse vedrà il sole in breve, s’ello non vuol qui tosto seguitarmi, sì di vivanda, che stretta di neve non rechi la vittoria al Noarese, ch’altrimenti acquistar non saria leve.» (Dante Alighieri, «Inferno», XXVIII, 55-60). Così il “sommo poeta” destina Dolcino tra le bolge infernali dei fomentatori

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Mia città, tu che arresti i poeti – di Mark Adin

Telegramma alla amata Sibilla: “Arrestato a Novara vieni a vedermi”. E’ l’undici settembre millenovecentodiciassette. (Dino Campana, “Opere e contributi”, vol. II, Vallecchi) Il grandissimo del secolo scorso, poeta d’impeto, precursore dei beat, alfiere barbaro e fervente sacerdote della lingua più sonora, fermato e rinchiuso perché privo di documenti. Sans papier. Imprigionato perché di identità incerta. Clandestino.

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