Teatro-Legislativo: quando il palcoscenico diventa democrazia
Cooperativa Giolli racconta il progetto COFA ovvero «Community Organising for All»
Immagina un teatro dove il pubblico non è solo spettatore, ma parte attiva della scrittura delle leggi. È questa la forza rivoluzionaria del Teatro-Legislativo, uno strumento partecipativo nato dall’esperienza del Teatro dell’Oppresso ideato da Augusto Boal negli anni ’70. Ce lo racconta la Cooperativa Giolli, il centro italiano di ricerca sul Teatro dell’Oppresso, che da poco ha pubblicato online un’analisi comparata di una decina di esperienze di Teatro-Legislativo nel mondo nell’ambito del progetto COFA Community Organising for All.
Ma partiamo dal principio: il Teatro-Legislativo parte dal presupposto che le persone colpite dalle ingiustizie – gli oppressi – debbano avere voce diretta nel cambiarle, anche a livello legislativo e non solo di dinamiche sociali come avviene con un’altra tecnica chiamata Teatro-Forum.
Il Teatro-Legislativo non è solo uno spettacolo: è un processo collettivo in cui cittadini, istituzioni e comunità si incontrano per trasformare problemi reali in proposte di legge concrete.
Come funziona?
Tutto comincia lì, dove un gruppo di persone si ritrova – giovani senza lavoro, migranti lontani da casa, studenti discriminati, persone con disabilità che lottano contro l’indifferenza. Non sono attori, ma portatori di storie vere. Si siedono in cerchio, si ascoltano, condividono pezzi di vita, ferite e speranze. Da quei racconti nascono le prime battute, le prime improvvisazioni. Si costruisce così una scena, una rappresentazione di problemi reali. È il Teatro-Forum: qui non si resta fermi a guardare, qui il pubblico può entrare, fermare l’azione, provare altre strade, inventare soluzioni.
Quando lo spettacolo è pronto, le sedie si aprono alla comunità. Non è solo un evento, è un invito a guardarsi in faccia: cittadini, vicini di casa, amici e sconosciuti si ritrovano davanti a quella storia, che è anche la loro. Se durante la discussione si capisce che non basta un gesto individuale, che serve cambiare regole, nasce un’altra tappa: il Teatro-Legislativo. A volte si parte già da un tema caldo, una legge in discussione, un regolamento che fa discutere.
Ma non si è soli. A sedere in platea ci sono anche i “Power Rangers” — così li chiama Katy Rubin, attivista americana: politici, funzionari, insegnanti, operatori sociali, attivisti, chiunque abbia voce o potere per cambiare le cose.
Dopo lo spettacolo si apre il vero cuore del processo: l’analisi collettiva. Il facilitatore, chiamato Jolly, guida attraverso delle domande: Chi sta soffrendo qui? Di chi è la responsabilità? Che norme alimentano questa ingiustizia? Che regole vorreste? Le mani si alzano, le idee corrono. Gli attori rispondono in scena, il dibattito si intreccia. Accanto, un secondo facilitatore cattura ogni parola su un grande schermo: tutto resta visibile, nessuno parla a vuoto.
Quando le idee si sono sedimentate, ci si divide in gruppi. È il momento di scrivere: bozze di leggi, proposte di politiche. Non serve che siano perfette, serve che siano vere, che raccontino un bisogno reale, una visione condivisa. Ce lo racconta Armin Staffler che con IterACT ha guidato la scrittura della nuova legge sulla disabilità della Regione Tirolo, in Austria. Poi i “policy rangers” tornano in campo: leggono le proposte, le raggruppano, scelgono quelle che hanno più forza, più possibilità di diventare azione concreta.
Ma non finisce qui. Quelle proposte tornano sotto gli occhi di tutti, proiettate in grande. Chiunque può dire: “Aggiungiamo questo”, “Cancelliamo quello”, “Riscriviamo questa parte”. Si discute, si emenda, si modella. Poi arriva il voto: ognuno alza la mano per dire quale idea ha più urgenza, quale regola nuova potrebbe davvero cambiare la vita di chi ha raccontato quella storia.
E a quel punto i decisori non possono più nascondersi. I policy rangers si alzano, uno a uno dichiarano davanti a tutti quale impegno prenderanno. Non un impegno generico, ma un’azione concreta, da realizzare entro otto settimane.
Due mesi dopo, la scena si riapre. Si torna insieme per capire: cosa è successo? Chi ha fatto cosa? Si scrive un rapporto, lo si diffonde. È la prova che la parola non è rimasta a teatro, ma ha camminato fuori, per strada, nelle istituzioni.
Questo percorso non è solo spettacolo: è democrazia viva. È la dimostrazione che la creatività collettiva può diventare legge, che tutti possono scrivere le regole del gioco. Perché, come diceva Augusto Boal, “tutti possono fare teatro, anche i legislatori”. E oggi possiamo aggiungere: tutti possono fare politica. A partire da una scena.
→ Per leggere tutta la ricerca e scoprire alcune sperimentazioni di teatro legislativo nel mondo, questo è un approfondimento che ti può interessare.
→ Il progetto COFA Community Organising for All è finanziato dall’Unione Europea. Tuttavia, i punti di vista e le opinioni espressi sono esclusivamente quelli dell’autore o degli autori e non riflettono necessariamente quelli dell’Unione Europea o dell’Agenzia esecutiva europea per l’istruzione e la cultura (EACEA). Né l’Unione Europea né l’EACEA ne possono essere ritenute responsabili. Codice progetto: 2022-1-IT02-KA220-ADU-000089128
CREDITI FOTO
La prima e la seconda sono di Tonyc Theatre, la terza è di SpectACT
LE ALTRE DUE IMMAGINI SONO STATE SCELTE DALLA REDAZIONE DELLA “BOTTEGA”,
SUI TEMI CARI A BOAL (e a FREIRE) SEGNALIAMO QUESTI NOSTRI ARTICOLI
Paulo Freire c’è, , Liberazione , Fratt: contro il razzismo armati di teatro e Foresta, amori, violenza, musica e teatro di Massimiliano Filoni e Vanja Buzzini .