Una battaglia dopo l’altra ovvero Pynchon l’invisibile
di Ignazio Sanna
Il recente successo del bel film di Paul Thomas Anderson Una battaglia dopo l’altra (One Battle After Another) del 2025 – https://www.youtube.com/watch?v=uGlcwqplrIg – ha richiamato l’attenzione sullo scrittore americano al cui romanzo Vineland (1990) è ispirata la trama del film, Thomas Pynchon. Oltre che un grande autore Pynchon è anche una specie di mistero visivo. Nato nel 1937, la sua foto più recente conosciuta risale al 1955. Un autentico paradosso nell’epoca in cui tanti (troppi) sono ossessionati dall’idea di apparire in pubblico, e qualunque nullità (l’industria discografica, per esempio, ne conta a decine, forse a centinaia) si considera un/una VIP per il semplice fatto di apparire sui mass media. Quindi, mentre in tanti si affannano per apparire, nonostante la loro pochezza, Pynchon decide di scomparire. Emblematica, e spassosa, la sua apparizione in due episodi dei Simpson con una busta di carta in testa, in cui doppia se stesso, con la sua vera voce (https://www.youtube.com/watch?v=-Ds4OLUDIvg – https://www.youtube.com/watch?v=QcYXWfGt7DY).
Oltre a tanta letteratura critica sulla sua opera esiste anche un documentario su di lui molto interessante, disponibile su YouTube (https://www.youtube.com/watch?v=bwXLDvAk5LA), dal titolo Thomas Pynchon: A Journey Into the Mind of P, realizzato nel 2002 dagli svizzeri Donatello e Fosco Dubini. Il documentario è ricco d’immagini d’epoca e testimonianze di chi ha conosciuto personalmente il misterioso autore americano, come lo scrittore Jules Siegel. Particolarmente appropriato, e coerente, che la colonna sonora sia costituita di brani dei Residents, gruppo sperimentale californiano di cui nessuno conosce l’identità, nemmeno chi li ha visti in esibizioni live (qui l’unico che si vede in faccia è il chitarrista Snakefinger, collaboratore ma non membro ufficiale del gruppo: https://www.youtube.com/watch?v=JYrYS3E4jT0). Il titolo del documentario rimanda a un testo di Pynchon, “A journey into the mind of Watts”, scritto nel 1965 sui disordini razziali di Los Angeles. Come in altri autori (da P.K. Dick a James Ellroy), le vicende politiche e sociali USA spesso fanno da sfondo, o da coprotagonista, alle sue narrazioni, si tratti della controcultura degli anni Sessanta o del periodo della presidenza Reagan. Nel caso poi di Vineland, come si vede anche nel film di Anderson, compaiono anche organizzazioni più o meno segrete di fondamentalisti religiosi di estrema destra (una specie di Comunione e Liberazione al cubo?), di grande attualità anche oggi in quegli USA MAGA in cui il mancato (chissà perché) Nobel per la pace Trump ribattezza Ministero della Guerra quello che si chiamava della Difesa e santifica i seminatori di odio e violenza (più armi per tutti!) purché inequivocabilmente collocati a destra.
L’ambientazione è in gran parte quella dell’America reaganiana, che non è difficile vedere come un’epoca che ha prodotto quella trumpiana, che sembra tendere sempre di più verso una fascistizzazione della società USA (si è arrivati a definire organizzazioni terroristiche quelle antifasciste…). Naturalmente le armi sono onnipresenti (anche in un convento di suore), e le usano un po’ tutti, e ovviamente soprattutto i militari, nel film guidati da Sean Penn, ufficiale razzista e violento a capo di un centro di detenzione. Probabilmente non è un dettaglio secondario che il giovane Pynchon abbia lavorato alla Boeing nel periodo della crisi della Baia dei Porci. Ne resta traccia in un suo scritto di un centinaio di pagine sui sistemi missilistici intercontinentali che doveva servire da manuale per gli operatori del settore. Come nota il critico letterario George Plimpton, il romanzo di esordio di Thomas Pynchon, V. (1963), che all’epoca viveva a Città del Messico, rivela una conoscenza enciclopedica da parte dell’autore. Nel romanzo vengono descritte le varie tappe in giro per il mondo della ricerca di V., personaggio elusivo e fantasmatico. Come lo stesso Pynchon, potremmo dire. La controcultura degli anni Sessanta è parte integrante di The Crying of Lot 49 (L’incanto del lotto 49) (1966), e in particolar modo l’LSD, consumato dagli hippies ma su cui sperimentava anche il governo USA. Lee Harvey Oswald, l’assassino di J.F. Kennedy, era stato un militare di stanza nella base navale di Atsugi, dove per l’appunto veniva sperimentato l’LSD. Thomas Pynchon era stato arruolato nella Marina Militare, ed era coinvolto, a qualche livello, in un programma missilistico, e inoltre aveva frequentato la Cornell University, dove si studiava anche il controllo mentale. Interessante notare come programmi missilistici e sperimentazioni sugli effetti dell’alta pressione atmosferica sugli esseri umani iniziati dai nazisti vengono continuati negli USA dagli stessi scienziati, Wernher von Braun e Hubertus Strughold, cooptati dagli americani.
Nel documentario si racconta anche come quando nel 1974 fu assegnato il National Book Award per la narrativa a Gravity’s Rainbow (L’arcobaleno della gravità) (1973), il suo terzo romanzo, Thomas Pynchon non si presentò alla cerimonia, ma fu ingaggiato l’attore Irvin Corey perché si spacciasse per lui, tenendo anche un discorso di accettazione del premio. In occasione dell’uscita di Mason & Dixon (1997), racconta il giornalista James Bone, che avrebbe voluto intervistarlo, si tenne un party organizzato da un gruppo di fans in cui i partecipanti avrebbero scelto chi tra loro fosse il miglior sosia di Pynchon. Cosa alquanto bizzarra dato che nessuno l’aveva mai visto, se non nella foto in cui aveva diciotto anni. Lo stesso giornalista racconta come riuscì a rintracciarlo, a New York, e a scattargli una foto. Nella stessa occasione è stato girato un breve filmato, mostrato nel documentario, in cui si vede un uomo che molto probabilmente è proprio lui.
In chiusura, una breve nota sulle musiche del film. Al di là della colonna sonora di Johnny Greenwood, in Una battaglia dopo l’altra la scelta delle musiche che accompagnano le scene è davvero buona, il che non è affatto scontato: si spazia tra gli Steely Dan e Ella Fitzgerald, tra Tom Petty and the Heartbreakers e i Jackson Five (!), ma soprattutto c’è il classico di Gil Scott-Heron “The Revolution Will Not Be Televised” (https://www.youtube.com/watch?v=vwSRqaZGsPw).
