Am-mazon che bello sciopero!

di Gianluca Cicinelli. A seguire “Sciopera, divertiti, fai la storia”….

Lunedì 22 marzo 2021 è una giornata storica per il mondo del lavoro. Quarantamila lavoratori di Amazon tra driver, addetti agli hub e ai magazzini sono in sciopero nazionale per 24 ore, proclamato dai sindacati Filt Cgil, Fit-Cisl e Uiltrasporti. Con la speranza che diventi anche uno sciopero del consumo. La proclamazione dell’agitazione è avvenuta in seguito alla rottura delle trattative a livello nazionale sul rinnovo del contratto di secondo livello, che per i lavoratori dovrebbe prevedere la possibilità di verifica dei carichi e dei ritmi di lavoro imposti nella filiera. Addio quindi per un giorno a pacchi e pacchetti consegnati a domicilio ma anche gli utenti possono sostenere questa agitazione in uno dei settori dove si manifesta più che in ogni altro lo sfruttamento 3.0. Rispetto del lavoro, dignità dei lavoratori, sicurezza per chi sta dentro Amazon e per chi usufruisce dei suoi servizi. Questo chiedono per vincere una battaglia di giustizia e di civiltà i lavoratori, domandando ai clienti di Amazon attenzione e solidarietà per chi con turni massacranti e carichi di lavoro spesso insostenibili consente anche durante la pandemia di ricevere comodamente a casa qualsiasi genere di merce a basso costo.

Le condizioni di lavoro negli stabilimenti dell’azienda leader nell’e-commerce non sono note a tutti. Intanto le 44 ore a settimana per i turni dei driver che effettuano le consegne, portando in un giorno fino a 200 pacchi. Ma non è che le cose vadano meglio nei magazzini, dove si lavora in teoria otto ore e mezza con una pausa pranzo di mezz’ora ma senza nessuna verifica dei turni di lavoro, nemmeno nei magazzini di smistamento. L’azienda non vuole un confronto sui ritmi di lavoro imposti e per il riconoscimento dei diritti sindacali come non gradisce nessuna clausola sociale né continuità occupazionale per i driver in caso di cambio fornitore e nessuna indennità contrattata per il covid. Le richieste di chi lavora sono rimaste per ora inascoltate.

Ovviamente Amazon nega le accuse: parla di salari competitivi, di un bonus a titolo di riconoscimento ai dipendenti del settore logistico per il lavoro svolto durante la pandemia, di un una tantum di 500 euro durante la prima fase dell’emergenza e di 300 euro nel mese di dicembre, per i dipendenti impiegati a tempo pieno. Secondo Amazon i dipendenti sono assunti inizialmente al 5° livello del Contratto nazionale Trasporti con 1.550 euro lordi al mese come salario d’ingresso per il tempo pieno a cui si aggiunge un pacchetto di benefit, di cui fa parte l’assicurazione contro gli infortuni. Nega infine di costringere i driver a turni massacranti. Amazon sostiene di essere equa e competitiva nella sua organizzazione del lavoro, trovando spesso appoggio nelle amministrazioni locali dei siti dove sorgono gli stabilimenti; in cambio di occupazione per lavoratori locali i controlli sono spesso generosi verso l’azienda. Soltanto in questa settimana Amazon ha annunciato l’apertura di un nuovo grande centro di smistamento a Cividate al Piano, in provincia di Bergamo per novecento nuovi posto di lavoro a tempo indeterminato e 120 milioni di euro d’investimenti. Secondo i sindacati però l’annuncio, fatto nella settimana dello sciopero, serve soltanto a far distogliere l’attenzione dalle richieste.

Amazon in Italia dà lavoro complessivamente a oltre 9.500 dipendenti a tempo indeterminato, 2600 dei quali assunti nel 2020. Ha più di 40 sedi: presso gli Uffici Corporate di Milano, i Centri di Sviluppo di Torino e Asti; i Data Center in Lombardia; il Servizio Clienti di Cagliari; i Centri di Distribuzione, Depositi di Smistamento e magazzini dislocati sul territorio dal nord al sud Italia, da Torrazza Piemonte fino a Catania. Dal suo arrivo in Italia nel 2010, Amazon ha investito oltre 5,8 miliardi.
Lo scorso anno ha inaugurato due nuovi centri di distribuzione a Castelguglielmo / San Bellino in provincia di Rovigo e a Colleferro nei pressi di Roma. Nel 2021 entreranno in attività i centri di distribuzione di Novara e il centro di smistamento di Spilamberto nel modenese. Ci sono poi i molti centri e depositi (per smistare) in tutta Italia, dove per servire i clienti Amazon Prime Now e Fresh l’azienda dispone di due centri di distribuzione urbani a Milano e Roma. Ma non c’è solo la logistica, nel 2013 Amazon ha inaugurato il Customer Service di Cagliari e gli uffici corporate di Milano che, nel 2017, sono stati trasferiti in un edificio di 17.500 metri quadri a Porta Nuova. Amazon ha aperto a Torino un centro di sviluppo per la ricerca sul riconoscimento vocale e la comprensione del linguaggio naturale che supporterà la tecnologia utilizzata per l’assistente vocale Alexa. Circa 600 realtà italiane hanno superato gli 850.000 euro di vendite su Amazon. I partner di vendita italiani hanno superato in totale 500 milioni di euro di fatturato all’estero.LA “BOTTEGA” SEGNALA

“Sciopera, divertiti, fai la storia”: i lavoratori di Amazon e i rider in lotta – di Andrea Fumagalli e Faber: http://effimera.org/sciopera-divertiti-fai-la-storia-i-lavoratori-di-amazon-e-i-rider-in-lotta-di-andrea-fumagalli-e-faber/

 

ciuoti

4 commenti

  • Franco Astengo

    Lo sciopero (riuscito) dei supersfruttati di Amazon porta due punti alla nostra riflessione:
    1) lo sciopero è stato mondiale: lo sfruttamento porta naturalmente all’idea dell’internazionalismo;
    2) si discute molto della “diversità” nell’evidenziarsi delle “fratture” chiedendo un aggiornamento della teoria che le ha, a suo tempo, individuate (Rokkan). Ma anche in questo caso il substrato teorico rimane quello – appunto – dello sfruttamento dell’uomo sull’uomo, elemento base per qualsivoglia ragionamento teorico.
    Grazie Franco Astengo

  • Frasi dei lavoratori in sciopero, raccolte ieri davanti i cancelli di Amazon a Vigonza (PD): “Devo effettuare una consegna in 37 secondi“; “Se ho un incidente durante il percorso la franchigia sull’assicurazione, centinaia di euro, è a carico mio”; “Mi dicono se e quando sarò di turno all’ultimo momento, anche la domenica”; “Come è possibile che io sia un lavoratore intermittente se ho mesi di buste paga che dimostrano che lavoro tutti i giorni?”; “Sono tre anni che ho contratti a termine”. Spiegano meglio di ogni analisi sociologica.

  • Giuseppe Scuto

    Lo sciopero dei dipendenti di Amazon è un inizio possibile: si può smettere di usare quanto ci viene offerto per riempire i nostri consumi ed il nostro tempo, al prezzo mostruoso di creare delle categorie di sfruttati, defraudati dal loro tempo di vita. Il lavoro deve essere restituito alla sua doppia funzione: strumento di identità sociale e di soddisfazione di bisogni materiali. IL LAVORO NON E’ UNA MERCE che si possa contrattare a condizioni più o meno favorevoli. Il lavoro è parte della natura dell’essere umano.
    Ogni qual volta un consumatore ricorre ad un acquisto on line per risparmiare, per avere in fretta l’oggetto transizionale del suo “bisogno”, in realtà abdica alla sua natura umana e si fa utilizzatore di altri esseri umani che sono costretti a vendere il tempo della loro vita, in uno scambio con il capitalista onnipotente, che compra il tempo, l’intelligenza , la capacità produttiva e operativa, naturali dell’essere umano, al prezzo possibile sul mercato. Questo, evidentemente fa del lavoratore un oggetto di transazione: vita, contro denaro. L’INVITO DI QUESTO BREVE SCRITTO è: “SMETTETE DI COMPRARE ON LINE , andate nei negozi e nei mercati, che è anche più piacevole ed inoltre vi mette in rapporto, spesso, ma non sempre, con chi lavora per sé stesso e con gli altri.

  • Gian Marco Martignoni

    Purtroppo i dati dipingono un quadro preoccupante : stando all’articolo di Guido Sassi su l’ExtraTerrestre del 18marzo ” nel 2020 il 98% degli italiani ha fatto acquisti on-line per 23,4 miliardi ( + 5,5 % rispetto al 2019 )” D’altronde, tutti i giorni nella mia lunga camminata pomeridiana vedo una marea di furgoni sfrecciare anche nelle viuzze di Tradate più impensabili. Per fortuna che c’è l’irruzione dello sciopero a spezzare la monotonia della nostra quotidianità .Dunque, in tempi di sindemia scioperare si può, soprattutto dove il cannone tira, per via – c’è da piangere, per non sorridere -dell’essenzialità di questi servizi. I giornali della borghesia hanno provato anche a schierare qualche associazione consumeristica contro lo sciopero, ma gli è andata male. Perchè ? La risposta è semplice, e db potrebbe rispolverare un mio pezzullo su un primo sciopero al sito di Amazon ad Origgio di qualche anno fa. Quando sindacalmente si riesce a organizzare una buona parte dei siti sul territorio nazionale, a partire da tante prime vertenze locali, poi la panna monta da sola…Perchè le buone ragioni contro lo sfruttamento non mancano, ed incontrano anche il vento favorevole dell’opinione pubblica.

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