E’ ora di aprire gli occhi sulla speculazione energetica
Alessandro Congeddu (a Santu Lussurgiu) e Fabrizio Quaranta (ripreso da gruppodinterventogiuridicoweb.com) spiegano la criminale speculazione energetica
IN FRAUDANTES MACHINAE AD RENOVATIONEM (ET MERCENARIOS EARUM PRAEDATORES) – Fabrizio Quaranta
Seguo la questione rinnovabili da diversi anni. Di giornalisti e intellettuali che hanno intuito l’imbroglio millantato di verde e coraggiosamente puntato il dito verso questa deriva speculativa c’era Carlo Petrini di slow food e Gian Antonio Stella che scrive sul Corriere. Un po’ ne ha scritto anche Antonello Caporale. E c’era anche un Mauro Pirani già anziano che lanciava l’allarme. La lucida, documentata e controcorrente denuncia di Sgarbi. Ma poi il vuoto totale. Su alcuni giornali, ahimè soprattutto locali, ogni tanto qualche coraggioso cronista cerca di attenzionare la sporadica verità sull’impudico e violento assalto saccheggiatore, ma poi ci sono potenti lobby che sovrastano tutto con la forza dei media e del denaro e si scrive e trasmette quello che del resto lettori e telespettatori obnubilati da anni di ossessiva propaganda vogliono quietamente sentirsi dire.
Quando si lanciò in grande stile il piano green new deal c’era chi gioiva in buona fede forse e chi piangeva perché sapeva dove mettevano soldi e dove si andava a finire. La speculazione con folle incentivi a miliardi e miliardi dati per venti e più anni hanno drogato il mercato e spostato gli investimenti verso questi settori.
Poi arriva la spinta della guerra, si chiude con l’economico gas russo e si punta tutto sull’elettrico e al culto religioso, dogmatico diktat politicamente corretto delle “zero emissioni”. Ora quasi tutti i media controllati da pochi fondi proprietari, accentratori di interessi forti, spingono sui settori più speculativi e promettenti… Farmaci, armi, e, soprattutto, industria delle rinnovabili. Gli armamenti comunque vanno a fossili. Compreso aerei e navi sia civili che industriali, ma questo è un dettaglio da miscredenti che non deve rovinare le acquisite certezze confessionali.
Sarebbe allora, una buona volta, invece che la grande stampa e i media la smettessero con poco dignitose sviolinate alla speculazione energetica rinnovabilista e al loro ancor meno degno codazzo sodale.
Malgrado deboli paraventi, siamo infatti davanti a multinazionali avide di oltre 400 mld di incentivi pubblici all’arrembaggio dei territori, per il più grande assalto ambientale della Storia italiana mascherato di “verde”, da troppo tempo ormai supportato vergognosamente da media e politica con un’ossessiva, suadente quanto falsa propaganda persuasiva e manipolatrice.
L’assalto saccheggiatrice della speculazione energetica multinazionale: la più grande tragedia ambientale della Storia italiana, ipocritamente mascherata di verde: antiscientifico, prezzolato e falso alibi di impossibile mitigazione locale di cambiamenti climatici globali.
Le multinazionali della speculazione energetica, spesso le stesse società col core business nel vituperato “fossile”, stanno infatti massacrando l’Italia più bella, millantando come falsissimo alibi, ridicole riduzioni di CO2 climalteranti locali, del tutto ininfluenti sui cambiamenti climatici globali.
Nel solo anno 2023 la Cina ha infatti emesso 16 000 milioni di tonnellate di CO2 equivalente (in sistematica crescita dal 1990, + 411%), il 30% delle emissioni globali mondiali. Elevatissimi e in crescita anche gli apporti di India e altri Paesi cd BRICS, con la vittimistica narrazione del riscatto dal perfido Occidente (la cui economia suicida a rinnovabili stanno seppellendo appunto con l’economico carbone). L’Italia ha emesso 374 milioni di CO2 (in drastica diminuzione dal 1990, – 27%), appunto uno striminzito 0,71% totale delle emissioni globali mondiali (tra l’altro per il 44% imputabile a usi termici, il 34% ai trasporti e SOLO IL 22% alla produzione di energia elettrica).
Quindi se azzerassimo utopicamente le emissioni da produzione elettrica distruggendo completamente e irreversibilmente il nostro patrimonio agronaturale e storico-culturale con dilaganti impianti industriali rinnovabili ridurremmo di un ridicolo, infinitesimale e quindi assolutamente inutile 0.15% (=0.71 × 0.22) le nostre emissioni, senza nessunissimo effetto sui cambiamenti climatici come invece sbandiera il falso alibi dei saccheggiatori tinti di fintoverde.
Del resto MEZZA ITALIA È GIÀ MASSACRATA DA ANNI DA QUESTA MONNEZZA che aumenta e dilaga inesorabile e ha già compromesso buona parte delpiù fragile Sud (1700 pale già feriscono a morte l’ex provincia granaria di Foggia), indifeso e più esposto alla criminalità, per poi rimandare la corrente al Nord energivoro con ulteriori lievitazioni dei costi. MA, malgrado questo già grande sacrificio, NESSUN MIGLIORAMENTO C’È STATO NELLE DINAMICHE CLIMATICHE, anzi…
Anzi…l’International Energy Agency (IEA), nel World Energy Outlook del 2023, sottolinea come il governo cinese preveda di arrivare al picco delle emissioni nel 2030, per cui non possiamo che prevedere ulteriori folli aumenti delle emissioni cinesi di CO2. Ma è allora qui che andrebbero ridotte le enormi emissioni climalteranti, responsabili dei cambiamenti climatici globali, malgrado certe masochistiche sviolinate dei media occidentali che assolvono il bravo Dragone per 4 specchietti fotovoltaici (per le allodole).
Ma la ben orchestrata, suadente e falsa propaganda, reiterata ossessivamente, prova a nascondere la tragica realtà: un massiccio consumo di suolo (che ha raggiunto 20.000 ha, raddoppiato nell’ultimo anno) un massacro di territori, natura, campi e boschi che si erano salvati da decenni di selvaggia speculazione edilizia, ora nel mirino di cavallette impazzite attratte dall’odore di giganteschi, inauditi incentivi pubblici poi scaricati sulle nostre bollette: almeno 400 miliardi € dal 2010 al 2030, pari al 13% del debito pubblico italiano e 20 manovre finanziarie lacrime e sangue, altro che gli squallidi falsi slogan “abbasseremo le bollette”.
Queste tecnologie infatti
- non sono in grado di autofinanziarsi,
- non garantiscono la costanza dei flussi di corrente,
- sono fortemente inquinanti,
- fanno impennare il costo dell’energia con danno diffuso tra famiglie e imprese,
- fanno esplodere il debito pubblico
- per riempire le tasche di pochi e privilegiati imprenditori che amano fare impresa senza rischio di impresa (tanto cmq paga Pantalone).
- L’Italia è un paese tra i più densamente abitati nell’Unione Europea e nel contempo presenta valori di ventosità poco interessanti per questa tecnologia. Pur essendo il quinto paese d’Europa per potenza eolica installata, l’Italia risulta essere ultima in Europa per produttività degli stessi impianti.
Negli ultimi 25 anni, l’Italia ha assistito a un’espansione massiccia e incontrollata delle fonti rinnovabili elettriche intermittenti – eolico e fotovoltaico – con un impatto devastante su territorio, paesaggio e coesione sociale. Circa 44 GW di potenza installata si concentrano oggi in poche regioni, quelle con il più alto valore paesaggistico e agricolo come Sardegna, Sicilia, Puglia, Basilicata e Toscana.
Questa espansione è avvenuta senza alcuna pianificazione, in assenza di strumenti di coordinamento tra Stato e Regioni, e spesso tramite decreti-legge ad hoc, approvati in tempi rapidissimi, che hanno introdotto semplificazioni procedurali estreme. Mentre i meccanismi di tutela previsti dalla legge come la pianificazione paesaggistica o la Valutazione Ambientale Strategica sono stati sistematicamente rinviati o svuotati di efficacia, la normativa di protezione del paesaggio, della biodiversità e del suolo è stata di fatto smantellata. Il risultato è che oggi, in Italia, ottenere autorizzazioni per attività industriali tradizionali è spesso difficile, ma per impianti eolici o fotovoltaici i permessi sono estremamente facilitati, fino a prevedere addirittura l’esproprio dei terreni.
A fronte di questa accelerazione forzata e quindi antidemocratica, i risultati in termini energetici e climatici sono stati fallimentari. L’Italia continua a dipendere per circa l’80% da fonti fossili per i suoi consumi energetici totali, e nel 2023 solo il 4% dei consumi finali di energia nazionali è stato coperto da eolico e fotovoltaico.
Malgrado la forte crisi agricola italiana, con carenza per quasi tutte le materie prime alimentari (ci manca oltre il 60% di grano e il 50% di mais e poi praticamente tutte le altre) vengono occupati i migliori (e già insufficienti) terreni pianeggianti fertili col fotovoltaico, addirittura con procedure di esproprio coattivodi privati contro altri privati, tra l’altro produttori di eccellenze agroalimentari: forse neanche nel Basso Medioevo!
Un LAND GRABBING de’ noantri che evidentemente non merita l’attenzione delle trasmissioni tivvì che invece prosperano di scandali.
Una volta l’agricoltura godeva di sovvenzioni per tirare avanti ed evitare tragici abbandoni a cascata. Poi la Ue decise che non si possono dare aiuti di Stato.
Gli agricoltori in agonia per la globalizzazione dei mercati, cedono i terreni e per necessità si arriva purtroppo a svendere o chiudere.
Poi non manca pure l’ignoranza e la cupidigia che porta a fregarsene e essere contenti di qualche effimera elemosina di centinaia di euro di fronte a irreversibili saccheggi e predazione di storie millenarie ridotte a bottino elettrico da fonti rinnovabili.
Colate di migliaia di tonnellate di cemento (ca 5000 t, inamovibili per ogni plinto) minano, offendono e deturpano irreversibilmente fertili campi agricoli e intonsi crinali montani, per innalzare grattacieli eolici di 200m che svettano e rumoreggiano a centinaia di km/h anche vicino ad abitazioni e testimonianze identitarie della nostra storia, cultura e bellezza, facendo strage di insetti pronubi e avifauna utile agli equilibri biologici
Studi e ricerche di importanti istituti scientifici (tenuti nascosti) provano danni irreversibili su esseri umani, flora e fauna terrestre/marina:
- Disboscamenti e creazione di enormi strade dove c’erano piccoli sentieri per camminatori e ciclovie
- Innesco di vecchie e nuove frane su crinali già a rischio idrogeologico
- Incremento di formazione delle cd. “bombe d’acqua” in cresta, prodotte principalmente per la presenza degli altissimi aerogeneratori che riducono drasticamente la velocità di transito della perturbazione in corrispondenza della cresta, favorendo così la concentrazione di pioggia, forte ruscellamento, erosione e disastrose alluvioni a valle.
- Cementificazione di suoli naturali o agricoli (5000 tonn di cemento; 200 di acciaio per ogni aerogeneratore)
- Rischio innesco incendio dagli stessi aerogeneratori e/o ostacolo allo spegnimento di boschi e colture agrarie con mezzi aerei.
- Rischio gravi danni da caduta dei tralicci o delle pale per rotture meccaniche
- Ingenti quantità di lubrificanti sintetici derivati del petrolio (oltre 300 litri per turbina, da rinnovare periodicamente), altamente infiammabili e di difficile gestione in caso di incendio.
- 150kg e più di microplastiche eterne PFAS rilasciate da ogni singola pala all’anno, entrano nei polmoni, sangue e cervello;
- vibrazioni in aria e terra ed infrasuoni che generano la sindrome da pala eolica su persone ed animali: stress su sistema nervoso, vascolare, linfatico e cellulare, ipossia e radicali liberi. Diversi animali non fecondano più le uova.
- Persone ed animali abbandonano luoghi vicini all’eolico
- con documentata svalutazione degli immobili.
- Grave e irreversibile danno alle economie legate al turismo lento, oggi così importante per la sopravvivenza delle filiere produttive della maggior parte dei territori rurali interni italiani
- Rilascio di metalli velenosi da eolico offshore: alluminio, zinco, indio, bario e cromo trovati nei molluschi.
- Strage di avifauna rara e (teoricamente) protetta e insetti pronubi indispensabili al ciclo biologico di varie specie agrarie.
Ci sarebbe poi da discutere sul ripristino dei siti a fine vita dell’impianto:
- intanto vedere se è prevista una data precisa o solo un termine indicativo (i progetti indicano magari 25/30, occorre leggere sulle varie autorizzazioni).
- Viene richiesta una fideiussione a garanzia di questi lavori oppure sono semplici garanzie “a parole”?
- Fisicamente non è poi possibile un vero ripristino delle stesse condizioni preesistenti, dei grossi blocchi delle fondamenta raschieranno forse un metro?
- Il suolo fertile si concentra nei primi cm di profondità del terreno e una volta persi microorganismi e sostanza organica non è che basta un po’ di terreno di riporto (preso dove?) per ottenere nuovamente un terreno fertile idoneo all’agricoltura. Il terreno è frutto di un lento processo di degradazione della roccia madre, se al posto di essa c’è un monolite di cemento armato cosa si deve degradare?
- Le vitali e imprescindibili funzioni di fertilità e filtraggio delle acque sono gravemente compromesse da queste impattanti opere gigantesche e inutili che spesso intaccano anche le falde profonde
- Con il fotovoltaico a terra (e la sua ipocrita versione aggiraregole dell’agrivoltaico) il terreno, presto abbandonato della sua finta funzionalità agraria, diventa ”superficie artificiale” e dopo si può fare tutto su un terreno “superficie artificiale”. Discariche, impianti, capannoni ecc. Il colpevole andrebbe denunciato per danno erariale.
In Italia per accaparrarsi questi soldi pubblici si accavallano freneticamente le istanze per nuovi impianti: in tutto il territorio nazionale le istanze di connessione di nuovi impianti presentate a Terna s.p.a. (gestore della rete elettrica nazionale) al 31 luglio 2025 risultano complessivamente ben 6.133 (SEIMILACENTOTRENTATRE!!! 17 al giorno, oltre 300 per Regione, ma oltre 1000 in alcune meno fortunate de Sud) pari a 336,11 GW di potenza, oltre 4 volte l’obiettivo di 80, imposto dal Green Deal europeo (in effetti ben 6 volte alla data di oggi, visto che sono stati già installati oltre 20 GW e che quindi ne servirebbero meno di 60)
Le 6133 richieste di saccheggio del territorio sono suddivise in
- 3.912 richieste di impianti di produzione energetica da fonte solare per 155 GW (45%),
- 2.063 richieste di impianti di produzione energetica da fonte eolica a terra per 110 GW (32%),
- 117 richieste di impianti di produzione energetica da fonte eolica a mare per 78 GW (22%).
Questa overdose di energia provocata da fonti intermittenti e inaffidabili viene e verrà pagata profumatamente anche se costretti a non usarla nei tanti e crescenti momenti di sovraccarico, con crescenti spese di adeguamenti infrastrutturali, nuove centrali a gas come riserva strategica e comunque rischi di catastrofici black out come successo in Spagna.
Anche se qualcuno gongola, nonostante in Europa la potenza installata di pale e pannelli sia superiore al nucleare, le rinnovabili poi producono molto, ma molto meno elettricità e la producono tutta insieme, quando spesso si accavallano e non serve. Infatti non sostituiscono le centrali tradizionali ma le affiancano perché quando il sole e il vento non ci sono, bisogna ricorrere a gas e carbone ….E allora quanto territorio è stato invano sacrificato per un risultato modesto, di scarsa efficacia seppur di falsa propaganda
Il reiterarsi da anni di articoli giornalistici sedicenti democratici e progressisti e “indignate” trasmissioni di inchiesta a favore dell’”inevitabile” assalto speculativo delle multinazionali per il nostro (???) bene è malinconico segno dei tempi e della deriva della democrazia popolare che fu sinceramente ambientalista: ricordano le vecchie veline dei giornali della destra palazzinara che negli ultimi 70 anni ha cementificato e massacrato impunemente gran parte delle campagne e dei sobborghi delle già armoniche città ereditate da secoli rendendole in pochi anni inguardabili e invivibili, malgrado la beffa dei nomi bucolici delle oscene lottizzazioni, un po’ come il tanto ossessivo quanto falso millantare di verde il saccheggio di territori in corso da parte della speculazione energetica.
Ora quel che poco che si è salvato di agronaturale, quello struggente paesaggio storico culturale che ancora permea la nostra identità e permette filiere agroalimentari di eccellenza e quindi turismo di qualità e freno allo spopolamento delle aree interne, si vuol definitivamente degradare e banalizzare a ennesime sordide periferie industriali facendo posto a giganteschi impianti eolici e fotovoltaici tanto ”cari” al lucro insaziabile della selvaggia speculazione energetica multinazionale.
Ed è palese che tutto questo nulla ha a che fare con l’eventuale produzione di corrente pulita o calcoli di costi/benefici ambientali ecc.
Queste imprese energetiche guadagnano nel mettere a terra gli impianti, consumando suolo e massacrando paesaggio e ogni filiera agroturistica, e del resto (e tanto più il disco rotto dei cambiamenti climatici usato come penoso alibi) non frega niente a nessuno. Fra qualche anno succederà come per i capannoni degli anni ‘70 che in breve tempo (prendi i soldi e scappa) furono abbandonati e rimasero per lo più vuoti e fatiscenti in appezzamenti brulli e sporchi: un triste quadro che ricorre e svilisce tutta l’Italia. Come per le aree industriali negli anni ’70, le aree a servizi negli anni ’80, le aree commerciali negli anni ’90, le aree per la logistica negli anni 2000, con il nuovo escamotage dell’agrivoltaico si aggirano le regole di tutela della terra agricola e si tornano a consumare fertili pianure per la produzione di cibo. Un enorme cavallo di troia pieno di grossi capitali, per lo più soldi nostri, delle nostre bollette o della fiscalità generale, che rovineranno addosso al “fattore terra”, compromettendo per sempre terreni vergini. Non è infatti MAI successo per le precedenti ondate speculative, che si riuscisse a ripristinare l’uso agricolo di questi terreni selvaggiamente consumati e degradati. Per lo più giacciono abbandonati come squallide periferie industriali e vengono scientemente ignorati dall’ondata speculativa successiva che invece si rivolge a nuovi superstiti terreni agricoli intonsi come nuove vergini da stuprare.
Non è allora un caso il comune sentire della subdola delegittimazione contro le Soprintendenze, tra le poche efficaci e meritorie Istituzioni pubbliche a fronteggiare vecchi e nuovi barbari predatori di territori.
Una gran mole di impianti industriali spacciati con ipocrita e falso termine manipolatore di “parchi” impattano e impatteranno sempre più sui territori migliori rimasti, con investimenti colossali ma senza rischio d’impresa perchè garantiti da altrettanti colossali incentivi di centinaia di miliardi che paghiamo con le ns bollette e la fiscalità generale (altro che la clamorosa e falsa bufala propagandista sulle “rinnovabili che abbassano le bollette”).
Invano Comuni, Regioni, Enti di tutela, agricoltori, cittadini residenti o meno, amanti della natura, della cultura e del paesaggio, bollati con arrogante ignoranza provocatoria come NIMBY, si oppongono a questo ben orchestrato aggiramento delle norme che tutelano i territori.
Ma se certe sedicenti altezzose élite intellettualoidi, in scia e protette dal pensiero unico rassicurante si sentono talmente supponenti da rieducare il “popolo che non capisce” e indurlo a rassegnarsi che dovranno vivere nella schifezza industriale perchè (ipse dixit?) il paesaggio inesorabilmente” cambia nel tempo”, resta il fatto che alle tutto sommato limitate schifezze che offendono oggi la naturalità e il paesaggio rurale dei luoghi sopravvissuti a vecchi assalti (un tempo unanimemente combattuti), ora se ne aggiungerebbero tante altre, ma stavolta enormi, diffuse e irreversibilmente esiziali.
E comunque un vecchio reato non ne giustifica uno nuovo ben peggiore. Aver rubato caramelle nel passato, non autorizza oggi un omicidio, anzi una strage di vivibilità.
Del tutto forzato e stridente risulta comparare turbine alte 200 metri posizionate sulle creste dei crinali rispetto ai (pochi e distanti) tralicci dell’alta tensione che, nelle aree collinari, non superano i 15-20 metri: a differenza di quest’ultimi, una turbina eolica di grandi dimensioni come quelle previste in Appennino è nettamente visibile a decine di chilometri di distanza in un raggio di pari dimensione.
Almeno i giornali con presunzione democratica scevra da forti condizionamenti economici non si accodino alla incessante propaganda mediatica della speculazione energetica nella sua tragicomica vulgata per cui installare in zone di pregio ambientale come gli Appennini o nelle aree agricole dell’indifeso Sud, dell’amata Sardegna, dell’Italia più bella e sana, decine di pale eoliche di dimensioni pari ai più imponenti grattacieli italiani non è altro che il naturale proseguimento della “ congenita antropizzazione del territorio”, stucchevole argomento dei nuovi salotti bene indottrinati, quando invece si tratterebbe di una deturpazione paesaggistica di proporzioni tali da ritenersi senza precedenti nella storia dell’uomo, per dimensioni e tempi di attuazione, in quanto non sedimentata in centinaia d’anni come le modificazioni del paesaggio del passato.
La pur necessaria decarbonizzazione e una efficace transAzione energetica verso le rinnovabili non obbliga però lo Stato, gli enti locali e i cittadini italiani a essere pressati e minacciati dagli studi legali delle multinazionali dell’energia per realizzare “urgentemente” grandi e impattanti impianti FER, con addirittura espropri di privati verso altri privati, mai visto nella Storia italiana, alla faccia della tanto sbandierata Costituzione (in particolare nei suoi artt. 9, 41 e 43).
La stessa produzione di energia pulita generata da impattanti installazioni di tipo industriale può essere del resto agevolmente raggiunta, come dichiarato dagli ultimi rapporti ISPRA (ente scientifico pubblico di grande spessore ancora a schiena dritta) attraverso la collocazione dei pannelli fotovoltaici sui tetti delle zone residenziali non tutelate, commerciali, industriali per non parlare degli enormi spazi della invadente logistica. Solo una parte dei tantissimi tetti civili e dei capannoni industriali già disponibili potrebbero fornire da subito 100.000 ha di superficie (ISPRA-Report Consumo di suolo, dinamiche territoriali e servizi ecosistemici. Edizione 2023, Report n. 37/202), permettendo di installare una potenza tra 70 e 90 GW e quindi centrando facilmente il target di 80 previsto per il 2030 (che con i 19 aggiunti nel 2024 in effetti è ora già sceso a 61 GW). Costi e tempi di realizzazione oltretutto sarebbero ridotti, visto che queste strutture, rispetto ai terreni agricoli, sarebbero già meglio attrezzate per ospitare un impianto. Se poi si aggiungono anche strutture pubbliche, parcheggi, aree oggetto di bonifica, cave e miniere dismesse, strutture ferroviarie e comunque le immense aree già consumate, impermeabilizzate e spesso fatiscenti, si potrebbero avere a disposizione altri 800 000 ettari di superfici piane!!!(monitoraggio ISPRA) che sarebbero più che sufficienti per raggiungere tutti gli obiettivi ambientali e di domanda energetica al 2050 e oltre senza intaccare il prezioso e sempre più raro suolo agricolo (Ecoscienza 2023 – 2, anno XIV pagine 24-25. GLI SPAZI PER IL FOTOVOLTAICO ALTERNATIVI AL SUOLO a cura di Pasquale Dichicco, Ines Marinosci, Michele Munafò- ISPRA). Tra l’altro, oltre alle rinnovabili, si incentiverebbe anche il restauro conservativo ed estetico di migliaia di immobili che spesso precludono la vivibilità delle periferie urbane senza invece creare ulteriori nuove mostruosità. E quindi nuove immense squallide periferie industriali.
Su queste le aziende potrebbero avere pure crediti d’imposta, anziché scialare con folli incentivi che finiscono ora ai fondi esteri. E poi sulle tante aree degradate, sulle centinaia di chilometri quadrati di superfici già impermeabilizzate e consumate presenti in Italia, dunque senza arrecare ulteriori danni alle poche aree ancora incontaminate del Paese.
E poi non si può non parlare della truffa dell’agrivoltaico,
nel ben tracciato solco della ipocrita furbizia italiana aggiraregole, quelle regole che seppur tardivamente solo da poco tempo hanno impedito finalmente il tombamento diretto della fertilità dei migliori terreni di pianura, ma che ora si vogliono bypassare sollevando un poco da terra i lugubri paramenti funebri con la falsa lusinga che possa continuare l’attività agricola. Ma invece con la riduzione della radiazione solare si hanno comunque inevitabili contrazioni della fotosintesi e quindi perdite produttive e qualitative per le poche colture agrarie artificiosamente messe a dimora come paravento per giustificare il core-business delle multinazionali energetiche.
Solo uno dei tanti capitoli del consueto assalto lucrativo al territorio.
Ulteriore drammatico e irresponsabile consumo di suolo e dei suoi ineludibili servizi ecosistemici, in primis proprio lo stoccaggio di immensi quantitativi di CO2, con disfacimento del paesaggio e della superstite ruralità dei territori.
Il fotovoltaico e l’agrivoltaico consumano suolo agricolo, distruggono anch’essi i paesaggi e soprattutto provocano impennate dei prezzi dei terreni agricoli rendendo la terra inaccessibile agli ultimi agricoltori rimanenti o ai giovani che con coraggio persistono nel voler vivere in campagna per far vivere le campagne.
Ovviamente le società energetiche privilegiano terreni di pianura perché più comodi da infrastrutturare. Il paradosso è che si tratta quasi sempre della risorsa collettiva più scarsa: i mortiferi progetti si abbattono infatti sui terreni più fertili, spesso utilizzati con criteri etici ed ecologici da piccoli produttori che consapevolmente ne preservano i servizi ecosistemici, in una realtà geografica con la fisionomia complessiva di una catena montuosa immersa nel Mediterraneo. L’Italia ha perso il 30% delle sue terre coltivate in 25 anni e importa il 60% del suo grano e di praticamente tutte le materie prime. La sovranità alimentare non è mai stata così lontana.
Una diffusione massiva del fotovoltaico nell’edilizia residenziale con le Comunità Energetiche Rinnovabili invece consentirebbe, tra l’altro, una gestione diretta della produzione elettrica da parte dei cittadini e finalmente un vero risparmio in bolletta, riducendo sensibilmente i costi elevati ma poco chiari di dispacciamento e migrazione dell’energia, oltre a garantire (queste si, non le bufale delle multinazionali) decine di migliaia di posti di lavoro a medie e piccole imprese per l’installazione capillare degli impianti.
È notoriamente infinitesimale e del tutto inutile l’incidenza di questi pur enormi impianti industriali sulla riduzione delle emissioni globali mondiali che sono generate invece dai vecchi e nuovi capitalismi (USA vs Cina e India): con gli impianti energetici industriali italiani non si salva di certo il pianeta come invece incalza ossessiva una falsa retorica di parte.
Ridurre la nostra già microscopica percentuale (0.15%) di CO2 climalterante farebbe un baffo ai cambiamenti climatici globali, mentre si annienterebbe in maniera irreversibile una delle poche ricchezze che ancora rimangono all’Italia e al mondo: la storia, la cultura, l’identità del paesaggio italiano, non solo patrimonio nazionale, ma dell’intera umanità.
Fermiamo finche’ siamo in tempo il più grande e lucroso scempio ambientale della Storia italiana impudicamente mascherato di finto verde.
Un patrimonio culturale, agricolo e ambientale ricco e famoso nel mondo non merita certo di essere sottoposto all’irreversibile degrado elargito da infrastrutture ingombranti e di enorme e irreversibile impatto su ecosistemi, biodiversità, paesaggi, economie e identità locali: per questo le comunità che si vedono imporre tali opere sono scosse da crescenti tensioni e conflitti sociali.
Un attacco mortale, in grado di azzerare la GRANDE BELLEZZA superstite e le correlate attività agroturistiche, ma ancor di più di azzerare il futuro delle aree interne “colpevoli” di essere le più incontaminate e indifese. A meno che non si tratti di un futuro di abbandono, nel quale si aprono ghiotte occasioni per speculatori di ogni tipo: le valli più interne, dall’aspetto “verginale”, si prestano bene ad ospitare le cose più immonde e le speculazioni più inconfessabili. Del resto, è negli intendimenti del Governo abbandonare le aree interne ad una “fine dignitosa” (qualunque cosa voglia dire).
BASTA SCEMPI, TETTI E AREE DISMESSE BASTANO
ce lo dice vanamente da anni ISPRA, istituto scientifico pubblico tra i più seri e affidabili, e le stesse ferree (grida manzoniane?) premesse e disposizioni dei documenti europei sulla idonea dislocazione delle rinnovabili recepiti in Italia, ma invece si continua impunemente a consumare prezioso e raro suolo vergine, comodo e lucroso per la speculazione, tragico per tutti noi.
Non so proprio come ne usciremo da questo immenso barbarico bottino di territori.
Intanto resistiamo alle prediche indecorose dei falsi profeti e uniamo le forze dal basso.
La sacra terra non è Res Nullius da tombare irreversibilmente per lucri privati.
Questa TransAzione si può fare e si faccia sulle tante aree già compromesse e consumate, ma si risparmi quel che resta del suolo e dei paesaggi unici che tutto il mondo ci invidia.