Per fermare le morti in mare servono ingressi regolari

di Francesco Bernabini (*)

Un anno fa, il 3 ottobre 2013, a poche miglia dal porto di Lampedusa affondò una nave che

trasportava migranti in Italia dalle coste libiche. Non era la prima volta. Ma i morti furono più del solito: 366 quelli accertati, 20 i dispersi. La commozione fu unanime. Tali tragedie non si sarebbero dovute più ripetere. Nelle stesse acque, nei mesi seguenti, sono morte affogate più di 3000 persone. La commozione, seppur più contenuta, continua. Fine a se stessa, evidentemente. L’operazione Mare Nostrum probabilmente ha evitato ulteriori perdite di vite e forse ha anche incentivato ulteriori “viaggi della speranza”. Ma quello che rimane è che, nonostante le lacrime di circostanza, gli Stati membri dell’Unione Europea non fanno l’unica cosa che c’è da fare per arginare tali tragedie: aprire canali di ingresso regolari per i migranti. Noi lo ripetiamo da sempre: le persone migrano perché non hanno scelta, spinte da cause a noi tutti superiori: fame, guerre, persecuzioni, dittature. Se non ci sono strumenti legali e regolamentati per accedere in Occidente, se le domande di asilo si possono presentare solo dopo aver messo piede in Occidente, se non vengono rilasciati dei visti per venire a cercare lavoro, se anche le quote di ingresso per chi ha già un contratto di lavoro sono chiuse da anni, occorre allora affidarsi ai trafficanti di esseri umani e viaggiare in condizioni estremamente pericolose. Quindi la morte di centinaia di persone ogni anno non è una fatalità, è fisiologica e prevedibile.

Soprattutto dopo la tragedia di Lampedusa gli appelli per garantire ai migranti la possibilità di giungere in Europa legalmente si sono moltiplicati. Ovviamente lo chiedono all’unanimità le organizzazioni che si occupano di immigrazione e asilo: Unhcr, Oim, Cir, Asgi, Caritas, Centro Astalli, Arci, solo per citarne alcune. Ma ce lo chiede anche l’Europa. Il presidente dell’Unione Europea Martin Schulz nell’ottobre 2013 dichiarava che «Noi come europei siamo obbligati a fare tutto il possibile poiché queste tragedie non si ripetano. Necessitiamo di strumenti per una migrazione legale verso l’Europa, invece di una disordinata migrazione illegale». Dello stesso avviso la Commissaria agli Affari interni dell’Ue Cecilia Malmström, che torna periodicamente a ribadire il concetto, come il 12 maggio scorso, dopo l’ennesimo naufragio: «Portando queste persone in modo sicuro e attraverso canali legali nell’Ue potremmo impedire loro di cadere nelle mani dei trafficanti e contrabbandieri che hanno messo a rischio la loro vita».

La “Task Force Mediterranean”, istituita in seno alla Commissione dell’Unione Europea a seguito della tragedia di Lampedusa, dopo due mesi (il 5 dicembre) uscì con una relazione che ha sottoposto al Parlamento europeo e al Consiglio in cui si esplicita che «più opportunità di mobilità legale per studio e per lavoro può aiutare a combattere gli abusi e l’immigrazione irregolare». Inoltre «per scongiurare una nuova tragedia – si legge nel comunicato diffuso nel sito ufficiale – la Commissione ha proposto di permettere ai migranti di presentare all’estero la domanda di asilo nella Ue, evitando in tal modo che si imbarchino in un viaggio spesso pericoloso verso le sponde dell’Europa». L’Europa dei burocrati, delle sue Istituzioni più o meno indipendenti, le proposte le ha fatte. Quella dei governi, che decide, rimane a guardare. E quindi di quale Europa parla il presidente del Consiglio Renzi quando dichiara «l’Europa non può salvare gli Stati, le banche e poi lasciare morire le madri con i bambini»? Non è la stessa Europa dei governi che lui stesso sta presiedendo dallo scorso 1° luglio?

(*) Questo è l’editoriale del nuovo numero, uscito ieri, della rivista «Città meticcia» di Ravenna.

 

Redazione
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3 commenti

  • ANNIVERSARIO DEI NAUFRAGI OTTOBRE 2013.
    DA LAMPEDUSA L’APPELLO DI AMNESTY INTERNATIONAL ITALIA ALL’UNIONE EUROPEA: LA PRIORITÀ È SALVARE VITE UMANE

    Alla vigilia dell’anniversario dei naufragi dell’ottobre 2013 al largo di Lampedusa, il direttore generale di Amnesty International Italia, Gianni Rufini, ha rilasciato questa dichiarazione:
    “Un anno fa, oltre 500 persone annegarono in una serie di rovinosi naufragi al largo di Lampedusa.
    Il lutto e l’indignazione per i naufragi dell’ottobre scorso hanno spinto il governo italiano a lanciare l’operazione Mare nostrum. Per la prima volta, un paese dell’Unione europea ha dato priorità alla ricerca e al soccorso in mare. Grazie a questo sforzo, oltre 138.000 persone sono state salvate.
    Quest’anno, tuttavia, altre 2500 persone hanno perso la vita nel tentativo disperato di raggiungere le coste europee.
    In occasione della giornata della memoria del 3 ottobre, Amnesty International Italia sarà a Lampedusa per prendere parte alle iniziative promosse dal Comitato 3 ottobre e per chiedere all’Unione europea di non voltare le spalle di fronte alla sofferenza e ai pericoli cui vanno incontro migranti e rifugiati nel Mediterraneo.
    Le proposte avanzate in seno all’Unione europea per garantire il proseguimento delle attività di ricerca e soccorso quando si avvererà l’annunciata fine dell’operazione Mare nostrum sono lacunose e insoddisfacenti.
    Da Lampedusa, chiederemo ancora una volta all’Unione europea di mettere più percorsi sicuri e legali a disposizione di coloro che cercano salvezza in Europa attraverso il reinsediamento, i programmi di ammissione umanitaria e l’agevolazione dei ricongiungimenti familiari, nonché mediante una revisione dei regolamenti di Dublino riguardanti la gestione delle domande d’asilo nell’Unione europea”.
    Roma, 2 ottobre 2014

    Il rapporto integrale “Vite alla deriva: rifugiati e migranti in pericolo nel Mediterraneo centrale”, la sintesi in italiano e ulteriori risorse sono disponibili all’indirizzo: http://www.amnesty.it/Un-anno-dopo-naufragi-di-lampedusa-numero-di-vite-perse-in-mare-aumenta-mentre-Europa-guarda-altra-parte
    Per maggiori informazioni sulla campagna Sos Europa e firmare l’appello:
    http://www.amnesty.it/sos-europa
    http://appelli.amnesty.it/sos-europa/

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