Ancora morte nel carcere di Modena

di Vito Totire (*)

Alla Procura della Repubblica e a chiunque interessato.

Appresa la notizia del decesso di Fabio Romagnoli nel carcere di Modena si espone quanto segue:

1) La ratio della “concessione” della bomboletta di gas alle persone private della libertà necessita di una “spiegazione” da parte della istituzione carceraria.

2) Lungi dal rispondere alla necessità di evitare pratiche eccessivamente costrittive la suddetta “concessione” pare abitualmente connessa alla incapacità nelle carceri di gestire i pasti in regolari refettori o connessa alla scarsa qualità del cibo, dunque una valvola di sfogo da utilizzare per ridurre le frustrazioni della vita carceraria.
Ove questa chiave di lettura fosse fondata (va valutato situazione per situazione) occorrerebbe garantire condizioni igieniche accettabili per la consumazione dei pasti piuttosto che surrogare inaccettabili lacune con alternative molto rischiose per le persone recluse.

3) Ai visitatori è vietata la consegna di una serie di oggetti e di merci con “motivazioni “ non condivisibili o a volte del tutto imperscrutabili. Al sottoscritto è stato impedito di consegnare libri con copertina rigida, per fare un esempio, il che stride con la libera concessione e circolazione delle bombolette. Il carcere di Modena (ma anche altri) dovrebbero spiegare le motivazioni dell’ampia gamma di divieti a fronte della fornitura di bombolette di gas.

4) Antigone, elogiando di recente, una asserita attenzione (proprio ne carcere di Modena) nella gestione di lamette e bombolette, forse a seguito di questo evento potrebbe rivisitare criticamente le posizioni ottimistiche assunte in passato. Comunque sta di fatto che l’amministrazione dovrebbe spiegare all’opinione pubblica ed alla magistratura inquirente la ratio di una condotta che sarebbe stato ragionevole evitare in passato e che andrebbe immediatamente ridiscussa nel presente.
La popolazione penitenziaria è a rischio di condotte auto lesive e suicidarie.
Nella situazione di frequente disperazione in cui si trova una parte di questa popolazione mostra grande appetenza per l’uso di sostanze con effetti stupefacenti.
Al di là del dato epidemiologico generale – ben illustrato dal rapporto di Antigone relativo al 2021 (visita del 22.5.2022: 387 detenuti di cui 292 tossicodipendenti, 126 atti autolesionisti, 28 tentati suicidi, 1 suicidio) – un profilo di rischio psicosociale emormemente alto.
Per non parlare” dei “postumi” dei fatti del marzo 2020 cherendono ambiente e clima ancora più problematico che altrove.
Rimane un quesito specifico : perché fornire a Fabio Romagnoli una bomboletta da campeggio?
Salvo che non sia stata fornita a lui ma a qualcun altro che gliela ha ceduta.
Le cronache poi (da verificare) riferiscono di altri due eventi mortali analoghi nello stesso carcere in anni recenti.

5) Comunque: tentativo di suicidio o condotta voluttuaria degenerata in suicidio involontario, il problema principale rimane: è stata fatta una valutazione ad personam del rischio suicidario , autolesionistico e dell’uso improprio della bomboletta ?

6) Questa valutazione è riportata nella cartella clinica ?

7) se la bomboletta non era in dotazione personale, è stata valutata la opportunità di evitare scambi tra persone immuni da rischi e persone a rischio?

8) Se mense e refettori funzionassero come indicato dalle linee guida dell’ONU sui diritti fondamentali delle persone private della libertà ci sarebbe bisogno di bombolette ?

9) E’ necessario evitare di fornire mezzi che facilitino il passaggio all’atto suicidario in una popolazione così ad alto rischio, altrimenti potrebbe verificasi la libera circolazione di lame, corde, pistole, farmaci ed altri mezzi abitualmente usati per atti contro la propria incolumità.
E’ evidente che una politica di prevenzione del suicidio e dell’autolesionismo (eventi che hanno raggiunto nel 2022 nelle carceri italiane i livelli che tutti conoscono) non si fonda solo né soprattutto su una politica custodialistica e centrata sui divieti.

A prescindere dal nostro anelito per una “società senza carceri” (che non pare a portata di mano) non abbiamo niente contro una idea di carcere in cui il “clima” e le condizioni psicologiche, persona per persona, possano rendere naturale anche il possesso della bomboletta di gas che consenta a chiunque di prepararsi una tisana o un caffè.
UNA POLITICA DI PREVENZIONE del suicidio risponde ad un programma fondato su un approccio sistemico alla individuazione e alla prevenzione del rischio.

MA IN MANCANZA DI UN VERO PIANO DI PREVENZIONE COLLETTIVO ED INDIVIDUALE la
dotazione e circolazione delle bombolette del gas rappresentano un pericolo materiale e tangibile che solo chi non ha idea di cosa sia il carcere e non conosca la storia delle carceri
italiane e del resto del modo può ritenere accettabile.
Il reato di “istigazione al suicidio” costituisce forse una forzatura concettuale che rende difficile la sua contestazione poiché pare alludere ad una volontaria concreta e lineare azione di incentivazione dell’atto lesivo. Pare più realistico ragionare, in certe circostanze, su una “facilitazione del suicidio” intesa come una serie di atti (in parte omissivi in parte attivi) che hanno causato o quantomeno concausato in maniera determinante l’evento suicidario o mortale senza intenzioni suicidarie.

Dalle cronache sul “caso” deduciamo che Fabio Romagnoli era detenuto, in relazione ad una prima accusa/reato di stalking e a causa di una successiva accusa/reato di evasione. Non vogliamo entrare nel merito delle questioni giudiziarie. Diciamo piuttosto che, verosimilmente, l’autore di un reato di stalking (ribadiamo: senza entrare nel merito della situazione di una persona in attesa di giudizio) necessiterebbe verosimilmente, di una presa in carico di tipo psicoterapico, anche se non a priori ma in termini di elevata probabilità.
Cosa ha riservato lo stato a Fabio Romagnoli, giovane uomo di 40 anni di Portomaggiore ? La privazione della libertà, ma lasciandogli l’accesso a mezzi e condizioni efficaci al suicidio volontario o preterintenzionale.
Comunque ogni possibile ed auspicabile percorso di risocializzazione e riabilitazione E’ FALLITO. Le cronache riferiscono circa la “apertura di un fascicolo”. Signor Procuratore, vorremmo essere “sentiti” su questa ennesima luttuosa vicenda umana , prima di ogni decisione in merito.

Qualora le indagini dovessero procedere nella direzione della necessità di accertare eventuali responsabilità valuteremo la ipotesi di avanzare

(*) Vito Totire è medico psichiatra, portavoce RETE EUROPEA PER L’ ECOLOGIA SOCIALE (federazione tra Circolo “Chico” Mendes, centro F.Lorusso, associazione “Antropologiainmovimento) via Polese 30 40122 Bologna.

alexik

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