Appello ai sindaci dei Comuni Arbëresh
Rilindja Arbëreshë e reja
di Giuseppe Chimisso, Associazione Skanderbeg di Bologna
La minoranza storica arbëreshë nel suo percorso secolare in Italia sta scivolando pericolosamente sempre più su un piano inclinato che rischia di portarla direttamente ad essere stritolata dalle fauci della cultura egemone: voi, sindaci Arbëresh, potete bloccare questo nefasto processo in divenire.
Rompete finalmente il silenzio e abbandonate la colpevole inerzia che ha caratterizzato nel passato, per troppi decenni, il ceto politico locale che con una mano fingeva di voler aiutare la minoranza arbëreshë, per poter continuare a raccogliere i suoi voti, e con l’altra impediva ogni aiuto concreto, tacitando con miseri finanziamenti a pioggia, ascari servili, portaborse fedeli e lacchè di tutte le risme. Questa situazione marcescente ha portato allo sfaldamento del tessuto connettivo economico-sociale quindi culturale e linguistico e degli ambiti architettonici dei Comuni che amministrate; per questo ultimo aspetto, paradossalmente, quanto oggi è ancora integro lo si deve all’incuria e alla mancanza di consapevolezza del loro valore da parte di numerosi vostri predecessori. Spesso sono stati ‘modificati’ ambiti architettonici tradizionali grazie all’intervento di estranee logiche ambientali ed ‘esperti’ alloctoni non riconducibili alla Cultura delle minoranze Arbëreshë, o solo, più banalmente, perché alcuni fondi dovevano essere deliberati velocemente entro una tale data, altrimenti persi.
E’ giunta l’ora di cambiare logica, di voltare pagina.
Formate un cartello di sindaci dei Comuni Arbëresh, dotatevi quindi di un programma chiaro, semplice e praticabile di largo respiro per la Rinascita economica dei territori dell’Arbëria, solo così salverete la sua cultura. Fissate un percorso comune per giungere alla costituzione degli “Stati Generali dell’Arbëria”, momento nel quale lanciare precise proposte per lo sviluppo dei vostri territori alle autorità regionali e statali; chiedete il riconoscimento della Regione storica Arbëreshë (RsA), come Unità Amministrativa Autonoma delle numerose enclaves formanti l’Arbëria; certo questo poche note paventano un lunga strada da percorrere, ma chi ben comincia è già alla metà dell’opera e l’Arbëria non può più attendere. Sappiamo che è difficile fare il sindaco in un piccolo paese, ove chiacchiericcio ed acredine gratuito sono merci a buon mercato che siete costretti a sopportare. Non arrendetevi all’ineluttabile e a volte tediante moto ondoso dell’esistenza come amministratori di paese, fate uno scatto d’orgoglio e mentre gestite il quotidiano, guardate ad orizzonti più vasti: alla Rinascita dell’Arbëria. Cominciate nel sostenere e stimolare con proposte il sindaco di Spezzano Albanese Ferdinando Nociti, neo presidente di una delle Fondazioni per le Minoranze della provincia di Cosenza, non lasciatelo solo. Spezzate il coro delle litanie e abbandonate lo sport diffuso della ricerca dei ‘colpevoli’ dello stato di cose presenti; non fate o rischiate una cosa qualsiasi, ma ciò che è giusto per l’Arbëria, non ondeggiate nel possibile ma afferrate coraggiosamente la realtà presente per cominciare a modificarla: non nel susseguirsi dei pensieri c’è la libertà, ma solamente nell’azione. UNITEVI – solo nell’unione c’è la forza.
Dobbiamo considerare che il termine ‘minoritario’ implica sempre la relazione con un maggioritario, quindi rapporti che sono sfavorevoli al più debole degli elementi della diade correlata. Organizzatevi quindi per formulare una piattaforma di richieste economiche, legislative e culturali per sostenere le minoranze che rappresentate. E’ bene privilegiare e utilizzare i pochi fondi che avete a disposizione per migliorare le condizioni di vita della famiglie in difficoltà che vivono nei vostri Comuni; se qualche convegno si deve ancora fare è bene organizzarne per aprire un largo dibattito per delineare ipotesi e proposte per lo sviluppo economico dei paesi italo-albanesi. Rilanciare l’economia dei Comuni Arbëresh vuole dire fermare l’esodo dei giovani, quindi aiutare la nostra Cultura a sopravvivere e conseguentemente a salvare la lingua Arbërisht che rappresenta il carattere distintivo e primario, ma non unico, della nostra minoranza. La minoranza arbëreshë, la più numerosa del Mezzogiorno d’Italia, può salvarsi solo se le problematiche linguistico-culturali si coniugano con lo sviluppo economico della stessa. La Rinascita dell’Arbëria potrà fare da volano al risveglio economico di interi territori vicini e non ultimo si potrà vincere così la battaglia sul ripristino della Democrazia Linguistica, aspetto da troppo tempo trascurato e sottaciuto, ma non secondario della Democrazia Politica di questo Paese. Altra strada non c’è, siatene consapevoli. Il destino dell’Arbëria è nelle vostre mani.
Alzate finalmente la testa e ricordate che non sarete soli in questa battaglia, perché rimane all’interno dell’Arbëria un inestimabile e corposo sistema di resistenza e di continuità della propria Cultura che potrà solo esservi d’ausilio (associazioni, parrocchie, pro-loco, riviste cartacee e on-line, istituti universitari e circoli ricreativi, culturali o di danza e tanti valenti intellettuali…). La minoranza arbëreshë può ancora essere salvata nel nostro Paese, se con intelligenza e tempestività i sindaci dei Comuni italo-albanesi si associano in un cartello aperto che rappresenti una formidabile forza d’urto contrattuale nei confronti delle Comunità Montane, delle Province, della Regione e perché no, del governo centrale nazionale. Formulate un progetto di Rinascita economico-culturale per l’Arbëria e su questo progetto lavorate unitariamente con paziente arguzia. Un Progetto di alto e nobile valore politico che affasci tutta l’Arbëria non si costruisce con i sentimenti e tanto meno con i risentimenti da accantonare, visto il momento grave, ma con “impegno, dedizione e professionalità, serietà morale e culturale” . Le minoranze non tutelate, in primis quelle arbëreshë, vivono in regime di genocidio culturale-linguistico silente, non possono aspettare ancora perché rischiano l’estinzione. Voi sindaci assieme potete fare molto più di quanto pensate, potete rappresentare la punta di lancia di un movimento di Rinascita vasto quanto l’Arbëria; bisogna però, che facciate presto e vi muoviate con intelligenza, passione e lungimiranza nell’ambito della nostra secolare cultura e tradizione. Il nostro futuro può essere definito solo se trarrà linfa dalla radici della nostra storia, nel rispetto delle nostre tradizioni forgiate negli ambiti consuetudinari tramandati; diversamente non sarà il nostro futuro. Sei secoli di storia saranno cancellati. E soprattutto non limitatevi a promulgare meri provvedimenti linguistici per salvarvi la coscienza. Non potete continuare a non muovervi, così facendo favorite la penetrazione della cultura dominante latina e tradite i vostri elettori nelle peculiarità più intime e nel loro essere più profondo. Abbandonate le pratiche di piccolo cabotaggio politico del passato, volgete lo sguardo al futuro vostro e delle genti dei Comuni che rappresentate, cominciate a pensare in grande alla utopia di una NUOVA RILINDJA dell’ARBȄRIA, perché solo se lavorerete positivamente oggi, su questa “utopia”, la stessa rappresenterà la strada che percorreranno i saggi domani .
Voi, Primi Cittadini dell’Arbëria, non siatelo solo giuridicamente, ma siatelo anche nei fatti; voi potete impedire ancora che si estingua l’humus culturale che alimenta la lingua avita e con essa tutto un mondo composto da immagini e vjershë, da metafore e vëllamie, da preghiere e vajtim, da contemplazioni e vallje. Se un domani queste saranno parole morte che riempiranno numerose le pagine dei funebri libri delle antologie, i nostri figli le piangeranno maledicendo l’ignavia e l’ipocrisia dei padri. Il rimpianto e la nostalgia saranno le uniche commemorazioni funebri. Se vivranno lo dovranno anche a voi.
Abbiate quindi uno scatto d’orgoglio. Sindaci dell’Arbëria se ci siete alzate la testa. Fate sentire, potente, la vostra voce e l’orgoglio Arbëresh. Ora.
Giuseppe Chimisso, cittadino onorario di Civita / Ҁifti – presidente associazione Skanderbeg di Bologna
NOTA DELLA “BOTTEGA”
Ho chiesto a Chimisso come potevo illustrare il suo arti colo-asppello ed ecco la risposta. “Ti invio due immagini del ballo tondo (vallje) di Pasqua, che ho fatto due anni fa nel borgo storico chiamato Civita, con i caratteristici costumi delle comunità italo-albanesi (arbereshe); costumi femminili riconosciuti come tra i più interessanti e belli del Mediterraneo, pensa che sono ricamati in oro zecchino: sia le gonne plissettate in seta (llambador) che i giubbetti (Xhipun, pronuncia gipun), così pure il ferma-capelli (keza, pronuncia chesa – con s dolce). Le immagini rappresentano donne in costume che ballano lungo le vie dei paesi e nella piazza e quando individuano un gruppo di latini, li circondano e aprono il cerchio all’ingresso del bar più vicino al fine di liberare i prigionieri solo dopo che questi abbiano pagato da bere ai presenti. Penso che le foto commentino il patrimonio immateriale – di consuetudini, canti e tradizioni orali tramandate – oltre che materiale in rischio d’estinzione”.
Sono d’accordo in generale con Chimisso, che non conosco, ma presumo che, vivendo a Bologna, non sia pienamente dentro i meccanismi della nostra Regione.
Cosa si intende per cultura egemone? Quella ” italiana” che sovrasta e distrugge quella arbereshe? Possono da soli i sindaci dei comuni albanofoni di Calabria rovesciare una condizione in cui a dettare la cosiddetta agenda è il Mercato globale? Nella stessa condizione si trovano gli altri borghi calabresi. L’incapacità pluridecennale dei gruppi dirigenti regionali ha causato – con la complicità delle clientele locali, leggi anche il popolo calabrese – il disastro complessivo della mia regione, ultima in Italia per reddito e qualità di vita. O ci salviamo insieme o non si salva nessuno.
Io ho visitato spesso i paesi dell’Arberia, e non sempre ho trovato diversificazione dal resto degli altri paedi di Calabria. Disastro edilizio e incuria stanno lì a dimostrarlo.
I lamenti dell’autore valgono per qualsiasi comunità calabrese. Quando Chimisso parla di ” Unione che fa la forza”, dovrebbe pensare ad una unione che sovverta tutto, capace di essere tale solo insieme agli altri calabresi.
Minoritaria non è solo la Arberia, ma tutta la Calabria, rilanciare l’economia dei paesi arbreshe è possibile senza considerare le relazioni coi contigui paesi non albanofoni?
Scusatemi per la fretta con cui ho ” tirato” queste note
Pierluigi Pedretti