Appello per «fermare la strage»
di Giancarla Codrignani
Qualcosa accade. Finalmente. Sono sorpresa, anche di me stessa. Nella prima Repubblica, quando non esisteva Internet, alle donne elette a rappresentare il Paese erano riservati, ma per telefono, gli stessi insulti in termini sessisti e sessuali che riceve oggi Laura Boldrini. Li lasciavano, i dementi, perfino registrati nelle segreterie telefoniche. Li avranno ricevuti anche Iotti, Anselmi, Bonino. Ma non denunciavamo, e non solo perché ritenevamo insensato fare le vittime e perdere tempo per cose non diverse dal «bella figa» che ci sussurrava qualche altro demente (ma quanti sono!) per strada, ma per qualcosa che, nel fastidio, bloccava. Ricordo che volevo far ascoltare a un’amica avvocata (per non si sa quale evenienza: era il tempo del terrorismo) le registrazioni, ma lei rifiutò con un fastidio che oggi mi sembra fuori luogo.
Politica di genere, dunque, come ai tempi del divorzio o dell’aborto, ma non più solo sui fenomeni derivati dall’assenza dei diritti di genere, ma sulle cause. L’uomo è chiamato in causa, non deve erogare benefici, deve ragionare sul proprio “sé”, sulla cultura del suo genere. La presidente della Camera non è sola: tre ministre pensano alla task force strategica e viene lanciato l’appello per gli Stati Generali contro la violenza sulle donne (avete già firmato, vero? www.feriteamorte.it) nel giorno in cui altre tre donne sono state uccise. Emma Bonino ha offerto il suo contributo «se potrà servire»: forse non tutte pensano che i governi e le istituzioni si scaldano, poi maiora premunt e accantonano. Bisogna che tutte noi diamo sostegno e solidarietà con unità e coraggio, anche se domani dovremo impegnarci per salvare la cassa integrazione che è di tutti.
Aggiungo un commento a una cosa antica recentemente rievocata. Su «La repubblica» di ieri Stefano Rodotà ricorda, per come l’ha memorizzata lui, una mia battuta. Anni fa, mentre prendeva la parola Adele Faccio (la grande esponente radicale che ricordo come una delle più belle persone conosciute a Montecitorio), un deputato della sinistra uscì dall’aula borbottando «è così brutta che mi sento male anche ad ascoltarla». Io ero vicina a Rodotà ed esclamai: «figurarsi come siamo contente noi donne quando guardiamo Sanguineti». Anche nella prima Repubblica i maschi stavano stravaccati in Transatlantico a commentare le gambe delle colleghe.
(5 maggio)
Mi trovo in imbarazzo a commentare di nuovo, ma data la mia collocazione geografica, non ho altro modo per comunicare.
Mi considero un essere umano terrestre. In base alla biologia sono classificato come uomo. Sono anche socialmente classificato come uomo. In quanto tale, mi vergogno ancora una volta, per la violenza nei confronti di altri esseri umani, socialmente e biologicamente classificati come donne.
Rimango convinto che essenzialmente e fondamentalmente siamo esseri umani, uomini o donne, ed esiste un ampio spettro e non due poli lontanissimi.
Quando la discriminazione sessuale sarà considerata e perseguita come lo è, o dovrebbe esserlo, il razzismo, forse questo potrebbe essere un passo avanti concreto. Anche in merito al razzismo, decisamente in questo Paese la situazione è molto grave.
Se ci fosse un’opportunità, in questo momento, per un’azione sostenuta da alcune istituzioni, perché non insistere anche per dotare la lotta alla violenza sulle donne degli stessi strumenti, o, si spera, strumenti ancora più efficaci, che dovrebbero essere usati nella lotta al razzismo ? Con particolare attenzione al linguaggio delle ubique campagne pubblicitarie, ad esempio.
Purtroppo, in un Paese Cattolico come il nostro, il tutto si lega alle posizioni delle Istituzioni Cattoliche rispetto alla Donna, come la intendono loro, e all’Uomo, come lo intendono loro, a cui si collegano le violenze e le discriminazioni contro le persone LBGT.
Mi fermo.