“Bleah” Runner 2049….

e speriamo che il prossimo sia fra altri 40 anni

di Giuliano Spagnul

Se ci fosse bisogno di una prova per dire che la fantascienza è finita, ha esaurito la sua funzione – quella che per tutto il Novecento ci ha accompagnato nell’abituarci, nel rendere la nostra mente capace di sopportare i vorticosi cambiamenti che le conquiste tecnologiche e scientifiche stavano operando nel nostro quotidiano (nella nostra capacità di vivere uno spazio e un tempo, le relazioni sociali, il rapporto col nostro corpo in continua, e sempre più veloce, modificazione) – il film «Blade Runner 2049», sequel del film cult di oltre trent’anni precedente, ne costituisce, per così dire, la prova provata. Se soprattutto si assiste alla sua visione nella sala di una grande metropoli, all’uscita non si avverte alcuna soluzione di continuità. Non ci sembra proprio di essere stati immersi in un’altra dimensione, in un diverso mondo futuro. Gli abbigliamenti, i rumori, le pubblicità invadenti, gli schermi e le telecamere pervasivi e gli esseri umani con dispositivi permanentemente connessi sono lì ad attenderci nel mondo reale come in quello finto. Poi il senso di precarietà e quel sapore aspro di inquietudine per qualcosa di non precisato ma comunque sempre incombente, sottilmente minaccioso (il terrorista, il folle, il criminale, il drogato ma anche il semplice mendicante). Tutta la vita ormai sembra un Photoshop, un fake, un effetto speciale, un rumore che assorda e ci altera il battito cardiaco senza nessuno motivo apparente. Non c’è più bisogno di grandi frasi (per quanto puerili) come le navi da combattimento al largo dei bastioni di Orione. La fantascienza di oggi è il nuovo realismo, tutt’al più serve a confermare, a farci dire: sì, è così. Non siamo più sicuri dei nostri ricordi, soprattutto della loro autenticità; non sappiamo se siamo nati o siamo stati creati, con buona pace del vecchio Darwin. Certo, il film è un enorme sciocchezzaio, però andrebbe analizzato, insieme a quegli altri polpettoni come Dunkirk e compagnia bella che l’industria cineteleradiosmartcompweb… (quell’ibrido onnipervasivo che ha divorato i singoli media di un tempo) non cessa di vomitarci addosso. Un lavoro tutt’altro che facile poiché oggi ci mancano quegli attrezzi che una volta ci erano forniti (nel bene e nel male) dalle ideologie; oggi ci sentiamo persi e spaesati, in attesa di una nuova utopia che ci accolga nel suo grembo, parliamo a vanvera di capolavoro e genialità. Avremmo bisogno di nuovi strumenti e in ogni caso di non ridurre tutto a un ‘mi piace’, ‘non mi piace’ (una cosa brutta può benissimo piacere e viceversa, per il semplice fatto che il gusto, le emozioni, sono solleticate da tante cose e da momenti diversi). Forse servirebbe re-imparare a ragionare ristudiando quei vecchi testi, oggi in disuso, di Morin o di Bazin, per fare solo due esempi. Soprattutto rivedere i vecchi grandi film, la tanto derisa, dagli stolti, «Corazzata Potemkin», oppure anche semplicemente ascoltando i commenti ai film di un Vieri Razzini (con la sua grande collana di DVD che, ahimè, sembra aver chiuso). Ma si sa, il rumore che ci assorda, i citazionismi farlocchi da altri film più o meno grandi, un vecchio e imbarazzato Harrison Ford e un incolore Ryan Gosling… occorre molta pazienza per non imprecare. E Philip K. Dick? Certo non è stato tradito, come non lo è mai stato in nessun film tratto da una sua opera. Magari un bel tradimento, qualcosa che ci sorprenda, che sappia osare un approccio particolare, irriverente e demitizzante. Tutto il cinema dickiano non fa altro che rifare l’operazione inversa che Dick ha fatto con la fantascienza. Se Dick ha usato nel modo più parassitario e aggressivo la fantascienza, smontandola, parodiandola, facendola a pezzi sempre più minuti e irriconoscibili per poi rimontarla in un’opera affatto nuova, in una sorta di romanzo filosofico per le generazioni del nuovo millennio, il cinema non sembra fare altro che riassorbirlo e, depotenziato, riadattarlo a una nuova fantascienza buona per tutti i facili palati. «Blade Runner 2049» ne è uno degli esempi più riusciti.

Redazione
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5 commenti

  • L’articolo parte bene con una riflessione sulla fantascienza ma perde subito colpi (Blade Runner 2 somiglia alle città di oggi? Perché, quando uscì il primo, New York e Tokyo erano diverse?) e poi vira sul nostalgico (come si stava bene quando c’erano le ideologie che ci tappavano gli occhi ma infiammavano i cuori!, proprio come accade oggi agli esaltati dell’Isis) e sullo snob (ah, i grandi film muti sulla radiosa epoca della NEP girati da Snobinski!).
    My 2 cents senza voler assolutamente essere offensivo.

    • Giuliano Spagnul

      Da snob a snob, …erano diverse, erano diverse sì! Non certo le architetture (anche se per Milano c’è una bella differenza tra allora e oggi), ma i corpi che le abitano, i rumori, gli schermi, maledizione la telefonia mobile, il lavoro, ecc. ecc. Se la fantascienza (in tutte le sue forme: libri, film , fumetti, giochi, pubblicità…) non ci avesse accompagnato e plasmati a tutto questo, nell’arco del Novecento, oggi non ce la faremmo, non sarebbe possibile reggere. Nostalgia dell’utopia? Nient’affatto, ha fatto il suo corso, nel bene e nel male e oggi è del tutto esaurita, così come per la religione (la cui campana a morte è suonata ancor prima, nell’Ottocento). Ma attenzione nel valutare il passato, la religione è stata una grande invenzione e l’utopia ha permesso a un’enorme quantità di individui di sollevarsi collettivamente. Non è cosa da disprezzare con leggerezza anche se oggi questa non è più riproponibile e dobbiamo trovare un nuovo modo di ribellarci, di stare insieme e di resistere al nuovo potere che cerca di assoggettarci con nuovi e micidiali dispositivi. Tutto qua, in parole povere, anche se sempre in modo molto snob.

  • Ho visto BL2049 e sono tra i delusi: troppo lungo, troppo lento, poco di nuovo. All’epoca, Ridley Scott inventava miliardi di cose nuove e inchiodava lo spettatore davanti allo schermo, con un solo film ti cambiava la vita. Oggi Villeneuve, intimidito dal genio, porta avanti la lezione ordinatamente, senza mai superare il maestro. Il suo film non mi dice nulla che già non sapessi, non mi mostra nulla che già Scott non mi avesse mostrato. Blade Runner è un magnifico quadro incompiuto che lascia spazi bianchi all’interno della cornice, eppure è capace di darti stimoli e intuizioni di qualcosa che già allora si trovava OLTRE la cornice. Villeneuve riempie gli spazi bianchi dimostrando un grande talento, ma si ferma lì, non vuole andare oltre. BL2049 è il tributo al suo grande maestro, sentiva evidentemente la necessità di darlo. Punto. Non credo che vedremo Villeneuve dedicarsi, per esempio, a seguire le sorti dei replicanti e degli umani nelle fiorenti colonie extramondo. Ma lo vedo alla grande impegnato con la sua camera nel documentare, in un universo a 3000 anni da oggi, l’epopea della grande missione di soccorso lanciata dagli umani in aiuto degli Eptapodi….. chi vivrà vedrà.

  • Ci sono esperti di SF e fan di SF a cui questo film è piaciuto (io sono qua dentro). Ci sono altrettanti esperti di SF e fan di SF a cui questo film non è piaciuto. Pochissimi quelli che non sanno decidersi. La domanda è: com’è possibile? Questione solo di gusti? Chi ha ragione, se qualcuno ha ragione? Esiste davvero un film o un romanzo su cui tutti sono d’accordo?

  • Per la cronaca, ho trovato il seguito di BR noioso, pomposo, lento, ripetitivo, coi colpi di scena telefonati e abbastanza ridicolo (il tizio che spara sentenze filosofiche incomprensibili, Harrison Ford che ci mette tre ore ad annegare mentre i due cercano di strangolarsi come Paco e Chico, l’aidoru che scopa mediante donna di carne che nemmeno Gibson trent’anni fa ecc). Più che Dick, è Chandler a rivoltarsi nella tomba.
    Insomma, non mi è piaciuto per motivi molto diversi da quelli elencati dall’articolista di cui rispetto però naturalmente le opinioni.

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