Con l’aiuto del sole…

ovvero: alcune considerazioni sull’invincibile titano d’acciaio Daitarn 3

di Fabrizio (Astrofilosofo) Melodia   

«Per la pace del mondo combatterò i Meganoidi con il Daitarn 3! Se non hai paura di questa potenza, combatti!»: frase rituale pronunciata da Haran Banjo all’inizio di ogni combattimento (doppiaggio italiano, ed. Yamato).

Reika Sanjo è una graziosa e grintosa agente dell’Interpol giapponese, incaricata di verificare alcune attività illecite di un pezzo grosso in odore di attività mafiose e traffico di donne bellissime.

Dopo varie peripezie, riesce a infiltrarsi a un ricevimento esclusivo nell’isola-abitazione di Lord Sandrake, il magnate in questione, per reperire tutte le prove ma l’operazione viene rovinata dall’irruzione plateale al ricevimento di un bel giovanotto dal sorriso smagliante e dallo sguardo magnetico, che atterra spavaldo al centro della sala.

Lord Sandrake è visibilmente indispettito, mentre il giovanotto in questione, il quale risponde al nome di Haran Banjo, noto agente segreto, rivela la sua identità.

Egli non è altro che un comandante di un non meglio identificato gruppo di cyborg chiamati Meganoidi, i quali perseguono la segreta strategia di trasformare l’intera razza umana in immortali cyborg.

Haran Banjo sembra aver un motivato personale di risentimento nei confronti dei meganoidi, arrivando a definirli «la peggiore nemesi dell’umanità».

Dopo una serie di rocambolesche fughe, aiutato dalla sua assistente Beatifull Tachibana, una bionda tutto pepe, a bordo dell’auto iper-accessoriata Match Patrol (può persino trasformarsi in aeroplano) ecco giungere lo scontro finale.

Lord Sandrake rivelerà la sua natura meganoide trasformandosi nel più tremendo robot gigante da combattimento mai visto, il Megaborg.

Haran Banjo non si scompone e, premendo un pulsante dietro al suo medaglione, richiama dal cielo una specie di gigantesca astronave.

Dopo essere entrato dentro al veicolo, il modulo della Match Patrol si fonde con l’intera struttura, attivando la trasformazione meccanica che porterà l’astronave a prendere le sembianze di un gigantesco robot da combattimento, il Daitarn 3.

La lotta è cruenta e senza esclusione di colpi, ma il Daitarn 3 ha la meglio, grazie anche all’uso di una tremenda arma denominata “Attacco Solare”, in grado di perforare il corpo del mostro emettendo un gigantesco globo energetico.

Inizia così la vicenda di uno dei robot più amati da sempre, il Daitarn 3 (無敵鋼人ダイターン3 Muteki kōjin Daitān 3, letteralmente: «Daitarn 3, l’Invincibile titano d’acciaio»), protagonista di una serie anime televisiva giapponese di genere mecha, prodotta dalla Sunrise e creata da Yoshiyuki Tomino, autore anche di Gundam, con il mecha design di Kunio Okawara e le musiche di Takeo Watanabe e Yuji Matsuyama.

La serie, composta di 40 episodi, fu realizzata nel 1978, e trasmessa per la prima volta in Italia nel 1980.

La trama si sviluppa in maniera episodica. Si fa la conoscenza dell’eccezionale e serafico maggiordomo tuttofare di Banjo, il paziente Garrison Tokida e dell’orfano Toppi, salvato durante uno dei più amati episodi dell’intera serie, «L’attacco del generale Neros».

A poco a poco si svela il passato di Haran Banjo, che si porta dentro la colpa di essere il figlio del professor Haran Sozo, creatore dei Meganoidi, uomo totalmente dedito al suo sogno di realizzare i cyborg perfetti, trascurando la famiglia.

I suddetti cyborg, sfuggiti al suo controllo, s’impadroniscono del pianeta Marte, nuova colonia terrestre, sottoponendo a tortura il loro creatore e sua moglie, mentre Haran Banjo non può fare altro che fuggire dal pianeta a bordo del Daitarn 3, anch’esso costruito da suo padre.

La sua spettacolare fuga da Marte con i Meganoidi alle calcagna e le ragioni del suo odio per loro vengono rivissute in flashback durante un episodio in cui Haran Banjo viene sottoposto a tortura psicologica dal temibile comandante Freud, citazione non casuale in tutto l’anime, pervaso – nonostante l’assetto giocoso della serie – sulla tematica del perturbante e del conflitto edipico.

I Meganoidi sono comandati da Don Zauker, il primo meganoide creato e dalla bella Koros, volitivo comandante supremo dell’esercito, interprete dei suoni atoni che Don Zauker pronuncia.

Una serie di mirabolanti avventure e combattimenti, che spaziano dalla fantascienza all’avventura e all’horror, conducono Banjo e i suoi compagni a sostenere la battaglia finale, nel disperato tentativo di sventare il folle piano di Koros, che vuol far collidere Marte con la Terra.

«Dopo averlo eliminato [il padre], dopo aver placato il loro odio e realizzato la propria identificazione con lui, essi dovettero dar sfogo agli impulsi affettuosi che erano stati sopraffatti. Lo fecero sotto forma di pentimento; provavano un senso di colpa che in questo caso coincide col rimorso sentito collettivamente. Il morto divenne più potente del vivo; tutte cose che anche oggi ritroviamo nelle vicende umane. Ciò che prima il padre aveva impedito con la sua presenza, i figli ora se lo proibivano da soli, nella situazione psichica nota in psicoanalisi come “ubbidienza postuma”. Essi rinnegarono la loro azione, proibendo la uccisione del totem, sostituto del padre, e rinunciarono a goderne i frutti, rifiutando di aver rapporti sessuali con le donne che ora erano libere. Così il rimorso filiale ha generato i due tabù fondamentali del totemismo che coincidono perciò con i due desideri rimossi del complesso di Edipo. Chi contravveniva a questi tabù si rendeva colpevole dei due soli crimini che interessassero la società primitiva»: così Sigmund Freud in «Totem e tabù» (a cura di G. Berrettoni, Fratelli Melita Editori, 1991, pag. 153).

Eliminato Don Zauker, totem cieco rappresentante tutto quello che del padre era odiato, Haran Banjo si riconcilia con la madre rappresentata da Koros e ora libera dal rapporto di potere/dipendenza dal Dio Sordo e Cieco che si esprime per suoni inesistenti.

Ecco dunque come essa assurge a specchio di una società nevrotica, dominata dalla tecnica e dall’istinto di morte, che vede perpetuare se stessa anche nei figli.

Haran Banjo vince la guerra ma rimane solo, come testimoniano le ultime scene della serie, in totale contrasto con lo spirito da “commedia”.

In ultima istanza, Garrison, avviandosi verso l’uscita, batte il piede a terra e urla al cielo «Daitarn, in azione» ma il robot non può più intervenire.

L’età adulta è stata raggiunta e ora, senza più una guida, la nuova gioventù deve decidere da se stessa il proprio destino, senza bagagli troppo pesanti da spartire con i “padri”, totem ormai vuoti e decaduti miseramente.

Due parole sul robot, il primo fra tutti i mecha ad avere una mimica facciale. Con i suoi quasi 120 metri di altezza, Daitarn 3 è uno dei mecha più alti mai ideati. Tuttavia è superato dal Danguard Ace (210 metri), dal Gunbuster (200 metri), dal Getter Emperor (scala planetaria), dall’Arc-Gurren-Lagann (scala Arca) e dal Tengen Toppa Gurren Lagann (Sfondamento dei cieli Gurren Lagann nella versione italiana, più alto di un’intera galassia).

Nella lega del Daitarn 3 compaiono acciaio e l’oro sottratto dalle miniere meganoidi di Marte, battezzato chogokin (“super-lega”). Il Daitarn 3 ha diverse configurazioni:

  1. Modulo Aereo: il Daitarn 3 in volo.
  2. Modulo Corpo Base: il Daitarn 3 in versione robot da combattimento; ricorda vagamente, specie la testa, le armature giapponesi classiche.
  3. Modulo Carro Armato: il Daitarn 3 trasformato in un gigantesco carro armato con due cannoni.
  4. Modulo Spaziale: per combattimenti nello spazio, è praticamente identico alla configurazione aereo.

Possiede diverse e devastanti armi ma l’arma “finale” del Daitarn 3 è solitamente l’Attacco Solare, con la quale Banjo sconfigge tutti i suoi nemici. In realtà il Daitarn dispone di un’arma ancora più potente: la Scissione Attacco Solare (Attacco Solare a Tempesta nella versione della Dynamic) e viene utilizzata da Banjo solo una volta nel 39º episodio.

 

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