Congo: un’amnistia arbitraria mentre…

… si discute delle prossime elezioni

di Donata Frigerio (*)

La Ceni, Commissione elettorale nazionale indipendente, come dice il nome è incaricata di preparare le elezioni nella Repubblica Democratica del Congo. I congolesi, dal lontano 1960, hanno votato democraticamente, con voto segreto, per la prima volta, nel 2006 e in seguito nel 2011. Vista la dubbia indipendenza della Ceni nel 2011 essa è stata riformata.  L’attuale presidente, il sacerdote Apollinaire Malu Malu, ha presentato ultimamente all’Assemblea nazionale dei deputati due proposte di «tabella di marcia» per la continuazione del processo elettorale. In una prima proposta le elezioni locali ed amministrative, compresi deputati provinciali, senatori nazionali, governatori provinciali, avverrebbero nel 2015, mentre quelle a suffragio universale diretto del presidente della repubblica e dei deputati nazionali sarebbero previste per il 2016. Nel secondo caso il processo elettorale terminerebbe nel 2017 con l’elezione dei senatori nazionali e dei governatori di provincia.

La Ceni pensa che eleggendo i deputati provinciali a suffragio universale indiretto, cioè attraverso « grandi elettori » scelti dalla popolazione, si risparmierebbero tempo e denaro ma questa ipotesi è anticostituzionale. La Costituzione prevede l’elezione dei deputati provinciali a suffragio universale diretto e la revisione di questo articolo aprirebbe la via a una più ampia revisione della Costituzione. I partiti d’opposizione e presumibilmente il popolo congolese non vogliono modificare l’articolo 70 che definisce:  «Il Presidente della Repubblica è eletto a suffragio universale diretto per un mandato di cinque anni, rinnovabile una sola volta». L’opposizione politica e l’opinione pubblica reclamano con forza le elezioni a suffragio diretto dei deputati provinciali, per poter rinnovare il Senato, a fine mandato già da due anni.

Inoltre, in seguito alle elezioni truccate del 2011, non tollererebbero né un eventuale prolungamento del mandato presidenziale, né una minima revisione costituzionale. Il suffragio universale indiretto aumenterebbe la distanza fra le istituzioni e il popolo e non sarebbe scevro da possibili atti di corruzione.

E’ necessario che la Ceni proceda anche alla verifica del database elettorale attuale, eliminando eventuali doppioni, i defunti e gli stranieri che si erano illegalmente iscritti; introducendo gli elettori che erano stati precedentemente omessi e coloro che, nel frattempo, hanno raggiunto la maggior età, diventando quindi nuovi potenziali elettori, mappando le circoscrizioni, le sezioni e i seggi elettorali a partire dai dati di cui dispone, aggiornandoli all’attuale situazione demografica e amministrativa locale.

 

UNA AMNISTIA FONDATA SULL’ARBITRARIETÀ

 

L’11 febbraio scorso, il capo dello Stato, Joseph Kabila, ha promulgato la legge sull’amnistia per i fatti d’insurrezione e di guerra e le infrazioni politiche commessi sul territorio congolese nel periodo compreso tra febbraio 2006 e dicembre 2013, data della scadenza dell’ultimatum ai i gruppi armati per deporre le armi. Sono esclusi dal campo di applicazione della legge i crimini di genocidio, i crimini contro l’umanità, i crimini di guerra, il terrorismo, gli atti di tortura, i trattamenti crudeli, disumani o degradanti, lo stupro e altre forme di violenza sessuale, il reclutamento e l’utilizzazione di bambini soldato e tutte le altre violazioni gravi dei diritti umani.

Si tratta di una legge molto breve e sintetica (7 articoli in tutto) quindi molto generica, difficile forse da interpretare e da applicare. Alcuni avvocati auspicano la creazione di un tribunale speciale per i crimini commessi nella RD Congo, che possano stabilire chi ha commesso crimini di guerra e contro l’umanità, stupri, violenze sessuali e reclutamento di bambini soldato, perchè non potranno essere i politici a decidere su queste questioni.

Nel testo della legge, si definiscono :

  1.      fatti d’insurrezione, tutti gli atti di violenza collettiva commessi attraverso minacce o il ricorso alle armi, con il fine di rivoltarsi contro l’ordine costituito per esprimere una rivendicazione o un malcontento;

2. fatti di guerra, gli atti inerenti alle operazioni militari conformi alle leggi e consuetudini di guerra che, in occasione di un conflitto armato, hanno causato un danno a terzi;

3. infrazioni politiche:

– le azioni che attentano contro l’esistenza, l’organizzazione e il funzionamento dei pubblici poteri;

– gli atti illegali di amministrazione e di gestione del territorio, le cui circostanze rivestono un carattere politico.

Queste categorie non servono che a nascondere realtà molto più drammatiche: invasione straniera, occupazione militare del territorio, sfruttamento illegale delle risorse naturali, traffico illegale di armi, terrorismo, banditismo. Inoltre sembrano legittimare il ricorso alla violenza e alle armi da parte di alcuni gruppi, a scapito del diritto alla protesta pacifica e legittima della popolazione.

Il rischio è che tutti gli atti che dovrebbero essere classificati nella categoria dei crimini di guerra e contro l’umanità, oggetto di sanzioni da parte di tribunali nazionali e internazionali, siano improvvisamente trasformati in semplici atti di guerra o d’insurrezione, oggetto d’amnistia. È inammissibile che individui che hanno disertato l’esercito, hanno ucciso, violentato e saccheggiato siano improvvisamente riammessi nella società civile, attraverso un’amnistia concessa in nome di una cosiddetta coesione nazionale.

Sembrerebbe un’amnistia per  favorire i ribelli del gruppo armato M23.

Il Movimento del 23 marzo (in breve M23) è nato in ricordo degli accordi di pace del 23 marzo 2009, disattesi, fra il governo congolese e il precedente gruppo armato comandato dal rwandese Laurent Nkunda, CNDP ovvero Congresso Nazionale per la difesa del popolo, ora sciolto. M23 ha controllato per 18 mesi alcune zone del Nord Kivu, vessando con grande violenza la popolazione dei territori occupati, organizzando uno Stato parallelo. Si teme che, a eccezione di qualche centinaio di individui (oggetto di sanzioni internazionali e sospettate di crimini di guerra, quindi non soggette ad amnistia)  i circa 2300 membri di M23, possano ritornare in Congo – da Rwanda e Uganda, dove si trovano adesso –  e vivere indisturbati fra la popolazione che hanno martirizzato per 18 mesi. In sintesi: secondo alcuni osservatori questa legge sull’amnistia favorirà i membri dell’M23 che ormai potranno sfuggire facilmente alla giustizia, come le persone che si suppone non siano implicate in “crimini gravi”. Potranno inserirsi nella società civile congolese e, addirittura, reintegrarsi nelle istituzioni dello Stato (esercito, amministrazione…). Alcuni membri dell’M23 che sono in carcere potranno essere liberati, mentre le persone ricercate dall’Onu non ritorneranno in RD Congo e continueranno a vivere in libertà in Ruanda e in Uganda.

Alla fine, tutti i membri dell’M23 rimarranno in libertà, nonostante le atrocità che hanno commesso (massacri, stupri e saccheggi). E ciò in virtù di una legge approvata dal Parlamento congolese, promulgata dal presidente della Repubblica e applaudita dalla comunità internazionale. La legge sull’amnistia rischia dunque di confermare il regno dell’impunità. Spetterà al governo e al presidente della Repubblica evitare tali bassezze e approfittando  di una legge sbagliata trasformarla, si spera, in un’opportunità per far venire alla luce la verità, rendere la giustizia e favorire una vera riconciliazione nazionale.

Vedi http://paceperilcongo.it

(*) Ho chiesto a Donata Frigerio di “riscrivere” – quando può (questo è il terzo appuntamento) – gli editoriali di «Congo attualità» per il blog: non perché questo bollettino sia poco informato (anzi) ma perché si rivolge a chi già si muove in solidarietà con il Congo e dunque ha un quadro di riferimento abbastanza preciso; proprio quello che invece manca a chi legge codesto blog e ancor più a italiane/i da sempre vittime della disinformazione dei grandi (supposti) media e che dunque faticano a decifrare le pochissime (confuse e spesso volutamente omissive) notizie che ogni tanto bucano il muro del silenzio sull’Africa in generale e sul Congo in particolare.

 

Redazione
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