Contro guerra ed economia di guerra

Oltre lo sciopero del 20 maggio scorso – a cura di S.I. Cobas.

Aspettando la manifestazione del 2 giugno… con un appello del «Movimento No Base – né a Coltano né altrove» e una riflessione di Danilo Tosarelli.

 

Immagine ripresa da Radio Onda d’Urto

Il contratto della sanità pubblica è scaduto dal 31 dicembre 2019. In un mondo sconvolto da pandemia, crisi economiche, crisi ecologica e guerre, stride questa immobilità in un contesto che peggiora velocemente.

Le spese per la guerra trovano stanziamenti urgenti: 800 milioni pronta cassa per le armi spacciati come singolari veicoli di pace nel conflitto tra Russia e NATO. Per i contratti, la regola è il rinvio: la copertura economica è da trovarsi, ci sono i vincoli di bilancio, i rilievi della Corte dei Conti, nonché i cavilli contabili della Ragioneria di Stato e per finire la disputa di competenze tra Governo e Regioni.

Neanche il rinnovo dei parlamentini delle RSU ha dato la scossa che ci si aspettava. Poteva essere un nuovo segnale di ritorno alla “normalità” pre-pandemica, ma evidentemente una cosa è la cosmesi democratica altra cosa sono i soldi, soldi che non vanno a rivalutare gli stipendi fermi da anni perché servono a sostenere rendite, profitti di guerra e di pace (ma sempre capitalistici) e parassitismo sociale.

Le politiche di reclutamento del personale in tutta l’area sanitaria, sia pubblica che privata hanno favorito la crescita numerica degli OSS (costano meno) e proporzionalmente una decrescita delle professioni sanitarie.
Nel variegato mondo delle attività socio sanitarie (cura di anziani, disabili, cronici e fragili), la figura dell’OSS è diventata centrale ed ha eroso ruolo e competenze strettamente professionali. Anche il numero è cresciuto di conseguenza. Oggi gli OSS sono tutt’altro che marginali, sono 56.000 ed il trend è in crescita.

Questa evoluzione del mercato del lavoro che non guarda a titoli, master o professionalità variamente definite è sostenuta dall’imprenditoria pubblica e privata. Cosi si è imposto il passaggio degli OSS dal ruolo tecnico a quello sociosanitario. Ovviamente questo è solo un escamotage linguistico per parare le ire professionali degli ordini. Fatto sta, che questa figura si impone nella pratica e deve trovare spazio nella contrattazione.
Resta un problema. Al profilo acquisito per via extracontrattuale deve corrispondere un conseguente inquadramento economico.

L’ipotesi più accreditata dovrebbe essere il passaggio nel livello C. o una indennità specifica.
Su questo punto, e più in generale sul riassetto dei profili e delle aree, assistiamo all’impasse del Comitato di Settore della Sanità, organismo che vede il concorso di Regioni e Governo, detta le linee di indirizzo e fissa le grandezze di spesa.
Tutta questa diatriba serve a dilatare i tempi della firma e serve ancor di più a non affrontare la questione del salario: per costoro è come se gli “angeli” e gli “eroi” della pandemia non avessero una vita materiale e bisogni da soddisfare. In attesa che dalle segrete stanze emergano dettagli, si ragione su un aumento medio di 175 € ma solo a regime e cioè solo dal 2021, comprensivo quindi della vacanza contrattuale, e un
compenso irrisorio una tantum per gli aumenti non corrisposti e comunque già bruciati dal rincaro dei beni energetici e dall’inflazione che inizia a marciare a due cifre.

Le divisioni tra i lavoratori della sanità, alimentate dalle cattive sirene di una malintesa professionalità, vanno rigettate e al loro posto rivendichiamo la quattordicesima mensilità e la scala mobile per tutti, a difesa dall’inflazione.
Rivendichiamo un contratto unico per tutta l’area sanitaria, da costruirsi con lotte per obbiettivi comuni.
I soldi ci sono, basterebbe non finanziare le guerre che perseguono un ordine che non potrà mai esistere perché generato dalla concorrenza per i mercati e destinato ad essere sempre rimesso in discussione.

Noi lavoratori, salariati, precari, disoccupati siamo già in guerra per la nostra sopravvivenza!
Rigettiamo le guerre della borghesia internazionale. Siamo con i lavoratori di tutto il mondo!
Per questo il 20 maggio aderiamo allo sciopero generale contro la
guerra promosso dal sindacalismo di base.

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Nessuna base per nessuna guerra
Il 2 giugno manifestazione nazionale a Coltano (Pisa) – Appello del Movimento No Base – né a Coltano né altrove
440.000 metri cubi di edifici. 73 ettari di territorio cementificato a fini militari. In un territorio già insopportabilmente militarizzato. All’interno di un parco naturale, dove non si potrebbe cementificare un metro quadro. In segreto, in aperto spregio alla trasparenza democratica e alla partecipazione popolare. A danno di chi ci vive e chi ci lavora. Attraverso le procedure del PNRR, con soldi pubblici – 190 milioni di euro – che dovrebbero essere ufficialmente destinati a fondamentali progetti ambientali e bisogni sociali. Nel contesto di un tragico e pericolosissimo scenario di guerra in cui il governo decide di eliminare l’iva per i servizi e beni militari anziché finanziare scuole, sanità, edilizia popolare e agevolata, misure di prevenzione e contrasto della violenza di genere.
Questo è ciò che ha cercato di imporre al territorio pisano e in particolare alla comunità di Coltano e al Parco di Migliarino San Rossore Massaciuccoli il decreto del Presidente del Consiglio dei Ministri Mario Draghi pubblicato il 23 marzo 2022 sulla Gazzetta ufficiale e tenuto nascosto da più di un anno da chi governa a livello locale, il sindaco Michele Conti e il presidente della Regione Eugenio Giani, e nazionale. Un chiaro attacco alla democrazia rispetto al quale la popolazione chiede il ritiro immediato del decreto.
Contro questa imposizione un territorio è insorto, con forza. Da ogni parte d’Italia arrivano
solidarietà e sostegno. Tanti territori si riconoscono in Coltano, perché i tratti costitutivi del progetto di base militare, sono propri del sistema capitalista e patriarcale in cui siamo immers*.
Un sistema che associa la sicurezza al controllo, al filo spinato, ai mezzi blindati. Un sistema che vuole trasformare Pisa nella più importante piattaforma logistica per la guerra, da Camp Darby all’aeroporto militare. Per noi la sicurezza è diritto a un’abitazione dignitosa, autodeterminazione e indipendenza economica, un ambiente e un cibo sano, servizi sociali che funzionano, diritti e sicurezza sul lavoro, libertà dalla violenza e dalla devastazione su corpi e territori.
Un sistema che disprezza la tutela dell’ambiente e del paesaggio, perché è un ostacolo alla
produzione continua e incontrollata. Nel quale la guerra è il paradigma dell’inquinamento e della distruzione delle risorse. Per noi il mondo che verrà avrà più campi da coltivare e meno speculazione edilizia, più biodiversità e meno ruspe, più tutela delle risorse naturali, più risorse ai parchi per vivere meglio e più a lungo.
Un sistema che si fonda sull’economia di guerra che investe in armi, continua ad aumentare le spese belliche, invia missioni militari all’estero è l’espressione più organizzata della violenza patriarcale che impone e riproduce identità di genere funzionali a questo sistema. Noi vogliamo che le risorse pubbliche vengano utilizzate davvero per rimuovere gli ostacoli di ordine economico, sociale, di genere e provenienza che limitano la libertà e l’uguaglianza dei cittadini e delle cittadine.
Noi vogliamo un mondo di pace in cui le persone possano crescere e vivere sapendo che i loro diritti sono garantiti e non debbano avere paura.
Un sistema opaco, autoritario, patriarcale e razzista. Che pensa di poter decidere sulla vita di tutti e tutte noi per decreto, scavalcando discussione e partecipazione. La nostra idea di democrazia è ascolto, interesse collettivo, partecipazione, trasparenza.
CONTRO la costruzione di una nuova base militare a Coltano e in qualunque altro territorio, PER ribadire che i soldi pubblici devono essere spesi per la nostra sicurezza sociale e l’accesso ai servizi, la tutela dell’ambiente e del territorio.
Per questo e per molto altro lanciamo
la manifestazione nazionale del 2 giugno a Coltano(Pisa) h 14,30 Villa Medicea
Per un 2 giugno contro la guerra.
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Impensabile un aumento dei salari?
di Danilo Tosarelli
Noi sappiamo che le politiche della Unione Europea fanno acqua da tutte le parti.
Dopodiché è interessante scoprire le buone intenzioni.
Il Consiglio Europeo, si pone un obiettivo nei confronti dei lavoratori.
Quello di una retribuzione equa che possa garantire un tenore di vita dignitoso.
Da lì il via ai negoziati,  per l’introduzione del salario minimo Europeo.
Giusto precisare cosa è il salario minimo.
È la paga oraria, giornaliera o mensile corrisposta ad un tipo di lavoratore.
Il datore di lavoro non può dare un salario più basso di quello prestabilito.
È la legge a tutelare quel lavoratore nei suoi diritti.
A mio avviso, una scelta di civiltà che sfido chiunque a contestare.
Eppure, solo 21 Paesi sui 27 dell’Unione Europea, lo hanno istituito.
Neanche a dirlo. Dove pensate sia L’Italia?
L’Italia è tra questi 6 Paesi, nonostante i partiti italiani ne parlino da tempo.
Nella vita contano i fatti e la politica italiana dovrebbe avere grandi rimorsi.
È vero, che esistono i contratti nazionali di lavoro che definiscono i salari.
Ma quanti lavoratori ne sono sprovvisti e subiscono bieco sfruttamento?
Istituire il salario minimo anche in Italia, significherebbe fare un salto di qualità.
Io sono tra quelli che ne sostiene la necessità.
Innescherebbe il circolo virtuoso. Più consumi, più PIL, più occupazione.
Ma qualcun altro è contrario ed è tutto dire…
Secondo costoro, si scoraggerebbero le imprese ad assumere.
Un eccessivo costo del lavoro frenerebbe nuova occupazione.
Non si Innescherebbe quindi, alcun circolo virtuoso utile al Paese.
È proprio vero che i padroni non hanno mai smesso di fare lotta di classe.
Chi sarà mai contrario all’istituzione del salario minimo?
Questo è il compitino a casa che vi affido.
Dicevamo, che il salario minimo serve soprattutto a chi non ha CCNL.
Ma in Italia si dice NO, anche ai rinnovi contrattuali.
In Italia i CCNL sono 992 e coprono 16,6 milioni di occupati.
Ad oggi, gli accordi scaduti sono ben 662 pari al 62,7% del totale.
Può essere utile alla nostra riflessione, perché di grande attualità.
Il Ministro del lavoro Orlando ha proposto la cosa più ovvia del mondo.
Aiuti alle imprese, subordinati al rinnovo ed adeguamento dei contratti.
Il presidente di Confindustria Bonomi lo considera un ricatto.
Secondo Bonomi “è impensabile aumentare i salari. La strada è un’altra.
Per mettere i soldi in tasca agli italiani occorre diminuire le tasse”.
Bonomi, per non mettere mano al suo portafoglio, divaga su altro.
La tassazione in Italia andrebbe rivista?
Certamente SI e non mi dilungo, perché c’è sproporzione tra tasse e servizi resi.
Senza poi parlare dell’enorme evasione fiscale e contributiva che grida vendetta.
Dopodiché, presidente Bonomi esiste o no in Italia il problema salari?
Possibile,  che solo in Italia si debba assistere allo scempio del potere di acquisto?
Ad aprile 2022 nell’Eurozona, l’inflazione ha raggiunto il 7,5%.
Non lo dico io, bensì Philipe Lane, economista BCE.
Gli aumenti concordati, faranno crescere i salari delle maggiori economie europee.
Philipe Lane, che certamente non è un comunista, ipotizza aumenti intorno al 3%.
Andatevi a vedere le varie tabelle e vi accorgerete che i salari aumentano ovunque.
In Europa aumentano ovunque, tranne che in Italia.
Vi riporto i dati OCSE e provo vergogna e rabbia nel proporveli.
Il salario medio di un lavoratore italiano, tra il 1990 e il 2020, è diminuito del 2,9%.
Nel 2020  era di 37769 dollari e nel 1990 era di 38893 dollari.
Il lavoratore italiano, dopo 30 anni, prende circa 1000 dollari in meno di retribuzione.
Tutto ciò ha dell’incredibile, ma non temo smentite.
In questi 30 anni, gli stipendi in USA sono cresciuti del 50%.
I lavoratori tedeschi e francesi, rispetto al 1990,  prendono salari con più 30%.
In Italia cresce invece la povertà assoluta. 8,2% al Nord e 12,1% al Sud.
Mi piacerebbe conoscere l’opinione del Presidente Bonomi.
Se è vero che vi è una corsa all’inflazione che non si registrava da oltre 10 anni.
Se è vero che tutto ciò riduce il potere di acquisto di salari e pensioni.
Se è vero che il mercato ha bisogno di persone che spendano per acquistare.
Se è vero, che se non ho di che spendere, il mercato rallenta e poi si ferma.
Presidente Bonomi… come fa a ritenere IMPENSABILE un aumento dei salari?
Ma la stessa domanda va rivolta a chi non fa nulla per sbloccare la situazione.
Mi rivolgo principalmente a sindacati e partiti di sinistra che dir si voglia.
La questione salariale nel nostro Paese è una vera emergenza.
Non può essere, che le logiche del governo Draghi addormentino le coscienze.
Non ci servono qua e là qualche elemosina. Il bonus da 200 euro.
In Italia si chiede innanzitutto, di rinnovare adeguatamente i contratti di lavoro.
Neppure il dramma della guerra in Ucraina può giustificare tutto ciò.
Non può essere che si trovino i soldi per inviare armi e si lesini sui salari.
Gli altri Paesi europei non dimenticano i loro lavoratori e i loro pensionati.
La verità è che in Italia il dibattito politico langue ed è lontano dalla gente comune.
Ne sono la riprova i referendum sulla giustizia.
Si voterà fra pochi giorni e la maggioranza dei cittadini non ne sa nulla.
Dal punto di vista della democrazia esercitata, un clamoroso flop.
Un esempio fulgido, di come si voglia esautorare il cittadino.
Si fa credere che lo si vuole far contare… ma poi.
Non lo si mette nelle condizioni di poter capire e quindi scegliere.
Vuoi non far capire qualcosa a qualcuno?
Basta complicare quella cosa ed il risultato è ottenuto.
Ed in Italia siamo gran maestri.
Redazione
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