Bombe fra Sardegna, Yemen e Arabia Saudita

Documenti di Amnesty International, Comitato Riconversione RWM e Italia nostra Sardegna

CONTRO LE PRODUZIONI DI MORTE IN SARDEGNA E OVUNQUE

COMUNICATO STAMPA di Comitato Riconversione RWM e Italia Nostra Sardegna – 7 NOVEMBRE 2018

Stando alle informazioni finora ricevute, il Comune di Iglesias potrebbe aver già deciso di autorizzare la realizzazione di 2 nuove linee produttive di bombe per aereo nel territorio iglesiente, in Regione San Marco. L’ampliamento porterà la fabbrica a triplicare l’attuale produzione come già annunciato alla stampa dall’amministratore delegato (http://www.lanuovasardegna.it/regione/2018/07/09/news/fabbrica-delle-bombe-intervista-con-l-ad-sgarzi-via-al-raddoppio-o-si-chiude-1.17043926).

Nei mesi scorsi il Comitato Riconversione RWM e Italia Nostra Sardegna si sono costituiti nella Conferenza dei Servizi convocata per il procedimento autorizzativo in qualità di portatori d’interesse diffuso e hanno fatto presenti all’amministrazione comunale di Iglesias numerose perplessità rispetto alla compatibilità ambientale del progetto ed alla correttezza dell’operazione dal punto di vista giuridico.

La Giunta Comunale ha riferito proprio ieri, ricevendo i portavoce del Comitato, che l’ufficio preposto ha ritenuto di non considerare i parere espressi dall’associazionismo e, non essendo pervenuti altri pareri contrari, autorizzerà i nuovi reparti di produzione senza ulteriori indagini, cioè senza neppure chiedere alla Regione la Valutazione dell’Impatto Ambientale, come invece aveva ritenuto di fare per il Campo Prove Esplosivi (R140).

È il caso di rilevare che l’area oggetto dell’insediamento si trova vicina al centro abitato, in una zona boschiva a ridosso del Sito di Interesse Comunitario “Marganai – Monte Linas” e la fabbrica non è mai stata sottoposta a VIA.

Triplicare la produzione significherà inevitabilmente moltiplicare anche i rischi per l’ambiente dovuti sia alle emissioni inquinanti della fabbrica che al continuo traffico di mezzi pesanti carichi di sostanze esplosive e tossiche che attraverseranno in quantità tripla le strade, i porti e gli aeroporti della Sardegna in entrata ed in uscita, dato che, oltre ad esportare fuori dall’isola tutta la produzione, lo stabilimento ha necessità di importare regolarmente le sostanze utilizzate per il confezionamento delle bombe.

Ci avvieremmo così a concedere ancora una volta il nostro territorio ad un’economia di morte, connotando il Sulcis Iglesiente come terra delle bombe e non dello sviluppo sostenibile e della pace, come potrebbe essere con una politica lungimirante.

Regaliamo la nostra reputazione e il nostro futuro in cambio di un lavoro i cui introiti sono infimi rispetto a quelli dell’azienda pesantemente coinvolta nella guerra in Yemen, che seguirà il mercato e quando lo riterrà opportuno, a prescindere dai nostri bisogni, lascerà qui l’ennesimo scheletro inutilizzabile.

Siamo ad uno snodo storico: trovare una soluzione partecipata e sostenibile per un lavoro degno, o rimanere invischiati in una logica che fa decidere ad altri che nello scenario mondiale di guerra a pezzi siamo quelli disposti a tutto.

Il Comitato Riconversione RWM e Italia Nostra Sardegna, mentre continuano a sperare in un ripensamento da parte del Comune di Iglesias – anche perché ritengono che si tratterebbe di una autorizzazione rilasciata forzando la normativa e con numerosi vizi di legittimità – chiedono alla politica locale, regionale e nazionale, così come alle autorità religiose e morali, di intervenire a sostegno di una soluzione che scongiuri tutto questo e sollevi il territorio dal coinvolgimento in un conflitto definito dall’ONU la peggiore catastrofe umanitaria di questo secolo.

I portavoce: Arnaldo Scarpa – Cinzia Guaita (Comitato Riconversione RWM) — Graziano Bullegas (Italia Nostra Sardegna)

Hanno aderito : Pax Christi, Medicina Democratica Onlus

https://www.medicinademocratica.org/wp/?p=7202

 

AMNESTY INTERNATIONAL CHIEDE AGLI STATI MEMBRI DELLE NAZIONI UNITE DI ROMPERE IL SILENZIO ASSORDANTE SULLE CRUDELTÀ DELL’ARABIA SAUDITA
In vista dell’Esame periodico universale cui lunedì 5 novembre il Consiglio Onu dei diritti umani sottoporrà l’Arabia Saudita, Amnesty International ha ammonito i 193 stati membri delle Nazioni Unite che in quell’occasione la loro credibilità verrà messa in gioco.
Gli stati membri delle Nazioni Unite devono rompere il loro assordante silenzio e fare il loro dovere, ponendo sotto esame le crudeltà che vengono commesse in Arabia Saudita in modo da impedire ulteriori oltraggiose violazioni dei diritti umani tanto all’interno del paese quanto in Yemen”, ha dichiarato Samah Hadid, direttrice delle campagne di Amnesty International sul Medio Oriente.
La duratura repressione del governo saudita nei confronti di chi esprime critiche, esemplificata dalla recente esecuzione extragiudiziale del giornalista Jamal Khashoggi, finora è stata ostinatamente ignorata dagli stati membri delle Nazioni Unite”, ha aggiunto Hadid.
La macabra morte di Jamal Khashoggi ha mostrato fino a che punto le autorità saudite sono disposte ad arrivare per reprimere il dissenso pacifico. Da quanto Mohammad bin Salman è diventato principe della Corona, la repressione non ha fatto altro che peggiorare”, ha sottolineato Hadid.
Dopo il precedente Esame periodico universale da parte del Consiglio Onu dei diritti umani, risalente al 2014, l’Arabia Saudita non ha fatto nulla per migliorare la situazione dei diritti umani e ha ignorato le più importanti raccomandazioni su cui si era impegnata ad agire.
Nel suo rapporto “Riforme senza i diritti umani, pubblicato nel luglio 2018, Amnesty International ha elencato un vero e proprio catalogo di violazioni dei diritti umani che si verificano in Arabia Saudita: repressione sistematica della libertà d’espressione, giri di vite nei confronti dei difensori dei diritti umani, aumento delle esecuzioni capitali, discriminazione contro le donne e la minoranza sciita e gravi violazioni ai danni dei civili nel corso del devastante conflitto armato in corso nello Yemen.
Mai come ora servono un esame e una forte azione da parte degli stati membri delle Nazioni Unite. La comunità internazionale ha il dovere di chiamare le autorità saudite a rispondere della loro incessante repressione ai danni dei diritti umani e delle sue violazioni nel contesto del conflitto yemenita. Gli stati che hanno notevole influenza sull’Arabia Saudita devono fare tutto quanto è in loro potere per impedire ulteriori violazioni e premere sulle autorità del regno affinché vengano attuate serie riforme nel campo dei diritti umani, a partire dall’immediato e incondizionato rilascio di tutti i prigionieri di coscienza, compresi i difensori dei diritti umani, e l’abolizione del sistema della guardiania maschile”, ha commentato Hadid.
Tutti gli stati che forniscono armi all’Arabia Saudita e ai membri della sua coalizione impegnata nello Yemen dovrebbero sospendere ogni invio, dato che sulla base delle evidenti prove presentate da Amnesty International tali forniture potrebbero essere usate per compiere gravi violazioni e possibili crimini di guerra nello Yemen”, ha concluso Hadid.
ULTERIORI INFORMAZIONI
Dall’ultimo Esame periodico universale del 2014, l’Arabia Saudita non ha attuato molte delle raccomandazioni accettate all’epoca, tra le quali: l’abolizione del sistema della guardiana maschile nei confronti delle donne; l’introduzione del reato di femminicidio e l’accoglimento della Raccomandazione generale 19 del Comitato per l’eliminazione della discriminazione contro le donne; l’adozione di leggi atte a garantire la libertà di manifestazione pacifica e a consentire alle Ong di operare senza timore di rappresaglie; la fine della discriminazione ai danni delle donne e delle minoranze; la garanzia di procedure eque e processi regolari; il divieto di maltrattamenti e torture in linea con la relativa Convenzione Onu; e la protezione dei lavoratori, compresi quelli provenienti da altri paesi, da ogni forma di sfruttamento.
Sebbene non abbia risposto positivamente a tutte le richieste delle Procedure speciali delle Nazioni Unite di visitare il paese, l’Arabia Saudita nel 2015 ha accettato quella del Relatore speciale sui difensori dei diritti umani. Tuttavia, non ha fatto nulla per facilitare tale visita.
Amnesty International ha accolto favorevolmente le visite effettuate dal Relatore speciale su politiche di contrasto al terrorismo e diritti umani nel 2016 e 2017, in linea con le raccomandazioni accettate nel 2014.

IN “BOTTEGA” più volte si è parlato delle bombe fabbricate a Domus Novas che uccidono in Yemen. Qui alcuni articoli: RWM: perché Confindustria, Cgil e Cisl difendono la fabbrica di morte?, Bombe sarde sullo Yemen e RWM,: la Sardegna vittima e complice di guerra

La seconda vignetta è di Vincenzo Apicella (morto pochi giorni fa).

Redazione
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