«Conversazioni con mia nonna a proposito di…

repubblica e monarchia». Costruire una narrazione collettiva. La nuova performance di GiolliCoop

di Massimiliano Filoni (*)

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Dicevano gli antichi che le parole scritte restano. E su questo sono d’accordo con loro. Non ho dubbi sul fatto che le parole scritte restino prigioniere della pagina, intrappolate su un foglio, costrette a ripetersi sempre uguali.

Al contrario le parole pronunciate dalla voce vivente volano e volando vanno ovunque. Diventano racconti, diventano storie.

Eduardo Galeano insisteva sull’importanza della parola. Spiegava che la parola nomina e nominando chiama. Restituisce cioè vita e vigore e luce a volti che il correre dei giorni sbiadisce e offusca.

Così è capitato che, avvicinandosi le celebrazioni per il 70° anniversario della nascita della Repubblica Italiana, abbia di nuovo incontrato mia nonna. Sono riaffiorate quelle parole che con ricorrenza quotidiana (prima e dopo i pasti, al momento della buonanotte e del risveglio) era solita consegnarmi, in quel toscano stretto fatto di accenti, di pause, di sguardi, di sospiri e di gesti che rendono la frase perentoria e indiscutibile.

<< Badami bene e stammi a sentire: vedi te, te se non si votava noi altre donne, te tu stavi ancora sotto al Re. Se non vi votava noi altre donne, quelli là rifacevano punto e daccapo un’altra guerra>>.

Spesso questo era l’incipit per una rievocazione storica in piena regola: imitava le voci e i gesti dei protagonisti della situazione, sventolava come burattini tende, tovaglie e tutto il corredo necessario all’arte del ricamo concludendo la performance con una formula rituale dal sapore vagamente magico: << Te ora tu hai fame sicché ora si fa merenda>>.

A seconda dell’ispirazione affabulatoria ricordo pomeriggi con tre, quattro merende, fantastici!

Il fatto è che la merenda non era qualcosa di alieno rispetto al racconto, ne era parte; una parte importante.

La merenda scaccia la fame e la fame era, tra i personaggi narrati, quello più ricorrente e più spaventoso.

La fame e la miseria. << Se n’è mangiata tanta di miseria!>>.

In quel raccontare, in quel fluire di parole, di volti e di corpi la miseria ha una parte precisa e ben definita: la miseria è una ladra.

La miseria è una ladra perché ruba vite, sottratte per sempre all’affetto dei cari.

La miseria è una ladra perché ruba libertà. Quando c’è la miseria si vive costantemente in bilico tra la paura e il bisogno e chi paura, chi ha bisogno è schiavo di quella paura e di quel bisogno.

La scelta della Repubblica si fonda sul desiderio potente di cacciare, di mandare via per sempre quella ladra della miseria.

Il ripetere continuamente le storie di quei giorni, mi accorgo ora, conteneva un’urgenza. L’urgenza di comunicare che tutto era stato fatto per consegnarci un mondo dove scegliere come essere felici, l’urgenza di spronarci a cogliere il fiore della vita.

Nasce così “Di Repubblica E Monarchia, Ovvero Conversazioni Con Mia Nonna”, una strana performance, più simile a un laboratorio, dove il pubblico è invitato a contribuire al racconto che da personale si fa collettivo.

Si parla e si racconta di nonne e di nonni. Si fanno vivere di nuovo volti e storie.

Piccole luci si accendono su pezzi di piccole storie che tessute insieme diventano la grande storia, quella dei libri. Senza bisogno dei libri perché pronunciate dalla voce vivente le parole volano. A farle volare contribuiscono la voce, le percussioni e l’arpa di Vanja Buzzini con me anche in questa avventura.

In fondo siamo i figli e i nipoti di quelle donne e di quegli uomini che dopo la guerra hanno rifondato e ricostruito questo Paese e ripercorrere il loro cammino può esserci di grande aiuto mentre affrontiamo il nostro.

(*) Se siete incuriosite/i  aggiungo che il laboratorio è stato fatto a Tortiano di Montechiarugolo (Parma) il 6 dicembre. «Ora si spera di concretizzare altre date però non c’è niente di definitivo – aggiunge Massimiliano – ma intanto guardate www.giollicoop.it o scrivete a stage@giollicoop.it per informazioni». L’immagine è del molto amato qui in “bottega” JACEK YERKA: raccomando uno sguardo non superficiale… per esempio sui materiali del ponte. (db)

 

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