Dalla sabbia il canto di lotta di Hawad
di Sandro Sardella
Come mi è arrivato il libro di questo autore? .. da dove la scoperta
dell’urto straripante delle parole di Hawad? … eh! .. ogni tanto
sbircio il blog di Alberto Masala e .. clicca qua e là .. rintraccio le
“Edizioni via Montereale” di Pordenone .. telefono .. e mi viene
spedito un bel libro dalla copertina blu e stampato a caratteri blu ..
.. come sabbia dal deserto portata dal libeccio mi trovo tra le mani
“Dentro la nassa” (versione dal Tuareg al francese di Hawad e
di Hèlène Claudot-Hawad, presentazione Hèlène Claudot-Hawad,
postfazione Ludovica Cantarutti, fotografie Udo Koehler, versione
italiana di Vanni Beltrami – Alberto Masala) ..
un poema di resistenza dal ritmo incalzante mi trascina nel dolore
nella lotta nella memoria nei paesaggi nella visione dove la poesia
è carne viva ..
(non so quale frammento scegliere da citare .. il tutto è nel vento
.. nella sabbia il blu Tuareg .. nella poesia lirica e tenace di Hawad)
… ……………
5
Stagione di trombe d’aria ululanti,
ciottoli di fuoco tempeste sirene inferni,
feste di nozze tra Marte e Venere,
immacolata concezione di Timbuctu.
E nel frattempo le draghe scavano
la polvere sahariana
e corrono in ogni direzione.
Galoppo, bulimia.
Frantumano
tutto ciò che non è interessante.
Non più sirene d’allarme piangenti
né polizie dei diritti dell’uomo
protezione del patrimonio mondiale,
nessuno si preoccupa
delle grida di annientamento
di musei biblioteche arte
e scritture “tifinagh” mille volte millenarie.
Qualcuno ha provato dolore
per la distruzione di scritti, arte
e visioni del cosmo tuareg?
Nessun cane ha guaito. La dogana
dell’emozione e dell’immaginario passa
senza nulla vedere né ascoltare,
tranne Timbuctu e i suoi manoscritti d’igiene
della shaaria e dell’iman Malek.
Eppure , Azawad,
nel Sahara tuareg
anche il silenzio grida a perdifiato.
I tatuaggi fischiano
sugli affreschi murali
da Tangeri al fiume Niger,
dall’oasi di Siwa alle isole Canarie.
Punti ben disegnati,
linee rette, zigzag incisi,
cerchi e curve,
figure ed enigmi
di una geometria degli orizzonti
e dei tempi infiniti,
visioni che sfidano l’ignoto,
vuoto passato e futuro
con il volto dell’innominabile.
Che li si strappi da ogni aspetto
dell’esistenza,
non sconvolge nessuno.
Azawad, non dimenticare
che l’Unesco è una delle basi
della dogana culturale
delle Nazioni Unite.
Ed una delle regole delle Nazioni Unite
per i popoli senza Stato
è la frusta.
La frusta ti flagella,
te e le impronte
del tuo popolo e del tuo Paese.
Questo non inumidisce nessun occhio
né eccita la minima curiosità di vederti,
neppure una cinica curiosità.
Indifferenza calva,
vento fumo polvere nulla,
volgarità tecnologica,
censura dell’immaginario
antico e futuro
che si tagli, si sbarri,si bombardi, si cancelli,
e così il popolo che ne è autore,
popolo senza Stato.
Con un solo colpo di dinamite
si cancella dal registro dell’esistenza
l’altro accento dell’umanità
per fare spazio al precipitarsi
del branco in corsa verso affari e carriere
miniere d’uranio oro petrolio gas
autostrade gallerie abissi
città caserme formicai
funghi tossici
espropri negazioni annientamenti
della nostra esistenza, fino al diritto
d’immaginare noi
in un diverso modo.
Azawad , il mondo possente rutta,
gonfio di vanità brutalità cinismo.
Non vi è anima alcuna che stupisca
o rifiuti l’ignobile disgusto,
rapacità spalancata, gola del vuoto.
Fra le palpebre del mondo,
suggelli d’acciaio,
non filtrano raggi di umanità
capaci di guardarti
senza passare per il mirino di un cannone
o il lampo di una lama.
In questo deserto umano
ogni sguardo è un proiettile
che maledice l’esiliato
il senza-patria nel Paese confiscato.
Dunque perché, anche tu, Azawad
non fissi il mondo
col bianco disprezzo dell’occhio,
con sguardo sbieco?
Disgustati,
Azawad,
sputa dall’alto come un cammello
ma mira bene, sputa sull’occhio buono!
Un guerrigliero sa scegliere il bersaglio
e risparmiare i colpi!
Azawad, non hai scampo
né sostituto che non sia il tuo io,
quello stesso che soffre
che ricopre di senso
i tuoi altri me.
(“tifinagh” è la scrittura dei tuareg. Discende dalle più antiche
forme di alfabeto libico-berbero del primo millennio avanti Cristo)
grazie Sandro –
Nella Nassa è un libro molto belle e l’ho tradotto con entusiasmo –
Hawad è un mio compagno di strada da tanti anni…
un abbraccio a te
a.
ora dovrai prepararti a leggere Billy Ramsell (in uscita per dicembre) – giovane irlandese molto interessante – che ho solo introdotto. La bella traduzione è di Lorenzo Mari.
e poi arriverà Raúl Zurita, grandissimo poeta cileno che sto traducendo – Ma non ho ancora una data precisa per l’uscita del libro – so solo che verso il 10 aprile sarà a Venezia (all’Università) e poi a Bologna (con me) – imperdibile!
avevo letto qualcosa di Raúl Zurita (http://www.filidaquilone.it/num014ferro.html), concordo col l’aggettivo “grandissimo” che ha usato Alberto Masala