Dalle stelle alle star

di Daniela Pia

Uno di questi giorni ho accolto con curiosità l’invito di una mia amica che proponeva di regalarci una puntatina al Planetarium, appena aperto a Cagliari nel palazzo della «Unione Sarda». Un desiderio mi ha preso, insopprimibile, di contemplare le meraviglie del cosmo. Arriviamo così con largo anticipo, che il posto è piccolo e magari non si trovano biglietti, e paghiamo i nostri 5 euro all’ ingresso. In questi giorni già a occhio nudo Venere è uno spettacolo; ho desiderio di perdermi nell’osservazione di pianeti , nebulose e stelle, staccarmi da prosaiche cose terrene e stare con la testa per aria. Già godevo nell’attesa, figuriamoci dentro. Arriviamo in una sorta di anticamera, si susseguono delle belle foto dell’universo: colori stupefacenti, forme meravigliose, vie lattee, nastri rossi, fili e polveri d’ argento. Ma questo è appena un assaggio, così ce lo presenta la signorina che ci avrebbe accompagnato nel viaggio astronomico. Il pubblico è composto in prevalenza da bimbi: da quelli che ancora non hanno compiuto l’anno a bambini in età scolare. Noi adulti siamo una minoranza. Mi dicevo… speriamo bene. Comincia la presentazione: il sole è alto nel cielo, poi tramonta e compaiono Venere, Giove, via via gli altri pianeti e le stelle. Comincia il rumore: un bimbo piange, alcuni si lamentano, altri si alzano e vogliono camminare; una al mio fianco si mette in ginocchio e poggia il braccio sulle mie gambe. Sono bambini si sa. Sta di fatto che in questa sorta di bolgia infernale la speaker illustra il moto del sole e anzi accelera la spiegazione mentre un vortice di Luna impazzita corre nel cielo. Va da sé che della spiegazione si è colto solo qualche frammento entro la tempesta in atto. Evvabbe’ mi dico , speriamo che l’agonia finisca presto. Così è. Si accede alla terza sala, dove in qualche decina di metri si assiste alla comparsa della vita sulla terra in vetrine dal vago sapore scolastico. Un piccolo dinosauro muove la testa azionata dal telecomando e poi inizia l’avventura umana: da scimmia a homo sapiens sapiens, con due strizzatine d’occhio alla comparsa dell’uomo in terra di Sardegna. Ricostruzioni pelose e vagamente antropomorfe ma, che dire, curiose? Si sa però che, spesso, la coda dell’occhio umano è in grado di anticipare la visione di cose e accadimenti che dovrebbero essere gustati in appendice; così la mia attenzione è irresistibilmente attratta da un Albert Einstein che, accostato a una lavagna di ardesia, ha impresso col gesso il suo eterno E=mc2. Ho pensato che il legame fosse: con lui l’evoluzione della specie umana ha toccato uno dei suoi apici. Avrò interpretato bene? Muovo appena il capo e l’occhio, non pago, viene catturato dal rosso dell’abito papale indossato da Giovanni Paolo Secondo ad altezza naturale; dietro di lui un provocante abito rosso indossato da una conturbante Monica Bellucci; al suo fianco un triste Enrico Berlinguer si affaccia da un leggio da comizio; dietro di lui Michael Jackson e, appena discosto, il presidente degli Usa, Barack Obama. Devo dire che lo shock è stato superiore a ogni attesa. Una vertigine mi ha colto tanto forte che ho provato una sorta di sindrome di Stendhal all’incontrario. Che c’azzecca sta accozzaglia, mi sono chiesta? E poiché con la mia amica non abbiamo trovato risposte abbiamo provato a domandare. Così ci risposero: «ma signora sono personaggi famosi». Si vabbe’ ma cosa c’entrano in quello spazio ristretto, collocati di fronte a vetrine in cui la specie si manifesta in tutta la sua evoluzione? «Guardi che provengono dal museo delle cere di Roma sa?». Sì ok, ma la Bellucci vicina al Papa? «La Bellucci è una star e rappresenta il cinema italiano». E qui mi taccio perché proseguir oltre nuocerebbe gravemente alla salute, che l’evoluzione della mia specie deve ancora adattarsi a sì pindarici accostamenti. «E quindi uscimmo a riveder le stelle». Quelle vere però.

Daniela Pia
Sarda sono, fatta di pagine e di penna. Insegno e imparo. Cammino all' alba, in campagna, in compagnia di cani randagi. Ho superato le cinquanta primavere. Veglio e ora, come diceva Pavese :"In sostanza chiedo un letargo, un anestetico, la certezza di essere ben nascosto. Non chiedo la pace nel mondo, chiedo la mia".

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