Decolonizzare il pensiero

di Donata Frigerio

Incontro Odile Sankara in un caldo pomeriggio domenicale, lo scorso mese di luglio. Si trovava in Italia per una serie di contatti ed attività, di carattere teatrale ma non solo, con enti di vario genere. Poche sere prima aveva tenuto un incontro molto interessante, in un locale “sociale” di Reggio Emilia, organizzato dalla Coop Giolli. La Giolli è una cooperativa che si occupa di teatro dell’oppresso e pedagogia dell’oppresso secondo i metodi Boal e Freire, il tema era evocativo del personaggio: “l’espressione artistica come mezzo di cambiamento sociale”.

Odile porta un cognome impegnativo, almeno nel suo paese, la Terra degli Uomini Integri, il Burkina Faso.

Il Burkina Faso è uno stato dell’Africa Occidentale, privo di sbocchi sul mare; si trova a sud del Mali, nell’arido Sahel, lo abitano circa 10 milioni di persone, è tra gli ultimi paesi al mondo nelle statistiche sugli indici di sviluppo ma la sua capitale, Ouagadougou, è la sede riconosciuta del Festival del cinema panafricano. Colonia francese, nel 1960, come molti paesi africani, ottiene l’indipendenza e diventa la Repubblica dell’Alto Volta; nel 1984 il presidente rivoluzionario Thomas Sankara (fratello di Odile) ne cambia il nome in Burkina Faso.

Thomas da subito prova a instaurare una sorta di socialismo africano, praticando una rigida politica autarchica africana. Dal 1983 al 1987 rivoluziona e migliora la vita del suo popolo. Un personaggio scomodo, che fa davvero qualcosa di concreto, dimostrando che non è impossibile combattere la povertà e la fame con i fatti, con l’obiettivo di affrancare il Burkina dai Paesi europei e dalla colonizzazione. I suoi discorsi e le sue azioni politiche scuotono le coscienze e preoccupano l’Occidente. Sankara è ucciso nel 1987, durante un colpo di Stato organizzato da un suo ex compagno d’armi (e poi suo braccio destro) l’attuale presidente del Burkina Faso, Compaorè, con l’appoggio di Francia e USA.

Odile, la sorellina di Thomas, tenta di portare avanti le idee del fratello, coniugandole a modo suo. “La dominazione culturale è la più flessibile, la più efficace, la meno costosa. Il nostro compito consiste nel decolonizzare la nostra mentalità.” (Thomas Sankara). E Odile studia e prova a coniugare la politica con la sua passione e il suo talento per il teatro, per decolonizzare ed educare le donne, quindi i villaggi interi.

Odile è una narratrice, racconta storie, in francese, lasciando loro il fascino e il sapore delle storie africane raccontate dai griot, i cantastorie, gli uomini-biblioteca che, nella cultura orale di quelle regioni, erano in grado, tramite una eredità culturale tramandata di padre in figlio, insieme alle tecniche del racconto, di narrare la storia della regione dall’antichità ai tempi nostri.

Odile ha deciso di votarsi alle donne del suo paese e, con l’aiuto di altre attrici, ha costituito una associazione, “Talents de femmes”, che si occupa di teatro, insieme alle donne burkinabè dei villaggi.

Parliamo. Sono affascinata dalla sua analisi precisa e dettagliata della situazione odierna, africana e mondiale, decido (non sono una giornalista) di non registrare nè prendere appunti, di lasciarmi pervadere dalla conversazione, lasciarmi portare….

 L’Associazione (Atf) è nata nel 1995 da un gruppo di donne artiste (teatranti, danzatrici…). Il suo scopo iniziale era di lottare contro i pregiudizi sulla presenza delle donne nell’arte e nello spettacolo. Presto questo scopo divenne un pretesto per interessarsi della donna nei diversi ambiti culturali. Promuovere il talento femminile, incitare la donna ad avere fiducia in se stessa, attraverso l’arte, permette alle artiste di rendere protagonisti anche le donne nei villaggi delle periferie, donando loro la sicurezza del proprio valore, sostenendole nella promozione dei propri diritti. La donna artista, la giovane, quella dei villaggi, con la sua dignità personale e sociale, con la sua produzione artistica ed artigianale, diventa una figura accettata e rilevante nella società, promotrice di cambiamento.

Concludiamo la conversazione con alcuni pensieri politici che ci accomunano. L’Africa deve riuscire a sviluppare una politica tutta africana, che non sia la bella o brutta copia della politica europea, di stampo ellenico. Fa parte della decolonizzazione del pensiero, tanto auspicata anche da un’altra grande donna, Aminata Traorè, del Mali. Una politica che abbia caratteristiche tutte africane, tenga conto della storia del continente, delle sue specifiche, delle peculiarità. Che possa proporre qualcosa di nuovo anche a noi….

Donata Frigerio

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