Dubbi sulla Paesologia… guardando a Matera 2019

       Le riflessioni e i dubbi di Angelo Maddalena sulla «scienza arresa» di Franco Arminio: fra acqua calda, artisti mal pagati, trivellazioni e vel-Eni

Angelo-JacekYerka

«Si parla tantu di tecnologia, di scienza ma cchi ranni fissaria» scriveva queste parole Mariella Siciliano all’inizio della sua poesia dal titolo «La tecnologia».

Dal 2005 Mariella Siciliano non è più fra noi, ha fatto quella scelta che, per usare le parole di David Fiesoli, «ci lascia soli e sgomenti a osservare l’orrore del mondo», cioè il suicidio. Era giovane e anche bella Mariella, e forse troppo arrabbiata o troppo sola, arrabbiata con se stessa e con il mondo. Oggi chissà se Mariella scriverebbe «si parla tantu di paesologia, na scienza? Ma cchi ranni fissaria».

La paesologia, per chi non lo sapesse, è una «scienza arresa», secondo le parole di Franco Arminio, paesologo scrittore e poeta, così si definisce lui. Gianni Celati, che è autore della prefazione a uno dei libri di Arminio (o forse era Franco Cassano?) ha scritto che «un po’ per gioco Arminio ha inventato la paesologia». Io ho partecipato come artista accreditato al Festival della paesologia di Aliano, si chiama «La luna e i calanchi», edizione 2014. Non parlo a livello personale perché non potrei dire bene di Arminio e di come siamo stati trattati noi artisti (ho sentito molte lamentele da parte di colleghi), affido alle note e alle parole della mia canzone «Paesologia della Madonna» la mia valutazione ironica (e autoironica) di quei giorni ad Aliano. Dico soltanto che sono stato molto “poetico” in quella canzone, non ho affondato per niente il coltello nelle pieghe e nelle piaghe organizzative e “generiche” di quel festival e di chi lo organizza. Però osservo e mi arrivano vari stimoli da chi ci è stato e non ci vuole più tornare o da chi ci torna nonostante le delusioni e le defaillances, defaillances di dignità, di contenuto, di decenza ecc. ecc. E ovviamente di artisti miei colleghi mal pagati (anche io) o mai pagati (esempi ce ne sarebbero: a volte pagare dopo un anno una cifra minima e approfittarsi della fiducia e della buona fede di qualcuno è come non pagarlo o forse peggio!). Fino a qui siamo alle solite, niente di strano, purtroppo il malcostume è ormai “moneta corrente” (però si dovrebbe sottolineare che qui ci sono personaggi che si pongono come nuovi e incoraggianti nei confronti del Sud Italia o è sempre la stessa solfa di “truffa truffa e ambiguità” dietro una facciata “poetica”). Le cose che mi inquietano sono tante, o poche ma buone. Dall’ambiguità alla superficialità di uno come Arminio, che si definisce paesologo senza spiegare bene cos’è la paesologia. Una “scienza arresa?”. Poeticamente mi va anche bene, ma se poi la applichi devi stare molto attento a definire i termini e i limiti, se no siamo nell’ambito del ciarlatano che ti vuole vendere aria fritta o una boccetta di balsamo che è acqua colorata ma te la spaccia per toccasana con un po’ di belle parole e salamelecchi. Una “cosa” inventata un po’ per gioco e un po’ seriamente? E che è? Intanto in nome di questa paesologia si fanno affari. In primo luogo affari editoriali, e qui la responsabilità è anche e forse soprattutto delle grosse e piccole case editrici che hanno trovato la gallina dalle uova d’oro (ma la letteratura spazzatura impazza da diversi anni in Italia e non solo, e anche certi giornali come il manifesto e Il fatto quotidiano pubblicano pillole di paesologia di Arminio, che tanto vende e chissenefrega). Affari “culturali” (70mila euro che la Regione Basilicata sborsa per il festival della paesologia dove tutti gli artisti vengono gratuitamente, ma qualche amico degli amici o amico di Franco, o figlio magari, non disdegna un po’ di centinaia di euro a briglia sciolta, mentre gli artisti venuti da lontano per fare residenze di un mese o spettacoli per 150 euro devono inseguire sindaco e vice sindaco per farsi pagare all’ultimo momento (o non vengono pagati se non dopo mesi di inseguimenti e telefonate disperate).

La paesologia, diciamocelo, è una paraculata come tante altre di questi ultimi anni o decenni di vuoto culturale in cui, per dirla con il titolo della canzone di un cantautore salentino come Mino De Santis, «Tutto è cultura». E visto che parliamo di Salento, la paesologia è una continuazione in chiave ancora più “raffinata” delle già sputtanate “Notti della Taranta”: a tal proposito si può vedere il libro di Sergio Fadini: «Salvateci dalla Taranta»

Ci sono numerose uscite di Arminio che sono, secondo me, a dir poco imbarazzanti, davanti a centinaia di persone o anche parlando inter nos di cose che riguardano chi partecipa ai Festival: non riporto le voci o le parole ascoltate direttamente per discrezione e delicatezza, ma qualcosa non posso fare a meno di portarla alla luce per urgenza di chiarezza. E ciò rientra tutto nella mal definita “scienza arresa” della paesologia. Un poeta (se vogliamo considerare Arminio un poeta) può diventare uno che gioca con le parole ed evita ogni possibilità di chiarire un concetto e di assumersi una responsabilità minima di quello che dice, è il caso di Arminio. Su youtube c’è qualcosa al riguardo, un video del 2014, «la Luna e i calanchi»: Arminio in tandem con Papaleo, ascoltate le parole di Arminio prima dell’inizio dello spettacolo, con quale superficialità e mancanza di tatto e di…realtà dice che i napoletani non hanno quasi mai emigrato e hanno fatto commercio anche di qualcosa che non hanno sperimentato, scrivendo canzoni sull’emigrazione! E quando una signora, davanti a 500 persone che sono lì per lui e per Papaleo, gli fa notare la gaffe, Arminio anziché chiedere scusa minimizza e gioca con le parole solo per non avere l’accortezza di ammettere la mancanza di delicatezza rispetto a una città del Sud Italia, Sud Italia di cui lui si fa o si propone come cantore e poeta di riferimento. Poi c’è la «Casa della paesologia» per la quale molti “adepti” a livello nazionale di Arminio contribuiscono a pagare l’affitto, e guarda caso si trova, questa casa della paesologia, a pochi chilometri dal paese dove abita Arminio. Ci vuole poco per capire l’entità della beffa e dei beffati, che ovviamente, pur contribuendo a pagare l’affitto di questa casa, ci andranno per pochissimi giorni all’anno, mentre Arminio e i suoi “compari” locali ci organizzano diverse attività culturali (e io mi sto mantenendo molto “schiscio”, come si dice a Milano, restando lontano da malelingue, sospettini e voci di corridoio). Non tutti riescono a uscire dal tunnel della paesologia, e, pur riconoscendo e sapendo di magagne e indelicatezze di Arminio, continuano a sostenere la causa o comunque ritornano ad Aliano: bisognosi di un papà culturale? Di qualcuno che li faccia sentire beffati e felici? Non si sa, non si sa… Si sa invece, che qualcuno non ci torna più ai festival (come Eleonora di Cosenza e tanti altri) perché, fra le altre cose, hanno saputo che i soldi per il festival della paesologia provengono dall’Eni, filtrati e travestiti da fondi per attività culturali della Regione Basilicata, con buona pace dei No Trivellazioni che in Basilicata lottano contro l’Eni/Agip, e Arminio pure, seppur a parole e a bassa voce, si atteggia a Notriv. Nel 2014 nessun riferimento Notriv era presente ad Aliano, al contrario c’era Rocco Papaleo che anni fa era stato testimonial marchettaro (se chiamiamo la pubblicità marchetta, e mi pare che si possa fare) dell’Agip che poi gli ha co-finanziato il film «Basilicata Coast to Coast», una pappetta buona per tutti senza nessun riferimento alla questione delle trivellazioni che dovrebbero, tanto per avere un’idea, devastare il 70% del territorio lucano. Qualcuno mi dice che nel 2015 qualche “appello” Notriv c’è stato ad Aliano, ma non credo tanto importante nè di grande visibilità. Questo per dire qual è il contesto in cui si sta preparando «Matera Capitale della cultura 2019», in cui Arminio ovviamente sarà uno degli attori principali. Non è il solo. Ho conosciuto soggetti che a Matera prendono soldi europei per “aiutare a realizzare progetti culturali”, si dicono “incubatori” di sogni o di progetti (anche a Genova all’epoca di Genova capitale della cultura nacquero questi soggetti, per inciso: Genova, dopo il 2004, è una città allo stremo) e ti chiedono 500 euro per la residenza in una casa (Casa natural) in cui ti danno dei computer e ti aiutano a realizzare un tuo progetto culturale. E’ inutile dire che chi ha bisogno di uno spazio, per realizzare un progetto culturale, o se ne sta a casa sua oppure i sogni gli si bruciano al pensiero che deve pagare 500 euro per una settimana di residenza, solo per dormire, non è compreso il vitto nella quota, che io sappia.

Questo scritto – che da tempo meditavo – mi è sbottato fuori dopo aver saputo di padre Prisutto, di Augusta, che dalla sua parrocchia lotta contro il Petrolchimico di Augusta, e che è stato così scomodo nei confronti della Esso che la dirigenza della multinazionale, che dava soldi per la festa patronale di San Domenico, ha minacciato di bloccare i finanziamenti; al che il prete ha scritto alla dirigenza «preferiamo non avere contributi da chi, inquinando, ci uccide». Lo scorso aprile 2015, padre Prisutto ha ricevuto il Premio Nenni per l’impegno in questa terra martoriata. Ecco, queste sono le persone che dobbiamo accostare a Danilo Dolci, e non Franco Arminio, che purtroppo qualcuno (magari per fargli vendere qualche libro in più?) indebitamente accosta a Dolci. E poi, chi pensa che non sia possibile “liberarsi” dell’Eni e della Esso, in quanto complici interessate di feste e Festival, prenda lezione da Prisutto e riferisca ad Arminio.

Per il concetto di paesologia può servire quello che mi disse più di dieci anni fa Selene, un’antropologa di Messina, a proposito di Franco Cassano e del pensiero meridiano: «è il sociologo dell’acqua calda» disse Selene. Ecco, Arminio è un “figlio putativo” di Cassano: dall’acqua calda siamo arrivati all’acqua marcia. E che la Madonna e san Domenico ci salvino dalla paesologia!

Due postille vorrei aggiungere.

Una “pratica” per non restare “in aria”: ho visto una signora, che aveva prenotato una stanza con letto matrimoniale al festival «La luna e i calanchi» 2014, e un ragazzo dello staff dirle «Sì, però può essere che stanotte arriverà qualcuno». Pensavamo fosse uno scherzo ma non lo era (poi non so se quella notte è arrivato qualcuno nella stanza della signora). Ho chiesto ad Arminio, in privato, se questa cosa era da evitare o se era il caso di scusarsi, da parte sua, o chiarire l’ambiguità della situazione e lui mi ha risposto: «No no, dev’essere così». Tutto ciò senza sorridere o scherzare o dire, subito dopo: “stavo scherzando”. Ecco il livello di ambiguità in cui ci troviamo e – scusate se mi ripeto – di “truffa truffa”.

Seconda postilla. La paesologia fa pendant con le realtà elitarie e letterarie in stile atelier sul Mare Fiumara d’Arte o iniziative culturali a Librino, un quartiere popolare di Catania, dove il mecenate Presti ha fatto scrivere belle frasi e scolpire belle statue all’entrata del quartiere di Librino… e voi capirete quanto benessere può portare tutto ciò a gente che vive nella miseria quotidiana, soprattutto se per fare scritte e sculture si sono spesi soldi, tipo migliaia di euro, dati a gente come Arminio (non mi chiedete se Arminio è stato ospite dell’Atelier sul Mare, indagate e saprete) per leggere poesie o cose del genere. Visto che siamo in zona Sicilia, andiamo a vedere quanti soldi sono stati dati ad architetti e scultori, non ultimo Burri, e fors’anche pittori e urbanisti, per ricostruire una città (Gibellina Nuova) dove non abita nessuno, visto che dagli anni ’70 in poi, cioè dopo il terremoto del Belice, le persone non son rimaste ad aspettare e hanno continuato ad emigrare… C’è un libro interessante sull’argomento pubblicato da Mario La Ferla: si chiama «Te la do io Brasilia. La ricostruzione incompiuta di Gibellina nel racconto di un giornalista-detective», lo pubblicò nel 2004 Stampa Alternativa.

   L’IMMAGINE è di JACEK YERKA che qui in “bottega” amiamo molto (38 post per raccontarlo, probabilmente un record mondiale).

 

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