Firenze, Palermo, integrati, disintegrati

Una breve puntata di «Sparite-sparate» preparata per il mensile «Come solidarietà» (*)   

I – Che razza di numeri

E’ bene ridirlo ogni volta: da anni in questa rubrica si usano i numeri romani al posto di quelli arabi. Praticità? Quando mai. Nostalgia? Figuriamoci. E’ sarcasmo verso chi vorrebbe “liberarci” della multiculturalità.

 

II – Buone notizie…

mentre si chiude questo numero di «Come solidarietà» viene confermata l’assemblea nazionale anti-razzista del VI luglio a Firenze. Ne racconteremo in un prossimo numero. Qui in blog se ne è già parlato e dunque rimando al post del XVIII giugno.

 

III – … e cattive notizie

Sono tante, ahi noi: compresi gli insulti, le apologie del razzismo e gli inviti al «rogo» di Rossella Colombo (per fare solo un nome del purtroppo lungo elenco) della Lega Nord. Ma molti atti razzisti o di mobbing istituzionale vengono ignorati o minimizzati dai media. E’ il caso, fra l’altro, dell’aggressione del 13 giugno a Firenze di cittadini senegalesi che vede coinvolti alcuni vigili urbani; potete leggerla su «Cronache di ordinario razzismo».

 

IV – L’emergenza sbarchi

Come ogni anno le istituzioni si sorprendono del bel tempo e degli sbarchi. Mai una emergenza è stata più prevedibile di questa. Urge una politica dell’emigrazione oppure una riforma del vocabolario che dia alla parola «emergenza» un altro significato (tipo «qualcosa che tutti ben sanno»?). 

 

V – Integrati oppure…

Il solito Giovanni Sartori su «Il corriere della sera»: rispetto all’articolo scritto già cento volte di inedito c’è un duro attacco alla ministra Kyenge. Su un solo punto si potrebbe dare ragione a Sartori (se lo si volesse prendere sul serio e pensare che sia in cerca di soluzioni anziché fare proclami) ovvero quando scrive che non bisogna dar per scontato che i ragazzini «africani e arabi nati in Italia» siano integrati. Preso atto che a Sartori non interessano i ragazzini cinesi, ucraini o peruviani «nati in Italia» e che non ha dubbi sul fatto che invece i figli di italiani nati in Italia siano integrati… per avere l’integrazione di chiunque ci vogliono politiche (scolastiche, del lavoro e dei diritti) che invece oggi mancano quasi del tutto. L’alternativa alla lunga è il crescere di una rabbia sociale collettiva: passate a VI.

 

VI – … oppure disintegrati

E in relazione a quanto avete appena letto vale la pena recuperare (non solamente per allargare gli orizzonti di Sartori) un libro francese, importante e choccante ma purtroppo passato quasi inosservato, tradotto in Italia nel 2007 nelle edizioni Il Saggiatore. Partiamo dalla quarta di copertina: «I nostri genitori non giocheranno mai a tennis, a volano, a golf. Non andranno mai a sciare. Non mangeranno mai in un ristorante di lusso. Non compreranno mai uno scrittoio Luigi Filippo, una poltrona Luigi XV, piatti Guy Degrenne, bicchieri Baccarat, e neppure una tenda Habitat. Non assisteranno mai a un concerto di musica classica. In vita loro non possederanno mai un appartamento o una piccola proprietà da qualche parte in Francia dove finire tranquillamente i loro giorni. No, al prezzo di molti decenni di sacrifici, hanno preferito investire in case nell’entroterra africano, in cemento, che assomigliano vagamente a dei cubi e che loro chiamano ville. I nostri genitori non gusteranno mai champagne, caviale o tartufi. Fanno la spesa alla Lidl e acquistano tonno al naturale, patate, insalate messicane in scatola, fagioli, fagiolini, semola, riso, pasta, bevande gasate, imitazioni della Coca-Cola e dell’Orangina. Sempre i prodotti meno cari, i più zuccherati, i più salati. Non dormiranno mai tra lenzuola di lusso. Né passeranno mai un weekend a Londra, Vienna o Milano». E’ un passo significativo dei contenuti e dello stile di un pamphlet di Ahmed Djouder, un francese (qualcuno invece lo definirebbe immigrato di seconda o terza generazione) che con «Disintegrati» – sottotitolo: «Storia corale di una generazione di immigrati» – ha raccontato con rabbia una integrazione (agli immigrati e ai loro figli o persino nipoti) che viene negata due volte: da molti fra gli stessi stranieri che vivono da sradicati in Francia sognando solo il ritorno alle origini ma soprattutto dal Paese della «libertè, egalitè, fraternitè» che, al di là delle belle parole, non attua politiche di integrazione neanche per i figli e i nipoti di chi ha passato una vita a lavorare in mezzo ai francesi… i quali ovviamente non hanno nessuna ragione per tornare alla terra dei loro genitori. Discorso complesso (il libro è molto bello) ma Djouder ci ricorda che il contrario di integrati potrebbe essere… disintegrati; che se si viene esclusi alla fine ci si comporta di conseguenza. Se poi le periferie bruciano la colpa di chi è?

 

VII – Palermo che brutta

Fra le cattive notizie di questo periodo anche alcune aggressioni a Palermo contro gli «ambulanti» stranieri, favorite forse dalle ossessioni securitarie della nuova giunta.

 

VIII – Palermo che bella

Fra le notizie decisamente belle per chi si oppone alle molte facce del razzismo c’è il successo del Gay Pride a Palermo; è stato fra l’altro «il pride più a Sud d’Europa».

 

IX – Mohamud

C’è una storia, ignorata o stravolta dai media, che Sergio Bontempelli ha raccontato su «Corriere dell’immigrazione». Attraverso le parole di chi lo ha conosciuto incontriamo Mohamud Mohamed Guled, un ragazzo somalo che si è lanciato dal quarto piano di un edificio occupato a Firenze (il XXVIII febbraio, significativamente il giorno in cui per il governo si era “chiusa” burocraticamente “l’emergenza Nord Africa”. Guled era stato ospite del Centro per richiedenti asilo di Pisa, dove aveva trascorso gran parte del suo soggiorno italiano. Come scrive Bontempelli è «morto di disamore e di indifferenza».

X – Fuori binario

C’è una Firenze che se la prende con i più deboli. Il mensile «Fuori binario» (un giornale «di strada») nei mesi scorsi ha sottoscritto, con altre associazioni, una «lettera aperta» che inizia così: «I quotidiani e l’amministrazione comunale di Firenze hanno scatenato una campagna con articoli dove si esaltano interventi delle forze dell’ordine contro chi è costretto a dormire per strada, contro chi deve chiedere un aiuto per vivere e, in generale, contro chi si trova a dover abitare strade e piazze senza poter accedere ai diritti ed ai servizi fondamentali che una città deve garantire». Bisognerebbe invece raccontare l’altra faccia dell’esclusione cioè chi esclude: se cresce la povertà è perché qualcuno si arricchisce; se gli impoveriti (da una crisi che salva le banche e i loro misfatti) restano soli è perché i soldi di tutti finiscono per favorire le tasche dei pochi che non ne avrebbero bisogno. E su «Fuori binario» a esempio c’è l’urlo di Mafalda (la bambina inventata nel MXMLXIV da Quino) – «li stiamo sfruttando» – a ricordare qualcosa del molto che viene sempre rimosso dalla “grande” informazione: a esempio che i soldi versati dai migranti allo Stato sono ben più di quelli che vengono spesi per loro; proprio il contrario di quel che dice la Lega.

XI – Il razzismo corre su carta

Era il titolo di un’ultima pagina (il XIX giugno) del quotidiano «il manifesto»: l’occhiello parlava di giornali che sbattono in prima pagina falsi scoop contro i rom ma anche di redazioni dove «non c’è tempo di andare al fondo dei problemi e così il redattore scrive un pezzo basato su una sola testimonianza» (tanto – aggiungo io – i rom non querelano). In chiusura dell’articolo – di Jakub Hornacek –  si legge: «i media fanno spesso sponda ai peggiori istinti diffusi nella società… Il razzismo è una merce che si vende bene». Però si parla della Boemia, non dell’Italia. Da noi non potrebbe mai succedere. Vero? O invece – magari riflettendo sulle «sparite sparate» – voi avete capito diversamente?

 

XII – Un film…

Per la seconda volta in pochi mesi ho visto – provando la stessa, profonda emozione – il film «Monsieur Lazhar» di Philippe Falardeau; ne ho parlato il XVIII gennaio («Lazhar, Azzurro e altro») in blog. Cercate di vederlo, soprattutto se avete a che fare con la scuola.

 

XIII – … e due libri

Spremendo dalle mie tasche impoverite gli ultimi eurini ho preso in libreria due testi che mi pare valga segnalare al volo (e magari riparlarne poi): «Contro l’intercultura» (Ombre Corte) ovvero «Retoriche e pornografia dell’incontro» di Walter Baroni e un testo, scritto e disegnato a sei mani (Maria Teresa Milano, Giorgio Sommacal e Claudio Vercelli) cioè «Come (non) si diventa razzisti?» pubblicato da Sonda.

 

10 – Finchè c’è lei…

la Costituzione, qualche speranza c’è – anche in questi brutti tempi – ma bisogna difenderla e applicarla. A partire dall’articolo 10 (numeri arabi sì). Questa rubrica chiude sempre così: un richiamo all’Italia migliore ma soprattutto un impegno a non arrendersi a quella peggiore.

 

LA SOLITA NOTA, ANZI QUALCOSA DI PIU’

Notizie sparite, notizie sparate. Certezze, mezze verità, bufale, voci. Questa rubrica è nata, anni fa, sul mensile «Come solidarietà»: prova a recuperare e/o commentare quel che i media tacciono e/o pompano (oppure rendono incomprensibile, con il semplice quanto antico trucco di de-contestualizzarlo) su migranti, razzismi, meticciato, intercultura e dintorni.

Proprio in queste ore divento il direttore responsabile di «Come» che, come altri giornali di strada, lotta per sopravvivere: una vicenda della quale vi racconterò appena possibile. Così mi ritrovo sia vecchio rubrichista che nuovo direttore in un bellissimo numero, il 418-419 datato 18 luglio e fra poco in vendita nelle strade di Milano e qualche altra città (ci si può abbonare ovviamente: non è merito mio ma questo «Come» fra l’altro traduce la relazione di Samir Amin al Forum sociale mondiale di Tunisi, un documento molto importante per capire le ultime rivoluzioni e controrivoluzioni del mondo arabo. (db)

 

Redazione
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