Generation X: «SPAZIO: 1999»

Le serie tv della nostra infanzia – prima puntata

di JOHNNY SHEETMETAL (*)

– Chi è questo bambino? -, tuona il comandante, indicandomi con l’indice.

– Non lo sappiamo -, è Sandra a rispondere.

– E’ apparso all’improvviso dopo la sigla -, fa Victor, chinandosi a guardarmi negli occhi. – Ehi! Come ti chiami?

Non riesco a rispondere, talmente sono emozionato.

– Che facciamo? Proseguiamo? -, chiede Kano, alzando il capo dalla sua console.

No, vorrei gridare io. Non proseguite. Non voglio rivedere il mostro. Non voglio.

– Dobbiamo proseguire -, dice Alan, deciso come sempre.

Ed ecco su uno degli schermi apparire il volto della dottoressa Russell.

– John…

Il comandante si avvicina allo schermo, la guarda.

– Che succede?

– John, devi venire. Si tratta di Tony…

Tony. Tutto inizia da lui, lo ricordo. Lui li porterà al mostro.

Ma io non posso dire né fare nulla. Non capisco come possano essersi accorti di me. Ero seduto sulla sedia della cucina, la mamma preparava cena, papà leggeva il giornale, e ora… Ora invece sono qui.

E ho paura…

Ma non posso smettere di guardare.

E così la puntata prosegue, come se io non esistessi, anche se sono in mezzo a loro. Rivivo la missione Ultra, a bordo del modulo insieme al capitano Cellini. Fluttuo nello spazio e vago tra le astronavi del grandioso cimitero. Seguo a uno a uno i membri della missione dentro quell’oscuro, misterioso corridoio che li porta a…

Come insetti che marciano diritti nel buco dove il ragno rintanato li aspetta.

Al mostro tentacolare, all’occhio di fuoco.

A ciò che si nasconde dietro, sotto l’orrenda creatura.

Ai cadaveri consumati, bruciati, marciti, che vengono sputati dal mostro attraverso quella fetida fessura.

I cadaveri della missione Ultra.

Tranne Tony Cellini, il comandante.

Lui fu l’unico a salvarsi.

Tony che ora vuole tornare al cimitero di astronavi, al mostro. Che vuole dimostrare a tutti che non fu una visione, che non fu colpa del suo improvviso squilibrio. Che il mostro tentacolare esiste veramente.

– Tony! -, urla Koenig.

Tony Cellini è riuscito a salire sull’Aquila con l’inganno, stordendo Alan con un colpo alla testa. Ora è già decollato, diretto verso il cimitero di astronavi. Verso il suo nuovo rendez-vous con il mostro.

Il suo viso appare sereno nello schermo visore. – Scusa, John, ma questo nemico è mio…

Koenig reagisce subito, con la decisione che gli è propria. Da ordine alle Aquile di decollare immediatamente, per lanciarsi all’inseguimento. Poco dopo anche lui, la dottoressa Russel e Victor si uniscono agli altri.

Durante tutti questi concitati momenti echeggia una musica nelle mie orecchie. Una musica classica, maestosa e insieme drammatica, cupa e risonante di emozione. Questa musica mi fa venire i brividi. Non ha niente a che vedere con il mostro; evoca le profondità insondabili dello spazio, e insieme il mistero del dramma di un uomo. Un uomo e la sua lotta solitaria con il mostro. Tony Cellini.

Tony morirà. Perderà la sua battaglia con il mostro. Eppure insieme vincerà, riabilitandosi, perché la dottoressa Russell, e Koenig, e tutto l’equipaggio di Alpha, finalmente sapranno che non era un visionario. Un allucinato. Un pazzo.

Il mostro esiste realmente.

– Allora, vuoi dirci chi sei, finalmente? – , mi domanda Koenig. Sorride perché la puntata è finita. Ora può riposarsi.

– Mi chiamo Johnny -, gli rispondo.

– Johnny, come il nostro amico Johnny Byrne… Da dove provieni? Sei anche tu uno dei fantasmi che incontriamo spesso da queste parti?

– Non sono un fantasma.

– Meglio così. Lo vorresti fare un giro con me su Aquila uno? Eh?

Sto per rispondergli di sì, ma una voce da dietro mi costringe a girarmi.

– Ti sei addormentato? – E’ papà, che ha ripiegato il giornale su una sedia. La mamma sta stendendo la tovaglia sulla tavola. E’ ora di cena.

Spengo la tv e mi siedo al mio posto, mentre ancora i tentacoli del mostro balenano negli angoli più oscuri della mia mente.

 

Che posso dire di quella serie, Spazio: 1999?

Dio mio, non fatemi parlare di quell’americanata bambinesca della seconda stagione. Per me esiste solo la prima stagione. Dunque di quella, brevemente, vi parlerò.

Per cominciare: attendibilità scientifica pari a zero. Facciamo finta di credere che la Luna possa davvero uscire dall’orbita a causa di un’esplosione nucleare “sulla sua faccia nascosta”. Ma se così fosse, al limite, la spinta non dovrebbe precipitarla verso la nostra cara vecchia Terra? O forse, semplicemente, farla rotolare su se stessa? Ok ok, chi sono io per addentrarmi in ipotesi scientifiche? E poi, meglio così, no? Almeno ci salviamo tutti, sai altrimenti che catastrofe…

E va bene: la Luna esce dall’orbita e si dirige verso lo spazio esterno, cioè in direzione opposta alla posizione della Terra, e magari anche a quella del Sole (vogliamo mica che vada subito a bruciarsi?). Diamo per scontate tutte queste belle e straordinarie coincidenze. Se ne va raminga verso l’esterno del sistema solare, certo.

E in pochi giorni si è già allontanata di anni luce? Fino a incontrare stelle, pianeti, addirittura buchi neri? E senza che i componenti della base lunare Alpha invecchino di un solo giorno?

Naaaa…

Il primo che mi accenna alla cosiddetta “sospensione dell’incredulità” lo incenerisco con la mia pistola laser.

Punto secondo: ma il mostro di quell’episodio, per citarne solo uno… quello che quand’ero bambino… dai, lasciamo perdere. Il mostro tentacolare. A parte la sua ridicolaggine, vabbé. E viene sconfitto a colpi di accetta (o martelletto che sia)? Fosse almeno affilata, quell’accetta, ma a vederla sembra di plastica. Come cribbio fai a berti che il mostro lovecraftiano che si mangia gli uomini crepa solo perché gli immergi la pseudo-accetta dentro l’occhio di fuoco? (E ovviamente Koenig ce la fa in un minuto, mentre Tony, il povero Tony…).

Il primo che ribatte che erano effetti speciali avveniristici per l’epoca, metà degli anni ‘70, lo trasformo in una blatta selenita.

Potrei continuare (anzi, finire, sennò divento pesante) dicendo che hanno voluto riprodurre le atmosfere del film di Kubrik, 2001 Odissea nello Spazio. Anche, qua e là, con accenni di brani di musica classica ad accompagnare viaggi interplanetari o momenti forzatamente suggestivi. E con tanto di ambienti e accessori very seventies. Beh, sapete che vi dico? Ridicoli. Ridicoli tutti. Landau, gli Anderson, quella bambola gelata della Bain, gli sceneggiatori tutti, a partire da Christopher Penfold, la Rai, la BBC, e pure Gianni Garko. Tutti ridicoli, incapaci, venduti. Mi fanno schifo.

Io non capisco quelli che rivedono gli episodi di questa serie con nostalgia. Nostalgia ‘dde che? Ma guardatevi le serie Netflix, o Prime: Dark, The Peripheral, The Man in the High Castle, per esempio. Oppure film come Interstellar, o Starship Troopers, o Gravity. Quelle sono sceneggiature. Quelli sono effetti speciali. Quelle sono vicende più credibili del reale, anche se sembrano impossibili.

Cribbio, mi è venuto il nervoso. Mi è salita la pressione. Basta, ora mi alzo dalla mia poltrona e spengo la televisione. No, perché devo alzarmi? Ho il telecomando qui sottomano. Che tasto devo pigiare? Dio, non capisco più nulla. Ahia, la mia schiena… Ahia…! Maledetti i miei cinquant’anni suonati…

 

Johnny Sheetmetal giace composto nella bara. E’ il suo primo funerale. Ce ne saranno altri, forse.

Qualcuno commenta che lì, nel suo ultimo giorno all’aria aperta, sembra ringiovanito. Anzi: sembra tornato bambino. O forse il bambino che era è riemerso alla luce.

Ha lasciato scritto che al suo funerale venissero suonati due brani.

Il primo è l’adagio di Albinoni, che ben si adatta al momento solenne del saluto dei suoi cari. Gli sfilano davanti uno a uno, sgranandosi come perle di un girocollo; pochi versano una lacrima, molti esibiscono un ghigno trattenuto.

Il secondo è la sigla di quel vecchio telefilm, com’è che si chiamava? Spazio millenovecentonovantanove. “La prima stagione”, ha specificato Johnny. “Non la seconda, giammai! Mi raccomando: la prima stagione.”

Da suonarsi rigorosamente allorché la mia bara verrà calata pian pianino nella fossa.”

E le sue disposizioni vengono eseguite alla lettera. E mentre la bara ancora aperta cala (“voglio che la terra ricopra le mie membra”), il viso tornato bambino si distende, e sorride. E sembra quasi di vederlo staccarsi, Johnny, dal suo eterno giaciglio, come un fantasma che si separi dal suo corpo mortale. Tutti lo vedono: tutti.

E al ritmo di quella musica nostalgica, quel fantasma felice di bambino decolla, sale al cielo, e sparisce via. Fino a superare, forse, il limite dell’attrazione gravitazionale della Terra. Per vagare in direzione opposta al Sole, oltre i pianeti e le stelle, fin nell’infinito.

Tutto questo mentre ancora risuona, nell’aria, la sigla di “Spazio: 1999”.

(*) il db “martediano” ignora se sia esistita un’epoca felice in cui qualche tv terrestre trasmetteva «Spazio 1999»; all’epoca lui (db) si occupava di altro, forse non era neppure in codesto spazio-tempo. Dunque non si azzarda a dire mezza frase su qualcosa di cui conosce forse tre frammenti visti per caso. Però il suddetto db “martediano” ricorda un’epoca felice – si sa che la felicità è fatta anche di piccole cose – perchè in “bottega” SPESSO scriveva JOHNNY SHEETMETAL. E adesso io vedo quel «-1» che fa sperare in un seguito. E che mi fa dire ad alta voce, convintamente e con insolita serietà: «bentornato Johnny» (chiunque tu sia).

Redazione
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3 commenti

  • Già, bentornato, Johnny! Nemmeno io ero in questo spazio-tempo all’epoca di Spazio 1999, ma mi ha fatto piacere rileggerti finalmente!

  • Dio bono, come l’hai presa male! …
    “attendibilità scientifica pari a zero” … l’ho già sentita questa, mi pare che anche Asimov abbia detto qualcosa del genere … il che mi conforta sul fatto che la Luna, effettivamente, avrebbe potuto comportarsi così.
    “E allora”, via con un po’ di benaltrismo… “E allora il teletrasporto?” “E allora i ‘replicatori’ che ti versano la birra romulana?” “E allora le celle di Dilitio e la curvatura?” “E allora le Foibe?” … ma così è troppo facile.
    Io preferisco pensare che tutto ciò hai scritto dopo sia scritto in forma ironica (antifrasi), anche perché Tony Cellini è forse il miglior personaggio della carriera di Garko (pensa te che attore!), Koenig è Koenig, la Russell è un ghiacciolo ma se sai come prenderla je fai grida’ Viva l’Italia, Bergman è pari pari mio zio buonanima e Sandra fu il mio primo amore.
    E Johnny Byrne era quel Johnny Byrne che non ha mai scritto/disegnato fumetti dei F.Q.

    • Johnny agrees. He wrote the first part sincerely, the second part with a mask covering his head, and the third part with some tears falling from his eyes. Sorry for stupid english. Johnny himself.

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