Genova/povertà: un Comune di sinistra ma…

… ma solo nelle intenzioni.

Il comunicato del S.I. Cobas Genova

Foto: pagina fb S.I. Cobas Genova

 

Con Delibera comunale del 15/07/2025 il Comune di Genova con la Sindaca Salis ha ufficialmente dichiarato aperta la lotta alla povertà. L’impegno assunto è avvalorato dal Protocollo d’Intesa che schiera tutto il campo istituzionale: Prefettura, Questura, INPS, ASL ecc.

Il salario minimo di 9 € lordi sarà la condizione minima per l’affidamento, in appalto e sub appalto, delle attività promosse dal Comune ad aziende esterne.
Se si considera che ai 5.000 dipendenti diretti del Comune si aggiungano alti 5.000 lavoratori degli appalti si è di fronte a una delle più grosse aggregazioni di lavoratori e quindi un giro d’affari economico che muove interessi compositi. I settori interessati sono quelli delle pulizie, della vigilanza e logistica.

Dai toni perentori sembrerebbe quasi una dichiarazione di guerra alle aziende che sfruttano il lavoro povero. L’iniziativa della giunta genovese ripete l’esperienza di altri Comuni governati dal centro-sinistra: Napoli, Venezia, Firenze.

L’impegno assunto è certamente lodevole e va analizzato con mente sgombra da pregiudizi.
Siamo veramente di fronte ad una vera lotta alla povertà? Vediamo.
Il salario orari di 9€ lordi non sono indicizzati all’inflazione. In una situazione di contratti scaduti e firmati in cronico ritardo la rivalutazione oraria arriverà sgonfiata alla meta. Non va dimenticato che l’impegno perentorio a garantire il salario minimo vale per i nuovi contratti e non quelli in essere. Si dovrà aspettare!

La piaga dei contratti part-time. Attualmente il Comune ha affidato a due aziende le mansioni di pulizia.
Questi applicano il CCNL Multi servizi: nel primo appalto 81,7% dei lavoratori sono in Part-Time e solo ventisette sono a Tempo Pieno. Un secondo appalto vede tutti i lavoratori in Part-Time. Se si considera che la paga oraria attuale di un secondo livello sia pari a 7,7 € lordi l’ora (indennità incluse), è evidente che una “futura” applicazione del salario minimo è certamente un passo avanti ma non la rivoluzione annunciata con strilli di tromba.
Perché? Perché anche con salari rivalutati a 9€ o addirittura a 10€ se poi si lavorano solo sei ore a settimana, non ci campi e si resta poveri.

La sinistra, il PD e il PD + 5 Stelle del Campo Largo (questi non avevano già dichiarato la fine della povertà?) e la CGIL plaude alla bontà della delibera.
La CISL e la UIL si sentono offesi perché non interpellati quindi scavalcati nella loro funzione di rappresentanza.
Peccato, un vero peccato che tutti questi rappresentanti dei poveri e degli oppressi abbiano permesso il proliferare del lavoro povero e precario. A vigilare sull’applicazione del salario minimo viene richiamato il ruolo delle OOSS maggiormente rappresentative. Per la Salis siamo a posto così, il monopolio della rappresentanza è salvo, ma si ignora che questi in non poche occasioni non sono riusciti a far rispettare neanche i loro minimi tabellari. Solo la fede può garantire il ravvedimento del lupo.

Tutti sono complici nel saccheggio delle risorse pubbliche giusto per accontentare una pletora d’imprenditori vestiti da società, cooperative sociali, ONLUS con finalità fintamente umanitarie.
Dall’alto delle istituzioni possono piovere solo inganni ed effimeri progetti.
Non c’è mai stata una vera conquista economica e sociale che non sia stata condotta direttamente dai lavoratori alleati ad altri lavoratori.

La stella polare per affermare la dignità del lavoro è la lotta autonoma e indipendente dei lavoratori.
Nel cielo delle istituzioni brillano solo stelle fredde!

Redazione
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