Governo in guerra: contro la nostra salute

Un volantino SI COBAS e l’analisi di Edoardo Turi

 

Case e ospedali di «comunità» ma non per la comunità

volantino SI COBAS di Genova

L’epidemia ha evidenziato lo stravolgimento degli stessi parametri della medicina, la quale dovrebbe fondarsi innanzitutto sulla prevenzione dalle malattie e sulla medicina di comunità. La medicina che combatte le epidemie su scala sociale dovrebbe combinarsi con l’informatica per attuare studi statistici sulla popolazione.
Questo investimento dovrebbe anticipare l’insorgere delle malattie e permettere un risparmio per le casse statali.
Proprio la mancanza di un Piano antipandemico, la mancata allerta e il mancato tracciamento sono alla base della bancarotta della medicina preventiva che è costato più di 150 mila morti, almeno in parte evitabili.
La sanità privata ha ragione d’essere nel trarre profitto dalle malattie ed è così che gli azionisti del comparto medico-farmaceutico sono al secondo posto negli introiti di Borsa. Solo l’industria degli armamenti fa meglio. Per questo nessun ravvedimento, nessun cambio di marcia è sperabile se ad imporlo non siano i lavoratori. In alternativa, qualche lacrima di circostanza per poi fare peggio di prima.
E’ così che lo sciacallaggio sulla salute, riprende nuovo vigore e percorre nuove strade … e le chiamano riforme!
Il PNRR mette a disposizione 7 miliardi per la medicina territoriale. E’ su questi soldi che si apre la caccia.
Gli obbiettivi: frenare gli accessi “inappropriati” agli ospedali e favorirne le dismissioni, raggiungere il 10% di assistenza domiciliare, ridurre il gap del Mezzogiorno, digitalizzazione e modernizzazione delle apparecchiature. Ecc. ecc.
Viene ridisegna l’architettura del SSN e si pone su uno stesso piano la Sanità Pubblica e la Sanità Privata.
I grandi ospedali centrati sulla gestione delle malattie ad alta complessità mentre le Case di Comunità e Ospedali di Comunità avrebbero la gestione dei pazienti non gravi, fragili e cronici.
Il PRNN prevede la costruzione o riadattamento di 1350 Case di Comunità e 400 Ospedali di Comunità entro il 2026.
E’ la riproposizione aggiornata del modello lombardo imperniata sul “gestore unico” (medico di medicina generale più privati) a cui giustamente avevano aderito solo il 10% degli utenti. Ora viene riproposto a scala nazionale.
Le Case della Comunità dovranno promuovere la interdisciplinarietà e progettare interventi a carattere sociale. Qui la generalità della formula non dice come fare e soprattutto con quali risorse. Ancora un matrimonio con i fichi secchi!
Le criticità rivelano che questo progetto è solo una scatola vuota, utile però a mettere le mani sui soldi del PNRR.
 A fronte del taglio dei posti letto attuato negli ultimi trent’anni (5 mila solo in Liguria) gli Ospedale di Comunità prevedono moduli di 20 posti letto che moltiplicati per i 10 Ospedali previsti sempre in Liguria si arriva alla miseria di 200 Posti letto.
 La copertura non c’è. Infatti le risorse mosse dal PNRR scadono nel 2026 mentre l’arruolamento del personale è previsto solo nel 2027. Nell’intesa Stato-Regioni viene detto chiaramente (articolo 4) “senza nessun onere a carico della finanza pubblica”. Le risorse dovranno essere la conseguenza della razionalizzazione e cioè altri
tagli ai servizi e il saccheggio di quel che (non) resta del personale sanitario.
 Ogni Ospedale prevede 9 infermieri e 6 OSS. La gestione sarà a prevalenza infermieristica e la parte medica in carenza dei medici qualificati sarà assolta dei medici specializzandi. Dopo tanta poesia sulla professionalità siamo alla prosa del si fa quel che si può.
Se il ministro Speranza non sarà in grado di moltiplicare infermieri e OSS come fossero pane e pesci siamo di fronte all’ennesime controriforma vestita dal nuovo che avanza.
 E’ facile pensare che la costruzione delle nuove strutture sarà affidata ai privati con la formula del project financing e sulle pietre e il cemento edificheranno tante chiese in cui professare la fede del capitale.
La Riforma a ben vedere non ha nulla a che vedere con la prevenzione e con la medicina territoriale, è solo un tavola imbandita a favore delle consorterie private. Nasce su presupposti sbagliati: il privato non è interessato alla prevenzione perchè il suo guadagno è sulla malattia. Malattia che la medicina preventiva e l’epidemiologia dovrebbe contrastare e contenere.
La Riforma sposta ancor di più gli equilibri fra pubblico e privato a favore di quest’ultimo. Il piano di (contro) riforma non ha nulla di sanitario è solo un piano affrettato e inconcludente per mettere le mani sulla quota del PNRR che transiterà dalla sanità ma non si fermerà perché il guidatore lavora per i padroni e non per i lavoratori.

Ddl Concorrenza: sanità ancora più in mano ai privati

di Edoardo Turi (*)

Il Disegno di Legge Concorrenza – Legge annuale per il mercato e la concorrenza 2021 – contiene  alcuni articoli specificatamente riferiti alla sanità (artt.4,5,6,7,12) ma altri, seppure non specificamente riferiti al Servizio Sanitario Nazionale (SSN) o alla salute, abbracciano  argomenti che riguardano i  determinanti ambientali e sociali di salute cosiddetti modificabili (Capo V. Artt. 13, 14, 15, 16, 17, 18) che – come ampiamente illustrato da M. Marmott (M. Marmott., Salute disuguale.2016) e G. Costa (G. Costa et al. L’equità nella salute in Italia. Secondo rapporto sulle disuguaglianze sociali in sanità. 2016) – sono alla base dello stato di salute della popolazione e delle persone, oltre quelli individuali cosiddetti non modificabili (età, genere, ereditarietà).

Aria, acqua, suolo/rifiuti, reddito, casa, istruzione, trasporti, servizi, cultura sono quindi i fattori ambientali e sociali modificabili  che influenzano la salute e che determinano le disuguaglianze nell’ambito della popolazione e tra gli individui.

È noto che il SSN, istituito con la Legge 833/1978, è solo uno dei fattori che influenzano la salute collettiva e individuale, insieme all’assistenza sociale, mentre molto più importanti, soprattutto per la prevenzione, sono i determinanti ambientali e sociali.

È ovvio che di fronte a peggioramenti di tali determinanti dovuti alle caratteristiche proprie di una società in cui la produzione, il consumo e la vita stessa sono regolati dall’economia basata su profitto, il SSN non può né sottrarsi facilmente alla medicina basata sulla corsa al profitto,  né, al tempo stesso, farsi carico di tutti i problemi, spesso drammatici, che tale società stessa determina: malattie dovute all’inquinamento ambientale, infortuni sul lavoro, incidenti stradali e domestici, violenza domestica e di genere, gravidanze indesiderate, malattie sessualmente trasmissibili, disabilità, dipendenze da sostanze psicoattive, epidemie da malattie infettive, malattie croniche  prevenibili, scarsa o errata alimentazione, basso livello di istruzione, povertà assoluta o relativa  con assenza  o insufficienza del reddito, mancanza o  insufficienza di abitazione, assenza di lavoro o lavori usuranti o alienanti, lavori sotto retribuiti o precari, consumi pericolosi per la salute, assenza o scarsità di servizi sociali, culturali, mancanza o insoddisfazione nelle relazioni sociali e familiari.

Per questa ragione sanità pubblica non è la “sanità pubblica” in contrapposizione a quella privata (anche se il termine è usato spesso in Italia con questo significato) ma,  mutuata dall’inglese “public health”, essa è ”la scienza e l’arte di promuovere la salute, di prevenire le malattie e di prolungare la vita attraverso sforzi organizzati della società” (“Acheson Report”, London, 1988).

In Italia la sanità pubblica è spesso vista come una branca della medicina, ma non è veramente così:  questo approccio è favorito dal mondo della medicina stesso per motivi di potere.

Si è visto durante la pandemia da Covid 19 che ha dimostrato la fragilità del SSN indebolito da decenni di riduzione dei finanziamenti e privatizzazioni: più che sentire virologi in televisione si sarebbero dovuti interpellare ingegneri e architetti per trasporti, scuole e luoghi di lavoro sicuri, più spesso biologi e veterinari per comprendere meglio da quali scelte produttive e di consumo si genera il “salto di specie”, giuristi per l’adozione di provvedimenti amministrativi idonei, statistici per spiegare l’andamento epidemico, economisti per capire come difendere il reddito nella sindemia.

Se la salute e i suoi  determinanti ambientali e sociali vanno oltre la medicina e i servizi socio-sanitari, va da sé che la salute è difesa e promossa non solo dagli operatori sanitari in senso stretto (medici e infermieri), ma anche da ingegneri, architetti, sociologi, psicologi, statistici, economisti, giuristi, ecc…  nei loro vari campi scientifici e istituzionali. La salute, e in particolare la prevenzione, devono attraversare tutte le politiche e avvalersi di molte discipline.

Alla luce di queste considerazioni il DDL Concorrenza nel momento in cui prevede, in continuità con i Trattati europei, con le Leggi  n. 287/1990 e n.4/2009   e il Piano Nazionale di Ripresa e Resilienza, che vi siano attività che il settore pubblico non deve più produrre direttamente ma affidare al mercato, anzi il settore pubblico deve “giustificare” il non affidamento al mercato dei servizi pubblici che, oltre una certa soglia, vengono prodotti  in autoproduzione (“in house”), si sancisce che alcuni settori “determinanti” per la salute siano affidati al settore privato, a volte mascherato da “privato sociale” confessionale o meno.

Così l’articolo  4  interviene nel settore dell’energia (gas naturale), settore non secondario per l’inquinamento atmosferico climalterante, l’art. 5 con le concessioni idroelettriche, l’art. 6 in materia di servizi pubblici locali, l’art.7 relativo al trasporto pubblico, l’ art. 11 inerente anche i servizi di gestione dei rifiuti.

Se questi  determinanti di salute sono in mano al privato il pubblico non riuscirà a orientarne l’azione verso la salute prevalendo l’interesse del privato al profitto

Questa è  comunque ormai da tempo  la contraddizione principale che demarca una distinzione all’interno della sinistra, più o meno radicale, che nella propria elaborazione culturale, nelle ricostruzioni storiche di specialisti e rappresentanti politici, nell’azione di governo nazionale e locale, negli ultimi decenni ha posto l’accento solo sulla insufficienza o lo spreco di risorse, più che sul loro uso privato: profitti privati con fondi pubblici.

Ormai il privato convenzionato, acceditato e  esternalizzato è il 50% della spesa sanitaria. L’affidamento ai privati è stato il modo in cui si è aggirato, a beneficio di questi, il blocco delle assunzioni nel SSN determinato  dai Trattati di Maastricht, dall’introduzione dell’obbligo di pareggio di bilancio in Costituzione, da molte leggi di bilancio, dai tagli lineari e dai Piani di rientro delle Regioni in deficit, trasformando la spesa per il personale in spesa per l’acquisizione di beni e servizi sul mercato. Un falso in bilancio legalizzato.

Anche i movimenti di lotta per la salute sono caduti in questo inganno cognitivo che trae origine comunque dagli articoli 25 e 26 della legge 833/1978 che concesse ampi spazi a privato, nel clima del Compromesso storico tra comunisti e cattolici, ma in realtà tra Democrazia Cristiana  e Partito Comunista italiano e che, nella sua versione politica concreta, fu  l’Unità nazionale, le “larghe intese”, le “giunte anomale”.

Il D.Lgs n. 502/1992 (De Lorenzo) introdusse l’aziendalizzazione, il divieto di indebitamento  per le  Aziende sanitarie, la figura anacronistica, monocratica e autoritaria del Direttore Generale, privo di contrappesi democratici, la forte regionalizzazione, diminuendo il ruolo dei Comuni, vedeva il rapporto tra pubblico e privato come “concorrenza” tra il SSN propriamente  detto, con un privato convenzionato e accreditato ma con fondi pubblici, coerente con l’impostazione “liberale” De Lorenzo con denaro pubblico (poi arrestato e condannato con Tangentopoli).

Il successivo D.Lgs. 229/1999 (Bindi),c oerentemente con l’impostazione cattolico-democratica della sussidiarietà orizzontale della Ministra, correggeva il precedente introducendo  la “collaborazione tra pubblico e privato, soprattutto privato sociale”.

In questo contesto l’art. 13 del DDL Concorrenza  (Revisione dell’accreditamento e del convenzionamento delle strutture private) sancisce l’impostazione già prevista dalle normative introducendo solo garanzie di impostazione liberale nei meccanismi di selezione sul mercato.

La comparatività dei costi, ad esempio, non garantisce che, con l’offerta economica più conveniente o l’approccio del massimo ribasso, il servizio sia qualitativamente migliore o che i bassi costi non si ottengano tramite precariato, lavori atipici o interinali, sotto retribuzioni, utilizzo di partite IVA, subappalti.

Gli artt. 14, 15, 16 e 17,relativi ai farmaci e agli emoderivati (sangue),concentrandosi sulla politica dei prezzi, non sembrano aggiungere  molto ad un settore largamente dominato dal privato e dal profitto, in assenza di una industria pubblica del farmaco e adeguati finanziamenti statali alla ricerca pubblica.

L’art. 18 invece sancisce ancora una volta, con alcune modifiche, la discrezionalità del Direttore Generale nella selezione dei dirigenti delle AS  del SSN delegando però le Regioni ad emettere proprie autonome normative, in un’ottica propria dell’Autonomia regionale differenziata, mentre sino ad oggi le Regioni si dovevano attenere ad una unica normativa nazionale: il D.P.R. 484/1997.

Ciò potrà introdurre difformità tra le Regioni anche in questo campo.

La nomina dei dirigenti del SSN è diventata nel tempo uno degli aspetti dello “spoil system”, il sistema delle spoglie: chi vince (le elezioni) prende tutto, tipico degli USA, ma che in Italia  si è  sposato con prassi nepotistiche e clientelari praticate un po’ da tutti i partiti politici nella Pubblica Amministrazione e non solo, confermando quanto previsto da M. Weber (Il lavoro intellettuale come professione,1919). Un “manuale Cencelli” del SSN, dall’ espressione giornalistica riferita all’assegnazione di ruoli politici e governativi ad esponenti di vari partiti politici o correnti in proporzione al loro peso, ma  effettuate in una logica di spartizione, spesso in assenza di merito (Massimiliano Cencelli, funzionario della DC, intervista su Avvenire  25/7/2003), con un’attenzione alla “fedeltà” a chi nomina o sponsorizza.

Il movimento di lotta per la salute e le forze che si ispirano al patrimonio del movimento operaio e democratico dovranno impegnarsi per contrastare le inevitabili derive di questo provvedimento.

Foto:Forum per il diritto alla salute

Articolo tratto dal Granello di Sabbia n. 49 di Marzo-Aprile 2022: “Si scrive concorrenza, si legge privatizzazione

(*) è un medico del Forum per il diritto alla salute; noi riprendamo testo e immagine da www.attac-italia.org

Redazione
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