Grosseto: morire di sfratto
di Massimo Pasquini (*). A seguire un estratto dalla relazione della «Rete Nazionale Lavoro Sicuro» all’incontro di Chianciano (**)
Suicidio per sfratto a Grosseto. Emergenza casa al limite
Ancora un suicida per sfratto: anche da Grosseto un segnale drammatico di come la questione abitativa sia arrivata a un punto di non ritorno,
A Grosseto, ieri, un uomo di 37 anni si è tolto la vita dopo aver ricevuto lo sfratto.
Il ripetersi di questi atti rappresenta il livello di drammaticità raggiunto dalla questione sfratti e precarietà abitativa che il Governo, Regioni e Comuni si ostinano ad affrontare solo in termini di sostegno al mercato, mercato che è parte del problema.
Non è un caso isolato tutti ricorderanno quanto accaduto agli inizi di ottobre a Sesto San Giovanni, dove un anziano si è lanciato dal balcone durante lo sfratto.
Non sono più casi isolati
Decenni di abbandono di politiche abitative pubbliche e di tagli ai fondi contributi sostegno all’affitto e morosità incolpevole, che hanno lasciato migliaia di famiglie e persone fragili senza rete di protezione.
Ora siamo al punto di non ritorno, in assenza di strumenti adeguati e risposte tempestive, e in questi casi le persone lasciate sole si trovano con lo sfratto davanti al precipizio della loro vita che con tutta evidenza getta le persone nella disperazione.
Lo ripeterò incessantemente si deve attivare immediatamente un piano straordinario di intervento pubblico sulle politiche abitative, per avere più case popolari, per il rifinanziamento stabile dei fondi per l’affitto e per la morosità incolpevole, e garantendo il passaggio da casa a casa.
Il Governo invece di criminalizzare gli inquilini, e di lavorare a proposte che ledono i diritti delle persone come ad esempio di lavorare a proposte velocizzano gli sfratti al fine di tutelare rendita immobiliare e la speculazione, dovrebbe fare ben altro invece di restare mostrare indifferenza e restare impertubabile.
I precari della casa hanno diritto alla dignità del vivere!
Massimo Pasquini è stato a lungo segretario Nazionale dell’Unione Inquilini
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(*) tratto da Diogene Notizie – Lotta alla povertà
PREVENZIONE È SICUREZZA SICUREZZA È PREVENZIONE
Estratto della relazione della «Rete Nazionale Lavoro Sicuro» (**)
Alla volontà cinica del sistema capitalistico che tutto travolge pur di conseguire livelli di profitto crescenti, si deve contrapporre la nostra volontà di fermare la strage di lavoratori in atto in Italia e nel mondo: solo in Italia 1400 morti all’anno da eventi acuti, il doppio da malattie professionali (ma solo le morti asbesto correlate sono stimate nell’ordine di 6000 !) e ben oltre mezzo milione di eventi acuti non mortali.
Ci siamo posti l’obbiettivo di arrivare il giorno prima !
…La rete si è costituita a seguito di un incontro pubblico tenutosi a Modena il 26 maggio 2022, su impulso e proposta del nucleo storico dei macchinisti delle ferrovie” …
…L’obiettivo primario della Rete è abbattere gli ostacoli che impediscono di garantire la stessa speranza di vita e di salute a tutti gli esseri viventi sul pianeta cominciando dalla eliminazione dei rischi alla fonte (prevenzione primaria).
Lo slogan “prevenire è meglio che curare” è valido ed attuale.
La strategia della “Rete nazionale lavoro sicuro” ha il semplice obiettivo di “arrivare il giorno prima” rispetto agli eventi che pregiudicano la salute, pur senza trascurare – in caso di insuccesso della strategia della prevenzione – di perseguire l’obiettivo del risarcimento dei danni subìti (anche se i risarcimenti del “giorno dopo” non potranno mai ripagare i danni fisici e morali)
…La RETE ha la convinzione che le misure tecniche e giuridiche, la vigilanza, le ispezioni e le sanzioni siano auspicabili, utili e necessarie per fermare la strage di lavoratori. Ma l’elemento decisivo è il controllo operaio sui processi lavorativi. Ciò può avvenire a condizione che il mutamento dei rapporti di forza sia a favore dei lavoratori.
…Centrale in questo progetto è la prevenzione primaria, nella concezione proposta da Giulio Maccacaro, che significa non considerare le problematiche ex-post, nel senso di fare screening più frequenti per esempio, ma nel senso di rimuovere le cause che producono le malattie ed i danni. Prevenzione a partire dalla mappatura dei rischi per l’abbattimento delle cause, altrimenti la ricognizione “statistica” degli incidenti e dei morti si risolve in una logica burocratica, in una presa d’atto sconsolata e deprimente.
La diffusione della cultura della sicurezza, che andrebbe meglio definita come cultura della prevenzione, non deve essere materia per specialisti: medici del lavoro, tecnici, ecc fino ad arrivare agli RLS oggi relegati al ruolo di specialisti minori.
La cultura della sicurezza deve essere presidiata da chi i rischi alla salute li vive e li subisce. Distinguiamo i rischi del momento, rubricati come incidenti, e rischi di accumulo di fatica ed esposizione che si manifesteranno col passare degli anni.
La somma degli insulti psico-fisici mette a repentaglio la capacità di lavoro che va preservata e non svalutata o mercanteggiata a favore di chi compra la forza lavoro. La figura del RLS1 (Responsabile dei Lavoratori per la Sicurezza) deve essere espressione di una ritrovata consapevolezza, diffusa a larga parte dei lavoratori, che la salute è tema centrale al pari della contrattazione economica.
Da questo punto in poi il nostro sforzo è stato quello di fare una ricognizione delle forze (i lavoratori in primis) disponibili a impegnarsi su questo fronte di lotta: RLS, delegati e tutti i lavoratori sensibili a questo tema, compresi gli operatori della salute, naturalmente.
Il primo incontro condotto dal dott. Vito Totire, medico del lavoro, su prevenzione, salute e sicurezza risale al 2022 ed ha visto una numerosa partecipazione di delegati, RLS, lavoratori e lavoratrici che hanno portato vissuti e problematiche di salute derivanti dalle crude condizioni di sfruttamento lavorativo.
Le testimonianze raccontano di un capitalismo cannibale e schiavista che costringe di frequente
molte lavoratrici recarsi in fabbrica con sacchetti di antidolorifici di scorta. I lavoratori della logistica denunciano il doversi muoversi sempre più veloci, pena richiami, da una postazione all’altra tra carichi sospesi, con il rischio di farsi male a ogni passo.
Le lavoratrici subiscono le ripercussioni di un doppio carico di lavoro che a quello “per il pane” si aggiunge quello “per la cura” di familiari e minori. Questa doppia condizione di sfruttamento causa loro pesanti affaticamenti, incidenti in itinere, impossibilità di conciliare i tempi di vita e tempi di lavoro.
Le lavoratrici in particolare nei magazzini della logistica lamentano dolori alla schiena e alle braccia. Altri lavoratori della logistica soffrono il “freddo pazzesco”, perché esposti a temperature e correnti d’aria che li fanno ammalare frequentemente.
Nella lavorazione delle carni si è costretti a lavorare con temperature gelide, da frigo industriale, perché i padroni “pensano alla carne, ma non a noi”. In questi ambienti spesso si opera in spazi ristretti, manovrando coltelli. Il rischio di ferimento è sempre presente.
Il metodo utilizzato pone al centro la soggettività di lavoratori e lavoratrici, che riuniti in gruppi omogenei (che lavorano nello stesso ambiente e svolgono mansioni similari o collegate tra loro) fanno emergere le sintomatologie, i rischi percepiti, gli incidenti e i cosiddetti ‘quasi-incidenti’.
Si è discusso più volte dell’importanza di prendere visione dei documenti di valutazione dei rischi (DVR) che sono considerati dai padroni quasi dei ‘segreti di stato’.
Si pensi ad un fatto: esistono uno (DVR)2 o due (DUVRI)3 documenti di valutazione dei rischi che devono essere obbligatoriamente prodotti dalle aziende per legge.
Eppure quando quando entriamo in un luogo di lavoro, noi quanto lavoratori, non abbiamo diritto di sapere quali rischi si corrono e come devo comportarmi per evitarli, perché se ne avessi consapevolezza avrei certamente più accortezze. Allora perché quei documenti NON si possono vedere?
Quale è la logica soggiacente a questa segretezza se non quella di proteggere il padrone dalla nostra possibilità di controllare i passi avanti necessari a mitigare o eliminare quei rischi?
Un’altra questione emersa riguarda i ‘medici competenti’4 che troppo spesso sono usati, e si fanno usare, dai padroni in funzione repressiva dei lavoratori e delle lavoratrici, così che uno strumento di tutela della salute risulta rovesciato nel suo scopo e sembra integrarsi con la controparte padronale.
Vito Totire ha sottolineato più e più volte la necessità che questa figura professionale venga nominata dall’ente pubblico cioè la USL. Invece attualmente è di nomina padronale, il che crea un legame che mina alla base la possibilità di questo professionista di essere una figura terza tra l’interesse aziendale e quello operaio.
Per lo sviluppo della attività con i gruppi omogenei di lavoratori è stato fatto un lavoro di inchiesta anche attraverso la distribuzione di questionari per cogliere nello specifico problematiche ed urgenze d’intervento.
Si volevano indagare:
- le dinamiche della organizzazione del lavoro;
- i rischi che conoscono grazie all’esperienza sul campo;
- il monitoraggio degli incidenti che si sono verificati ma anche di quelli che hanno rischiato di verificarsi e non sono accaduti “per miracolo”, come spesso si usa dire;
- quali sono i sintomi sulla salute psico-fisica del lavoro che si fa, anche utilizzando strumenti che possano facilitare e stimolare i racconti a livello visivo. E’ stato fatto con un’immagine del corpo umano su di un cartellone sulla quale i lavoratori e le lavoratrici hanno segnalato i propri sintomi e stati di sofferenza. Il numero di bollini rossi che vengono posizionati nelle aree del corpo doloranti, aiuta a capire che una determinata sofferenza non è perché “sono debole”, ma perché “quel lavoro fa male”!
- quali diagnosi sono state fatte dai loro medici come conseguenza della tipologia di lavoro;
- quali sono gli strascichi nella vita fuori orario di lavoro. Questo fatto è molto importante anche se viene descritto con un serie di parole che rendono difficile capire di cosa si parla. Si chiama “stress da lavoro correlato” ciò che ci accade quando siamo fuori dal lavoro, cioè i malesseri e le preoccupazioni che modificano la qualità della nostra vita. Sembra una questione misteriosa, ma se sappiamo ascoltare i protagonisti della produzione, diventa una cosa semplice. Per qualcuna e qualcuno, significa non riuscire a svolgere il lavoro di cura per i propri familiari la sera al ritorno a casa, o per via del dolore, o per via della stanchezza, o per via delle umiliazioni subite, o per via dei pensieri legati a prestazioni richieste che si teme di non essere in grado di svolgere.
Nella concretezza, questo è l’unico parametro che può permettere ad una organizzazione sindacale di entrare nel merito della organizzazione del lavoro, generalmente considerata come una prerogativa esclusiva dei padroni. Quando si esce dalla soggettività e ci si rende conto che una problematica è condivisa anche da altri e magari da tutti i propri colleghi e colleghe, in quel momento stesso si smette di colpevolizzarsi per la propria incapacità e si colloca correttamente il problema nella insostenibile organizzazione del lavoro che DEVE e PUO’ essere messa in discussione.
Non sempre le iniziative messe in campo sono state coronate da successo, ma il cambiamento si verifica solamente quando l’autodifesa operaia è in grado di essere più forte della vocazione “al risparmio” del padrone.
Ad esempio, uno temi più dibattuti con i lavoratori della Fercam, è stato il Lavoro notturno. I rischi derivanti dal lavoro notturno, specie se prolungato, comportano alterazione del ciclo veglia-sonno. È un’attività che andrebbe monitorata e sorvegliata dal medico aziendale.
Così non è. L’assenza di questa tutela medica è stata evidenziata da un nostro delegato fornendo, al contempo, la prova che solo l’autorganizzazione dei lavoratori sopperisce a questa mancanza e agisce come freno alla corsa produttivistica e come primo presidio alla sicurezza: “Quando vediamo un nostro compagno troppo stanco lo invitiamo a staccare e chiediamo all’azienda più
rotazione nel turno di notte”. E’ per questo che diciamo che la solidarietà è la nostra forza: è una esperienza pratica e concreta, non è uno slogan.
Archivio degli incidenti che generalmente esiste in ogni azienda, ma non sempre. Tuttavia va contrastata la superficialità di contabilizzare solo gli incidenti conclamati e non considerare quelli evitati, non gravi, sfiorati, in itinere, ecc perché solo prendendo in esame tutti gli episodi di rischio si possono attuare misure preventive.
Se questo compito non è svolto dai datori di lavoro deve essere oggetto di pressione di lavoratrici, lavoratori, delegati e RLS anche attraverso lo sciopero e la mobilitazione.
Il lavoro del solo RLS non è sufficiente se non è accompagnato dalla pressione dal basso della compagine operaia in grado di fermare tutto, se necessario.
Per conoscere le soggettività, i vissuti e le condi-zioni di lavoro, l’approccio deve comprendere an-che indagini preliminari da realizzarsi con lavoratori e lavoratrici sensibili al tema della salute.
PREVENZIONE È SICUREZZA SICUREZZA È PREVENZIONE
E’ stato il titolo di un convegno dedicato a chi lavora nelle imprese dell’industria di trasformazione alimentare modenese che comprendono circa 1.500 unità, impiegano 11.500 addetti e hanno un volume di affari annuo stimato in circa 3,9 miliardi di euro orientato per lo più alla esportazione.
Le attività più colpite per numero di morti, incidenti invalidanti e malattie professionali, sono quelle della lavorazione delle carni (3.249 casi denunciati), La percentuale dei lavoratori stranieri che hanno contratto malattie professionali nel settore alimentare è pari al 21,9% del totale, significativamente più alta rispetto al 7,5% rilevato nel complesso del-la gestione Industria e servizi.
Tra le patologie riscontrate, quasi il 73% sono malattie del sistema osteomuscolare e del tessuto connettivo, in particolare dorsopatie e disturbi dei tessuti molli, seguite dalle patologie del sistema nervoso (20,9%), dalle malattie dell’orecchio (2,6%) e dalle malattie del sistema respiratorio (2,2%). Si registrano diverse criticità nell’operato – o nel mancato operare – degli organismi che dovrebbero sovrintendere la sicurezza sul lavoro. Nell’incontro intendiamo mettere in luce le diverse mancanze e difficoltà percepite da chi lavora nel trovare aiuto per svolgere il lavoro di prevenzione. Pochi sono gli RLS, perché esiste un vero e proprio turn-over di cooperative, società di gestione del personale, ecc. che rendono fluide le cariche sindacali e che spesso non sono riconosciute dal padrone successivo. E’ stata proprio questa condizione a non permettere lo sviluppo pratico di questa inchiesta.
Infine spesso è difficile ottenere la formazione necessaria per legge agli RLS che dovrebbe essere garantita dal padrone e a far applicare le leggi volte alla prevenzione; ancora più difficile trovare figure nell’ambito medico o politico che si interessino di questi problemi.
Cosa fare per invertire la tendenza?
Partendo dall’idea che la vera prevenzione si possa attuare solamente a partire dalle soggettività operaie, intese come collettività auto-organizzate, ci ispiriamo alle metodologie perfezionate grazie alle lotte del movimento operaio e alle sistematizzazioni di tali pratiche elaborate, tra gli altri e le altre, anche da Giulio Maccacaro e Medicina Democratica.
“La borghesia, naturalmente, ha poi utilizzato e continua più che mai a utilizzare la scienza come strumento della sua conservazione; così fa ogni potere che tende a conservare se stesso. Ora, se questa è l’operazione che ha fatto la borghesia, questa è l’operazione che dovrà fare il proletariato e cioè a sua volta il proletariato dovrà fondare una nuova scienza per abbattere il potere borghese”. (Giulio A. Maccacaro, in “L’uso di classe della medicina”, Modena, 25 febbraio 1972)
Teniamo presenti i presupposti di due secoli fa, purtroppo ancora attuali:
“Il Capitale non ha riguardi per la salute e la vita dell’operaio, quando non ne sia costretto a tali riguardi dalla società”. (K. Marx – Il Capitale, 1867) “Essi solo (gli operai delle città e delle campagne), e non dei salvatori provvidenziali, possono applicare energici rimedi alle miserie sociali di cui soffrono”. (K. Marx, La Revue Socialiste, 1880)
La metodologia che abbiamo ripreso è quella elaborata, in diversi tempi e modalità, dal movimento operaio che ha posto in essere nuove e originali forme di auto-organizzazione e pratiche di autotutela.
Il momento cardine del convegno è stata la presentazione dell’inchiesta operaia svolta all’interno di due stabilimenti di lavorazione delle carni, a partire dalla testimonianza diretta delle lavoratrici e dei lavoratori che ci hanno permesso di capire come, nel comprensorio, tra le altre criticità rilevate, i ritmi e i carichi di lavoro siano al di sopra dei limiti della sopportabilità umana.
Perché le leggi non vengono rispettate?
non basta fare una analisi astratta delle responsabilità dei singoli professionisti, come se dovessimo colpevolizzare singoli soggetti più o meno cattivi, ma comprendere le contraddizioni strutturali per cui si verificano i fenomeni.
Per citare una di queste figure professionali ed uscire dal generico: non intendiamo dare la pagella al singolo medico competente, ma si vuole evidenziare la “fragilità del ruolo”; questo operatore va ricondotto ad una collocazione nell’ambito della sanità pubblica, indispensabile per garantire la necessaria autonomia dal datore di lavoro.
Infatti la nomina del medico di parte padronale, crea un rapporto privilegiato tra il medico e la azienda stessa che produce una condizione concreta tale da rendere impossibile percepire tale figura come una soggettività “al di sopra delle parti”. Nei fatti il medico competente è percepito da chi lavora come una figura dalla parte del padrone e questo non è certamente dovuto ad un pregiudizio ideologico.
Lavorare e…non morire di caldo
Campagna nazionale agosto 2024
La questione microclima e caldo eccessivo si inserisce nel contesto più ampio dell’aumento generalizzato delle temperature, sia per le attività al chiu-so che all’aperto.
Rapporto ambiente, salute, lavoro.
E’ un problema oggettivo che ha ripercussioni individuali, anche a seconda dello stato di salute delle persone (cosa di cui il datore di lavoro deve tener conto).
Attualmente le norme non fissano parametri “obbligatori” e qualora superati non scatta nessuna sanzione. Tuttavia esistono linee guida e norme igieniche proposte da Istituzioni Pubbliche alle quali il datore di lavoro, nell’ambito della valutazione dei rischi complessivi, deve attenersi. Linee guida alle quali gli stessi Organi di Vigilanza devono far riferimento per emanare disposizioni.
In tutta Italia e, ancora di più, in altri paesi i lavora-tori e le lavoratrici sono esposti, tra i tanti, a un ulteriore rischio potenzialmente mortale: le alte temperature. Solo apparentemente si tratta di un rischio “naturale”, in realtà è un rischio strettamente connesso all’organizzazione del lavoro.
L’Onu ha affermato che 2,4 miliardi di persone nel mondo (il 70% della forza lavoro planetaria, al 90% concentrare in Africa e nei paesi arabi) lavora in condizioni di “caldo estremo” e che le elevate temperature esasperano le disuguaglianze sociali, come è avvenuto per il Covid.
Si ripropone la storica denuncia di Franco Basaglia sul “morire di classe” e quindi dobbiamo considerare il caldo eccessivo come uno dei tanti rischi professionali che incombono sui lavoratori e sulle lavoratrici, in particolare su chi è assegnato a mansioni pesanti.
UN RISCHIO CHE COME TUTTI GLI ALTRI DEVE ESSERE APPROFONDITAMENTE INCLUSO E VALUTATO NEL DVR AZIENDALE E DISCUSSO CON I LAVORATORI DEL GRUPPO OPERAIO OMOGENEO!
Ambiente di lavoro, burnout, stress lavorativo, in-sicurezze sul lavoro
Quando svegliarsi la mattina, diventa difficile è come una spia che si accende. È solo uno dei tanti sintomi che accompagnano lo strutturarsi nel tempo di una vera e propria patologia che logora il fisico e la psiche.
Il burnout e le altre forme di stress sommandosi logorano e bruciano autostima, capacità lavorativa, socialità. Col tempo lo stress diventa compagno di viaggio dapprima fastidioso e poi oppressivo.
Le aspettative e il riconoscimento sociale tradito, la corsa e la lotta per chimerici premi alla professionalità alimentano una sorta di competizione tra i lavoratori che logora lo spirito di gruppo che invece dovrebbe essere esaltato per gestire criticità e cari-chi di lavoro crescenti.
In un contesto così disegnato, l’idea stessa di professionalità è mortificata da un’insensata programmazione del lavoro che si vuole standardizzato sino a prevedere la temporizzazione degli atti assistenziali.
Quando l’oggetto del lavoro implica relazioni di sensibilità umana, non solo i risultati sono inefficaci ma sono bruciate capacità e qualità umane. L’accumulo dei fattori di stress tra i lavoratori della Sanità, ma in generale tra tutte le figure del Pubblico Impiego (scuola, servizi all’utenza ecc.) e alla base del fenomeno degli abbandoni, depressioni, crisi esistenziali.
Il ricorso crescente a sostanze per mantenersi artificialmente performanti non solo non riduce la penosità del lavoro ma crea reazioni contrastanti: da una parte c’è chi si annulla nel lavoro e si ostina a misurarsi su obiettivi irrealistici sino a recarsi febbricitanti al lavoro (presentismo altro che assenteismo!) e chi sviluppa stati di distacco emotivo e senso di spaesamento. Su tutto incombe la valutazione della performance che decide, non solo, la quota del trattamento economico ma (con le cosiddette pagelline, caratteristiche del pubblico impiego) si esercita una sorta di giudizio che arriva a minare autostima e crea distanza, conflitto e invidie tra i lavoratori.
Questa rincorsa a gestire con meno risorse carichi di lavoro crescenti non tiene conto dell’età avanzata di molti operatori ma anche i più giovani che avrebbero i numeri per ben vincere la corsa della performance scoprono all’arrivo che i premi sono effimeri. Le donne sono più esposte a questa furia produttiva che scarica sulle loro spalle i tagli e il ridimensionamento dello stato sociale.
Dovremmo invece essere in grado di partire con l’analisi di questa realtà e fare dell’inchiesta operaia uno strumento per mettere in discussione l’organizzazione del lavoro.
Se abbandonata a sé stessa, la questione ricade sempre e solo nella sfera individuale dei problemi, con una artificiosa sensazione di “inadeguatezza soggettiva” rispetto alle richieste percepite come legittime. Ma se il lavoro ci fa sentire collettivamente inadeguate ed inadeguati, allora non sono io una persona soggettivamente sbagliata ma è l’organizzazione del lavoro che è disumana!
Dobbiamo partire da questa premessa per fare della salute un’arma sindacale per ribaltare lo stato di cose presente!
1RLS – è una sigla che significa Responsabile dei Lavoratori per la sicurezza. Il RLS è definito dal D. Lgs. 81/08 come la persona eletta o designata per rappresentare i lavoratori per quanto concerne gli aspetti della salute e della sicurezza durante il lavoro. Dovrebbe esistere in tutti i luoghi di lavoro e dovrebbe essere conosciuto da tutte le persone impiegate presso quella determinata azienda.
2DVR – Documento di Valutazione dei Ri-schi; si tratta di una valutazione obbligatoria che ogni padrone deve fare per ottemperare alla legge 81/08 per la prevenzione degli infortuni sul lavoro.
3DUVRI – Il DUVRI, acronimo di Documento Unico di Valutazione dei Rischi da Interferenza, è un documento obbligatorio previsto dal D.Lgs. 81/08, redatto dal committente. Serve a in-dividuare e valutare i rischi che nascono quando più imprese o lavoratori autonomi operano nello stesso luogo, e a specificare le misure necessarie per eliminarli o ridurli al minimo. Il DUVRI deve es-sere allegato al contratto d’appalto (ma spesso non lo è).
4 – Il medico competente è un professionista sanitario specializzato in medicina del lavoro, nominato dal datore di lavoro per tutelare la salute dei lavoratori. Le sue funzioni principali sono la sorveglianza sanitaria, la valutazione dei rischi professionali e la prevenzione di malattie e infortuni sul lavoro, in conformità con il D. Lgs. 81/08.
(**) Estratto della relazione della «Rete Nazionale Lavoro Sicuro» al sesto incontro della «Rete Sindacale Internazionale di Solidarietà e Lotta» a Chianciano il 13-14-15-16 novembre. Ripreso da S.I.Cobas
