Homo Vance sapiens

Ovvero l’anello di congiunzione tra fantascienza e fantasy
Se un letterato-archeologo del futuro “scaverà” nella seconda metà del 1900 cercando l’anello di congiunzione tra fantascienza (nel suo periodo d’oro) ed heroic fantasy (in una fase di grandi trasformazioni) probabilmente è con Jack Vance che dovrà fare i conti: 60 romanzi di successo e moltissimi racconti sono “reperti” sufficienti per attribuirgli un ruolo di rilievo.
Vance è morto a 96 anni, venerato da vecchi e giovani appassionati, studiato e imitato soprattutto da chi scrive fantasy (da poco Urania ha pubblicato due antologie dove scrittori e scrittrici riprendono i suoi temi, un onore riservato a pochi). In Italia la notizia è rimbalzata in gran ritardo. Il suo vero nome era John Holbrook Vance ma lui si era sdoppiato: come Vance firmava libri del genere fantastico e come Holbrook i polizieschi.
Prima di diventare uno scrittore aveva viaggiato per mare, così non stupisce che uno dei suoi romanzi più famosi sia «Pianeta d’acqua» e in un altro – «Il mondo degli showboat» – vi siano navi inverosimilmente grandi che danno spettacolo alle genti feroci e bizzarre che vivono sulle rive del fiume. In trame avventurose, ma dove l’ironia era sempre presente, Vance era capace di creare storie complesse: centrandole sull’aspetto linguistico di un problema sociale («I linguaggi di Pao»), immaginando un pianeta dove la casa nasce da un seme («Le case di Iszm») o portandoci in un’avvincente tournée musicale fra i pianeti («L’opera dello spazio»).
Ma è soprattutto all’incrocio tra science fiction e fantasy che Vance eccelle: il «Ciclo della Terra morente» (scritto fra gli anni ’50 e ’80), la Trilogia di Durdane e quella di Lyonesse, il ciclo dei «principi demoni» e quello di Tschai.
Fantasia alle massime vette, ritmo, grande capacità di sintesi, anti-eroi molto umani e credibili, le differenze e le alienità raccontate in dettaglio, critica di ogni dogmatismo: lo stile di Vance era inconfondibile. Politicamente un miscuglio di progressismo e di conservatorismo (decisamente misogino e omofobo a esempio). La migliore fantasy di oggi gli è debitrice di quasi tutto – temi e stile – ma anche la fantascienza ha perso uno dei suoi “principi demoni”.

Sin qui quello che ho scritto sul quotidiano «L’unione sarda» il 2 giugno (*) ma mi fa piacere incollare una delle recensioni che come Erremme Dibbì (la sigla che Riccardo Mancini e io usammo per anni) scrivemmo sul quotidiano «il manifesto» il 10 gennaio 1985. Ricordo a chi è più giovane o a chi ha perso la memoria che il Nicolazzi citato era un ministro dell’epoca del Psdi, un partito che da un certo pubtoi in poi sembrava una scuola per gangster, insomma un tipaccio… ma quasi un brav’uomo rispetto a molti dei suoi successori; i Caltagirone invece li conoscete di fama, son sempre là, fra case e guai con la giustizia.

«I Classici Urania aprono bene il 1985. Il libro di Jack Vance “Le case di Issm (1964) era difficile da reperire ormai. L’idea-base è splendida, come spesso in questo autore: tutti vanno sul pianeta Iszm per rubare una “casa femmina” o meglio il suo seme (“non più grande di un granello d’orzo”): specialmente i terrestri ne hanno bisogno visto che c’è un miliardo di persone senza case (più o meno come oggi?). Ma – pere vari motivi – gli iszmiani trattano solo poche case (di lusso) con un affarista a metà fra un Nicolazzi e un Caltagirone incattivito. Dopo uno sfolgorante inizio in cui il botanico-ladro Farr non cessa di stupirsi, il ritmo inventivo rallenta e prevale un classico schema avventuroso (come piace a Vance) ma questo non è di per sé un male. Per curiosità: Vance ha quasi la stessa età di Asimov ma è l’unica somiglianza fra i due: tanto il secondo è esibizionista quanto Vance è riservato».
Sempre come Erremme Dibbì e sempre su «il manifesto» scrivevamo in occasione della ristampa (Classici Urania, luglio 1983) di «L’opera dello spazio», uno dei più memorabili libri di fanta-sound: «Possiamo, se volete, speculare sul possibile parallelismo della simbologia musicale fra i vari pianeti della galassia. E fra droghe e carceri sapremo l’effetto che fa la Turandot qualche anno luce più in là». Se siete melomani e lo vedete in giro… sapete cosa fare. Ehi, ho detto melomani non cleptomani: giù le zampe dalla mia vecchia copia.

(*) Vi ricordo che in blog Fabrizio Melodia – il 4 giugno – aveva già disegnato un ritratto di Vance. (db)

Redazione
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4 commenti

  • Bell’articolo.
    Ci lascia un grande.

  • Ottimo articolo! Solo una nota su “in Italia la notizia è rimbalzata in gran ritardo”, cosa che nell’era di internet non è di per sé plausibile. Vance è morto il 26 maggio ma la notizia, come spesso avviene, è stata resa pubblica solo il 29. E il 29 maggio lo si è saputo in Italia come in USA, e poche ore dopo è uscita la news su Fantascienza.com.

  • si bellissimo articolo DB…
    meglio essere in tanti a ricordare questo grande scrittore. Secondo me non è un anello di congiunzione ma una pietra miliare con cui tutti gli autori hanno dovuto confrontarsi per trovare altre strade, nuovi sentieri poco battuti.

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