I sintomi del reale dal fantastico alla fantascienza

di Sara Corsi (*)

3.2 La fantastica scienza e la ricerca dell’umano

Abbiamo precedentemente affrontato l’affinità fra pensiero fantastico e pensiero scientifico, scoprendo del terreno comune nella capacità in entrambi di approcciarsi ad unidea con disciplina e apertura al nuovo, per svelare importanti aspetti tanto del mondo reale quanto di uno di finzione. Ora che ci troviamo di nuovo al bivio fra fantasia e scienza, è d’obbligo riprendere il discorso per poterlo arricchire ancora.

Oltre ai plurimi esempi di scrittori che avevano un’effettiva formazione in aree di scienza o ricerca, come Chamisso che fu botanico, Nodier entomologo o Primo Levi chimico, parlando anche solo di quelli che si sono ispirati per input creativo a questi ambiti (Mary Shelley con Erasmus Darwin), il fatto che la loro fantasia abbia trovato o trovi la propria Musa in un ambiente così lontano, non è un caso isolato. Ed è a questo proposito che è interessante proporre una riflessione della già citata Giorgia Grilli, la quale ritrova nel famoso periodo Ottocentesco un momento in cui la scienza ha segnato la letteratura anche se di un’altra branca, cioè quella dell’infanzia, che condivide con la fantascienza (o con il fantastico) l’esser stata messa in angolo, rispetto alla letteratura alta. La Grilli infatti nota una corrispondenza storica fra il momento in cui Darwin rese pubbliche le proprie teorie evoluzionistiche con L’origine delle specie (1859) e l’inizio della produzione di grandi classici della letteratura per l’infanzia. Prima di inoltrarci in questo discorso però, dobbiamo ricordare, come molti autori considerati per linfanzia dicono, che la questione dei libri scritti solo per i bambini è un po’ relativa e fine a sé stessa. Le storie come quelle di Pinocchio, Alice e Peter Pan sono intramontabili e classici proprio perché, come sostiene Grilli stessa, riescono a dire a distanza di tempo e a differenti età qualcosa di urgente sullumano. Il punto è proprio quello: che cos’è l’umano?

La professoressa porta avanti tale riflessione per sottolineare quanto l’ambito della scrittura per l’infanzia sia stato capace di cogliere delle intuizioni che in altre aree della letteratura, considerata di un certo spessore, non sono state notate allo stesso modo. Questo a causa di una rigidità insita all’ambiente stesso. Ovvero Grilli rileva come i difetti della cultura umanistica, che comprendono «una esasperata autoreferenzialità, un irriducibile antropocentrismo, un focus epistemologico troppo ristretto»i vengano superati nella letteratura infantile, perché al suo interno ci si riesce a chiedere cosa sia l’umano oltre esso. Infatti questo concetto di visione falsata dell’infanzia, aderente all’immagine dell’imbuto di Norimberga di cui parla anche Laforest, è persistita per molto tempo a partire dal periodo illuminista fino a noi, e nonostante non ci si voglia addentrare in questo discorso, che seppur interessante ci porterebbe fuori strada, basti sapere che l’infanzia è sempre stata vittima di proiezioni terze. Le quali vi riversano dei significati altri che non le appartengono (anche la nostalgia Romantica che la pone come età pura a cui anelare, ha impresso il suo bel bagaglio) o vi detraggono qualunque tipologia di senso e valore, considerandola una fase vuota, anarchica, solo da costringere, riempire e limitare.ii La letteratura per l’infanzia raggiunse invece in quegli anni una visione più libera per un’area della vita dell’uomo che in varie epoche è stata sofferta e sofferente.

Il primo a dare il la per questo differente sguardo fu per l’appunto Darwin che ritorna nel nostro discorso non solo per il suo testo più famoso, in quanto «le teorie di Darwin hanno ispirato alcuni racconti fantastici che, spingendo la nozione della selezione naturale fino alle sue estreme conseguenze, hanno illustrato la corrispondenza dellontogenesi e della filogenesi, le origini degli organismi e lo sviluppo delle specie»,iii ma anche per: A biographical sketch of an infant, del 1877. Che si rivelò «fondativo per tutti gli studi scientifici, medici, psicologici che esploderanno da lì in poi sull’infanzia.»iv Il testo descrive puntualmente, in forma di diario ma con linguaggio analitico, il comportamento del figlio di Darwin stesso, William, nella sua espressività emotiva e fisica, fin dal suo primo giorno di vita per arrivare a circa due-tre anni del bambino. Il fattore di interesse è che lo scienziato abbia studiato il figlio proprio come avrebbe fatto con altri esseri viventi e animali, osservandolo in maniera straniata, come fosse l’esemplare di una specie sconosciuta. Con questo intento, per mezzo di uno sguardo molto sensibile al perturbante (la caratteristica di perturbare è propria dei racconti per l’infanzia dell’Ottocento, come del genere fantastico e, come vedremo, in qualche maniera anche della fantascienza), alcuni autori presero quindi coscienza della necessità di esplorare tale area misteriosa del bambino e ottennero così dei racconti privi di proiezioni limitative da parte di chi quell’area della vita non la vive più. Il fattore comune che scatenò la fantasia degli autori per l’infanzia nell’Ottocento, a partire dallo sguardo di Darwin, è stata dunque l’idea di non considerare l’uomo solo come una forma stabile, sempre esistito per avere valore in un’unica fase (adulta), ma di prenderne in esame una diversa (l’infanzia), guardando ai bambini come esseri portatori di una loro specifica alterità, come la rana differisce dal girino.

L’intuizione di osservare con occhi nuovi ciò che si ha di fronte è un insegnamento della scienza che nell’area sopracitata, come nella fantascienza, ha portato a indagare ipotesi e possibilità che altrimenti non sarebbero state vagliate. «L’umano si salverà solo se saprà trovare forme nuove di relazione e di equilibrio con il non umano»v scrive Grilli, riferendosi alla fase bambina da cui bisogna imparare e osservare l’elasticità, la metamorfosi e la capacità di inserirsi nella Natura come area a sé congeniale. Il fatto che l’uomo non debba vedersi in una sola forma statica, matura e isolata, è un pensiero che venne ripreso ampiamente anche nel Novecento, ad esempio in un saggio che scrisse Italo Svevo, ispirato per l’appunto alla teoria darwiniana, che però la ribalta. Ovvero egli affermò che l’uomo che si può salvare è unicamente l’uomo abbozzo, colui che non mostra una spiccata evoluzione e progresso verso nessuna forma specifica, ma che rimane sempre mutevole, indefinito, lascia le vie aperte. Fondendo psicanalisi e darwinismo, Svevo vedeva come unica possibilità di salvezza l’uomo abbozzo perché nel suo miscuglio di luce e buio aveva in sé le possibilità di evolversi e adattarsi, a differenza dei solidi borghesi del suo tempo, cristallizzati in fase immobile.vi

Tornando dopo questo tortuoso giro all’ambiente della fantascienza in senso stretto, notiamo che anche qui esiste una riflessione importante sul corpo che influisce sulla forma che l’uomo può avere. Banalmente anche partendo da Mary Shelley: ciò che crea il suo dottore è definito mostro ma pensa e agisce come un uomo, è fatto di carne ed ossa, basta la mente o il corpo così come li conosciamo per definirsi umani? Dagli automi di Nievo alla moderna idea di robot la suddetta questione si infittisce e si complica. Nel cyberpunk ad esempio il corpo non viene visto come rigido e finito così com’è, ma anzi modificabilissimo, dalla fusione dell’umano con la macchina si arriva dritti al cyborg, per il desiderio di creare una ibridazione delle potenzialità dell’organico assieme al tecnologico come nuova forma umana. Riflessione che nel mondo odierno ha ancora più valore, contando che il limite fra tecnologia e umano si assottiglia sempre più. A riprova di ciò sono anche artisti che hanno sperimentato o sperimentano in maniera concreta col proprio corpo in questa prospettiva, creando delle studiate aberrazioni. Per citarne uno: Stelarc, che con Ear on arm nel 2007 si era fatto impiantare un terzo orecchio nel braccio sinistro, con l’intento di provare sulla propria pelle questo processo sempre più sinestetico verso cui si muove l’uomo, per suggerire una struttura anatomica alternativa, accessibile anche ad altri corpi tramite la tecnologia (l’idea era di far trasmettere ad altri devices ciò che l’orecchio in più di Stelarc poteva recepire tramite un microfono).vii

Che cosa sia l’uomo e il corpo umano anche rispetto anche all’odierna discussione sul tema del genere sessuale, se lo chiese e ne approfondì le dinamiche Ursula Le Guin nel già citato The Left Hand of Darkness. Le Guin non fu la prima fra l’altro a esplorare una dimensione umana e sessuale differente, ma seguì una sorta di tradizione rilevabile nell’ambiente fantascientifico. Prima di lei (il libro uscì nel 1969) ci furono nel 1905 Sultana’s Dream di Rokeya S. Hossain, nel 1915 Herland di Charlotte P.Gilman e nel 1960, con Theodore Sturgeon, Venus Plus X.viii In ogni caso, in questo romanzo l’autrice immaginò la visita interstellare di un uomo, Genly Ai, dalle caratteristiche terrestri a noi comuni, in un pianeta i cui abitanti non sono dotati di un vero e proprio genere sessuale.

Mettendo un attimo da parte i motivi per cui il protagonista segue questa missione, è interessante come Le Guin affronti la popolazione di questo popolo dell’Inverno (chiamato così per la stagione perenne), che vive in una situazione di tecnologia meno avanzata del popolo di Genly e con una struttura politica simil feudale. I Getheniani però hanno una particolarità: divengono dotati di genere sessuale solo nella fase mensile del kemmer, che dura due giorni circa.ix Questo è il momento in cui sono atti a riprodursi o comunque ad avere rapporti sessuali, il fatto che i loro genitali divengano femminili o maschili è un fattore ogni volta variabile, indipendente dal loro volere e dalla forma che hanno per il resto del mese, cioè asessuata e asessuale. Queste nozioni che dà Le Guin sui Getheniani non sono limitate ad un semplice what if, l’autrice si è interessata di vagliare le varie implicazioni di queste caratteristiche a livello individuale e societario. Ovviamente non è un libro che voglia profetizzare nulla, né perfetto, né si vuole porre come specifica critica a qualcosa, se non offrire la possibilità di riflettere su quanto generi fissi e conseguenti ruoli o proiezioni ci influenzino a livello profondo e soggettivo, nonché nella costruzione della società. Sebbene in maniera essenziale,” Le Guin cambia la prospettiva: «The biggest lie that society tells us about gender is that the identities we’re assigned at birth are natural, and that anyone who flouts the boy-girl industrial complex is a pervert. Which is the same thing that the gentians believe about their mostly gender-free existence – emend down to calling people who have a fixed gender identity ‘perverts’.»x L’autrice affronta la diffusa incapacità di pensare oltre le categorie prefissate di uomo e donna, tramite il protagonista, che seppure con uscite piuttosto maschiliste e sessiste (è evidente che non siano aderenti al pensiero dell’autrice) si pone per quanto gli è possibile in una posizione di apertura e s’impegna nella comprensione di un popolo che deve scoprire dalle fondamenta (si avvicinerà ad una mentalità e un modo di esistere che prima gli erano sconosciuti, grazie anche al profondo legame che svilupperà con un Getheniano). Fra i lati più positivi che egli rileva di questo mondo vi è il fatto che fra i Getheniani c’è una grande apertura e accettazione della necessità di dare spazio adeguato alla fase kemmer, senza giudizi o indignazione, inoltre il sesso, sia inteso come legato al genere di una persona che come atto in sé, non è un elemento che influenza le posizioni e i rapporti di potere come succede nel nostro reale mondo. Non ci sono divisioni biologiche, non vi è sesso forte o sesso debole o le conseguenti caratteristiche collegategli, non c’è un rapporto di protetto-protettore, dominante-sottomesso, attivo-passivo, perché questi dualismi sono semplicemente intercambiabili e imprevedibili. Non c’è l’idea dello stupro, la paura o la frustrazione sessuale quasi non sussistono e non ci sono tutte le dinamiche relazionali disfunzionali più o meno comuni fra genitore-figlio, messi quindi da parte pure i vari complessi Edipici o di Elettra, i genitori non hanno inoltre prospettive legate al genere del nuovo nato né un approccio possessivo. Genly dice esplicitamente che la maniera dei Getheniani di rapportarsi ai bambini lo colpisce perché è rispettosa, protettiva, tenera. Dopotutto, come dice Charlie Jane Anders nella postfazione a fine libro, riprendendo anche le parole di Genly: «Thruth is a matter of the imagination – Gender, sex, romance, desire, power, nationalism, oppression they’re all just stories we tell ourselves. And we can tell different stories if we choose.»xi Questa spinta ad un ampliamento di visione su come raccontiamo l’umano e noi stessi, su come ci viviamo adesso ma potremmo farlo in maniera diversa, è qualcosa a cui Le Guin ha dato un ottimo contributo con questo libro.

Possiamo quindi concludere, ritornando da dove siamo partiti, che esiste un filo rosso di ricerca e riflessione sull’uomo senza parametri limitanti che possiamo far partire dalla prospettiva bambina «con cui nellinfanzia guardiamo il mondo per tentare di comprenderlo», per poi passare dalla visione adottata nella scienza da uomini come Darwin o anche Galileo, che «guardando con occhi meravigliati la lampada che oscillava, poté vedere qualcosa di reale, ma che sfuggiva allo sguardo di tutti gli altri uomini» e arrivare fino alla nostra fantascienza che, tra estraniamento e cognizione, «gettando il suo sguardo innovativo e rivoluzionario sul mondo, riesce a trarne una nuova visione.»xii

     https://issuu.com/cursaria/docs/folle_fantasia

NOTE

i Cantatore, Lorenzo; Galli Laforest, Nicola; Grilli, Giorgia; Negri, Martino; Piccinini, Giordana; Tontardini, Ilaria; Varrà, Emilio, In cerca di guai – Studiare la letteratura per linfanzia, Parma, Edizioni Junior, 2020, p.67

ii Lorenzo Cantatore, Nicola Galli Laforest, Giorgia Grilli, Martino Negri, Giordana Piccinini, Ilaria Tontardini, Emilio Varrà, In cerca di guaicit., Parma, Edizioni Junior, 2020, pp.69-78

iii Segnini, Elisa; Frigerio, Vittorio, Dossier Fantastic Narratives, La narrazione fantastica e il mondo naturale Introduzione: https://journals.openedition.org/belphegor/442?lang=en

iv Cantatore, Lorenzo; Galli Laforest, Nicola; Grilli, Giorgia; Negri, Martino; Piccinini, Giordana; Tontardini, Ilaria; Varrà, Emilio, In cerca di guai – Studiare la letteratura per linfanzia, Parma, Edizioni Junior, 2020, pp.36

v Cantatore, Lorenzo; Galli Laforest, Nicola; Grilli, Giorgia; Negri, Martino; Piccinini, Giordana; Tontardini, Ilaria; Varrà, Emilio, In cerca di guai – Studiare la letteratura per linfanzia, Parma, Edizioni Junior, 2020, p.67

vi Svevo, Italo, Saggi e pagine sparse, Verona, Mondadori, 1954, pp.107-110

vii Sito ufficiale di Stelarc, Ear on arm: http://stelarc.org/?catID=20242

viii Le Guin, Ursula Kroeberg, The Left hand cit., UK, Penguin random House, 2019, p.334

ix Le Guin, Ursula Kroeberg, The Left hand of darkness, UK, Penguin random House, 2019, p.96: The sexual cycle averages 26 to 28 days (they tend to speak of it as 26 days, approximating it to the lunar cycle). For 21 or 22 days the individual is somer, sexually inactive, latent. On about the 18th day hormonal changes are initiated by the pituitary control and on the 22nd or 23rd day the individual enters kemmer, esters. In this first phase of emmer (Karh, secher) he remains completely androgynus. Gender, and potency, are not attained in isolation. A gethenian in first-phase emmer, if kept alone or with others not in kemmer, remains incapable of coitus.

x Le Guin, Ursula Kroeberg, The Left hand of darkness, UK, Penguin random House, 2019, p.333

xi Le Guin, Ursula Kroeberg, The Left hand of darkness, UK, Penguin random House, 2019, p.341

xii Carotenuto, Aldo, Lultima medusa: Psicologia della fantascienza, Edizione Kindle, Bompiani, 2012, p.131

(*) questa estate Sara Corsi si è laureata all’Accademia di Belle Arti di Bologna (al corso di illustrazione per l’editoria; professoressa Maja Celija) con la tesi «Folle fantasia: i sintomi del reale dal fantastico alla fantascienza». Ne abbiamo scritto qui: «A costo di essere chiamati folli» offrendo anche la breve introduzione. Oggi vi offriamo un assaggio, scelto dall’autrice. L’immagine d’apertura – di Jacek Yerka, molto amato da chi frequenta i “Marte-dì” del fantastico – è stata scelta dalla “bottega”.

Redazione
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