Il Quattordicesimo Villaggio

Il Quattordicesimo Villaggio

di Red Bird

traduzione e adattamento di Maria G. Di Rienzo. (“Red Bird” è lo pseudonimo di una giornalista femminista cinese, che non desidera far apparire il suo vero nome)

Il 23 febbraio scorso tre studenti delle scuole elementari sono stati rapiti in un luogo chiamato “Quattordicesimo Villaggio” nella città di Zhongshan. Quattro giorni prima, una bimba di due anni di nome Dandan era stata investita da un camion dell’immondizia nello stesso villaggio. Due mesi prima, tre uomini sono stati arrestati in questo villaggio perché vendevano carne di maiale gonfiata con il “borax” e avvelenavano la gente. Che diamine di posto è questo villaggio? Perché ci sono così tanti crimini? Chi ci vive? E cosa si può fare per cambiare la situazione?

Nel pomeriggio del 19 febbraio 2012, la madre di Dandan, vedendo quest’ultima e la sua sorellina di cinque anni dormire profondamente, fece un salto in lavanderia. Dandan e la sorella nel frattempo si svegliarono e andarono a giocare in strada. Venti minuti più tardi, la maggiore tornò indietro urlando terrorizzata che un’automobile aveva ucciso Dandan. Il camion dell’immondizia, che proveniva da un cantiere nelle vicinanze, ha investito la bimba alle spalle: una delle ruote posteriori ha schiacciato completamente il corpo di Dandan. Il mezzo non si è fermato e il giorno dopo la polizia stradale ha arrestato un sospetto a Zhuhai, una città limitrofa.

Solo tre giorni prima, tre scolaretti (fra cui una femmina) sono stati prelevati all’uscita di scuola da un adulto che li ha portati a mangiare, a giocare sulla spiaggia e in una sala giochi, e poi a dormire in un albergo. «L’uomo era un po’ strambo» ha detto uno dei maschietti dopo che i tre sono stati soccorsi: «Continuava a baciare e ribaciare la bambina». I bimbi mancavano da 30 ore quando la polizia li ha trovati assieme al rapitore in una stazione degli autobus. I tre scolaretti e la piccola Dandan sono tutti originari di Hunan: i loro genitori sono lavoratori migranti.

Secondo Yang Zhiming, vice ministro cinese per le Risorse umane e la sicurezza sociale, il numero totale dei lavoratori migranti in Cina ammontava a 240 milioni nel 2010. A Zhongshan, su una popolazione di tre milioni e 120.000 persone, un milione e 650mila sono migranti. La maggior parte di questi lavoratori vive in ghetti come il Quattordicesimo Villaggio.

Tang è il padre di uno dei bambini rapiti. Dice che vive con la famiglia al Quattordicesimo Villaggio ma lavora a Zhuhai. Centinaia di migliaia di migranti fanno la spola, come lui, fra Zhongshan e Zhuhai perché gli affitti nel ghetto sono ovviamente più bassi. Era ancora sotto shock, mentre parlava con me; dopo quell’esperienza, non ha più osato lasciare che i suoi figli tornassero a casa da scuola per conto loro: «Paghiamo la scuola 200 yuan al mese (circa 27 euro) perché li tengano là sino a che mia moglie non va a prenderli quando esce dal lavoro».

Non ci sono servizi o centri ricreativi in posti come il Quattordicesimo Villaggio. Ci sono però sale piene di slot machines dove molti lavoratori e molti loro figli gettano il denaro che hanno guadagnato duramente in un pozzo senza fondo. La sera del 2 marzo, ho visto in una sala del genere uno studente con l’uniforme di una scuola di Zhuhai. Le leggi non permettono ai minori di giocare d’azzardo ma qui la cosa non interessa a nessuno, tranne che a sua madre: è arrivata e lo ha portato fuori. «Ci sono un sacco di minorenni che vengono qui» mi ha detto arrabbiata: «Noi non abbiamo dato loro il permesso di venire, e li sgridiamo, ma non serve a niente».

Cresciuti in questo ambiente, molti migranti non torneranno mai al luogo d’origine. Ye, che si guadagna da vivere portando persone su un triciclo (il principale mezzo di trasporto nel Quattordicesimo Villaggio) è arrivato qui 16 anni fa. «Anche mia figlia e mio figlio vivono qui, ma non con me e mia moglie. La loro stanza è migliore, ha il bagno». L’affitto che Ye paga, per una stanza che a stento riesce a contenere il letto, è di 200 yuan al mese. Dice che per lui e sua moglie la zona in cui sono nati è ormai troppo lontana, e che non riuscirebbero ad adattarsi alla città.

Questi lavoratori migranti sono cittadini di seconda classe. Nel Quattordicesimo Villaggio ci sono 2.000 residenti locali e 70.000 migranti. I primi sono i governanti, i secondi sono i governati. I primi sono i proprietari delle case, i secondi sono gli affittuari. I primi sono i datori di lavoro, i secondi sono i lavoratori. Ma la principale differenza fra i due gruppi è che i residenti locali hanno un “hukou” che i migranti non hanno. “Hukou” è una specie di libretto (una sorta di “carta di residenza”) che certifica la tua appartenenza alla città e ti dà il diritto di godere di numerosi servizi pubblici, compresa l’istruzione per i tuoi figli. Nel Quattordicesimo Villaggio c’è una scuola elementare pubblica ma, anche se sarebbe assai più conveniente, Tang non può mandarci i suoi bambini: «Non abbiamo l’hukou». In questa scuola pubblica ci sono infatti solo i figli dei proprietari e dei padroni. Tang e migliaia come lui non possono fare altro che mandare i bambini in scuole private, che sono più distanti, forniscono un’istruzione di qualità peggiore e costano molto. Ci vogliono 6.000 yuan (810 euro) per sei mesi di retta scolastica, e un lavoratore qui ne guadagna di media 2.000 (270 euro) al mese.

«Le condizioni di vita sono così povere che moltissimi bambini delle famiglie migranti hanno problemi di salute o psicologici. Si sottraggono al contatto, sono pieni di rabbia» mi dice Wei, ufficiale governativo che si occupa della popolazione senza hukou. «I migranti sono disordinati» dice invece un ufficiale di polizia di stanza al Quattordicesimo Villaggio: «Sanno poco delle misure di sicurezza sul lavoro e di come prendersi cura della propria salute. Non sono facili da maneggiare, commettono molti crimini». Ai residenti legali i migranti non piacciono, ma non tornerebbero mai a un passato in cui essi non c’erano. «E’ facilissimo fare soldi, adesso» nota Chen, che è proprietario di un edificio con venti stanze. Ogni mese, senza fatica, raccoglie 4.000 yuan dagli affittuari.

La professoressa Sun Liping, del dipartimento di Sociologia dell’Università di Tsinghua dice che la Cina è diventata «una società fratturata». La struttura duale urbana-rurale è attualmente una delle zone più «socialmente fratturata»: i lavoratori migranti non sono inclusi nel processo di urbanizzazione, non possono godere dei servizi di welfare, soffrono discriminazioni e stigmatizzazioni. Questo trattamento finirà per avere un impatto negativo anche sui residenti legali. Tang e Ye possono sopportare le durezze ed essere obbedienti, ma la seconda generazione di migranti, quelli nati negli anni ’90 e dopo, sono più vulnerabili e più individualisti. Messi di fronte all’ingiustizia, reagiscono. Secondo i rapporti d’indagine del Primo tribunale del popolo di Zhongshan, negli anni fra il 2006 ed il 2010, metà dei crimini commessi nella zona hanno avuto come perpetratori giovani fra i 18 ed i 25 anni: la gioventù migrante ammonta all’80% di questa fascia d’età.

Eppure, i lavoratori migranti non sono i nemici delle città moderne, sono la loro forza. Le città dovrebbero rispettarli di più. E c’è chi riesce a farlo. Nel 1992, una donna di nome Gan Yao tornò a vivere nella sua città natale, Zhongshan, specificatamente nella zona chiamata Sanxiang. Gan Yao era, ed è, la leader del Sindacato delle donne. Quell’anno, per la Festa della mamma, la città organizzò un intrattenimento serale. Molte lavoratrici migranti avrebbero voluto parteciparvi, ma solo chi aveva un hukou era ammessa alla festa. Gan Yao ricorda di essersi sentita molto male: «Chi si cura di loro?» si chiedeva: «Chi le sostiene?». Due anni dopo, aveva pensato a una scuola informale per loro, la prima in tutta la Cina. La scuola funziona a tutt’oggi: insegna nozioni di politica, legislazione, salute, istruzione generale, ha un “telefono amico” e una “e-mail amica” che le lavoratrici usano per comunicare fra di loro. Nell’ottobre 2002 Gan Yao ha dato vita a un quotidiano chiamato «Le lavoratrici di Sanxiang» che riporta le loro attività. Un mese dopo, aveva convinto le federazioni femminili locali a fare opera di prevenzione per l’Aids fra le lavoratrici migranti.

Seguo una delle lezioni di salute sessuale della scuola di Gan Yao, assieme alle lavoratrici e ai lavoratori di una fabbrica di materiale elettrico a Sanxiang. Sono circa 80, in maggioranza donne e con il diploma di scuola media. Quando si arriva alle malattie a trasmissione sessuale, molte ragazze ridono di nascosto. Il clima è disteso, sereno. Jian Peng, la loro insegnante, ride con me: «Così funziona la scuola informale di Sanxiang. Io sono arrivata qui 13 anni fa come lavoratrice migrante, e i residenti non erano molto amichevoli. Ero confusa rispetto al mio futuro. Poi una collega mi disse della scuola. E’ cambiato tutto. Ho avuto di nuovo fiducia in me stessa. E da studente sono diventata insegnante».

Xifeng Zhu è un’ex allieva di Jian Peng, una lavoratrice migrante arrivata a Zhongshan da Guilin nel 2000: «Ero da sola, non ero sposata, e non riuscivo a capire come andavano le cose. Mi sentivo abbandonata e disturbata. Alla scuola informale cominciai a stare meglio, imparavo cose importanti sulla salute, come istruire i bambini, come interagire con le leggi. Adesso, quando i lavoratori e le lavoratrici hanno dispute familiari o legali vengono da me per avere consigli». Xifeng, che oggi ha un figlio, ha risparmiato sino a riuscire a comprarsi una piccola casa a Zhongshan, ha ottenuto un hukou e manda il bambino alla scuola pubblica. La scuola informale di Sanxiang ha aiutato le donne a capire se stesse e a capire Zhongshan, ha di fatto integrato residenti e migranti; oltre a continuare a fornire lezioni itineranti sui luoghi di lavoro, oggi la scuola ha 25 “campus” fissi. L’anno scorso ha vinto un premio nazionale per l’innovazione.

Quando i lavoratori migranti hanno conoscenza dello spazio in cui si trovano e sono accettati dalle città, quando possono muoversi come costruttori della società e non venire costretti nel ruolo di fardelli della stessa, le cose migliorano per tutti. Sanxiang può diventare un modello e ispirare luoghi come il Quattordicesimo Villaggio? «Le donne possono farlo» dice Peng: «Le donne sono più interessate degli uomini a essere istruite sulle loro vite personali. Quando una donna è istruita, il beneficio si estende per generazioni. E questa è la più grande delle gioie».

Sanxiang è un primo passo di successo, ma devono seguire politiche generali congruenti. Se rispettiamo i lavoratori migranti e li aiutiamo a realizzare la loro speranza di un’esistenza migliore, «la società fratturata» può, lentamente, guarire.

Redazione
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  • Marco Pacifici

    Condivido ripetendo le mie scuse a Maria Grazia Di Rienzo:a 59 anni(li faccio il 25 aprile) puo accadere di scriver stronzate. Ed io non mi vergogno di esser talvolta grande grosso e cojone.

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