Il quotidiano «il manifesto» si Norma-lizza?

Qui sotto trovate una lettera di Claudio Corticelli inviata al quotidiano «il manifesto» che, quasi certamente, non verrà pubblicata come già accaduto per molti interventi dissenzienti. Fa riferimento a un editoriale di Norma Rangeri; lo trovate di seguito in modo da poter avere chiaro il contesto. «Chiaro» per modo di dire perché chi, in questi mesi, ha letto solo «il manifesto» (senza partecipare alle molte assemblee e incontri tenuti in molti città o senza guardare, a esempio, il sito del Circolo de il manifesto di Bologna) probabilmente ha capito poco di cosa accadeva: crisi economica e politica, liquidatori in redazione, asta per la proprietà… mentre Rossana Rossanda, Valentino Parlato e altre/i se ne andavano.

Sono d’accordo con Claudio (non sprecherei parole importanti come menscevichi e bolscevichi per queste storielline) in tutto. Ne ho già scritto qui in blog. Credo che non tutte le colpe della crisi de «il manifesto» debbano essere attribuite alle ultime direzioni e redazioni (molte critiche io le facevo anche 15 anni fa, quando ero un collaboratore, una specie di redattore, non assunto, dall’Emilia-Romagna) ma certo non si esce dai casini regalando a poche persone un quotidiano che aveva – e ancora può avere – la sua forza in una sensibilità di massa e persino in una proprietà diffusa, collettiva. La discussione ovviamente continua sia su http://www.ilmanifestobologna.it che altrove. (db)

 

Alla direttrice (attuale) del quotidiano comunista «il manifesto»

Ho letto con sgomento questo suo articolo di oggi 20 febbraio. Apprendo che lei giornalista comunista chiede ai lettori comunisti, comunque della sinistra storica, di donare quattrini che poi serviranno al vostro gruppo di giornalisti menscevichi – collettivo maggioritario? – per ricomprare la testata de «il manifesto» in liquidazione, e quindi per divenire unici proprietari.

Mi sembra una grande sfacciataggine, ma anche un’appropriazione, proprio quando è in atto uno scontro interno, e lei da tempo pratica un metodo di divisione, escludendo chi la contrasta, verso coloro che vogliono veramente la continuazione di un collettivo che si fondi nelle origini di questo prestigioso quotidiano

Da semplice lettore, non le darò un centesimo di abbonamento, nè di sottoscrizione, non la finanzio così; comprerò invece tutti i giorni dal giornalaio «il manifesto» non per lei, ma per tener viva l’idea, con la convinzione un giorno ci sia un cambiamento vero, un vero collettivo che non pensi alla proprietà personale del giornale, ma operi per una sua gestione sostenibile.

L’alternativa vera è la creazione di una cooperativa, una fondazione, che apra un azionariato diffuso, una proprietà collettiva. Questa è la mia ipotesi

Se ne ha il coraggio e la dignità politica apra il dibattito sul giornale, per conoscere il parere dei lettori, sulle ipotesi future.

A quel punto sosterro’ la sua apertura per il vero futuro cambiamento del giornale

saluti

Claudio Corticelli

 

L’editoriale di Norma Rangeri

Care compagne e cari compagni, care lettrici e cari lettori,
è ormai evidente che oggi non avremmo a che fare con una classe dirigente così debole e screditata, sprofondata in una voragine ancor più profonda di quella che vent’anni fa scosse il sistema politico con Tangentopoli, se funzionasse come contropotere un’informazione libera dalla sudditanza ai partiti, indipendente dagli interessi di gruppi industriali e finanziari. Crollati i grandi partiti di massa, l’informazione ne ha surrogato il ruolo, usando la potenza dell’audience, la corruttiva influenza del conflitto di interessi, i temibili padrinaggi della carta stampata.
Il manifesto, presidio di indipendenza fin dalla sua nascita, vuole continuare a esserlo anche negli anni a venire. Per questo, dopo aver salvato la testata con la formazione di una nuova cooperativa e stabilizzato il livello delle vendite nonostante la crisi del settore e le nostre turbolenze interne, chiediamo oggi a voi, lettrici e lettori, di sostenere questa impresa perché possa continuare a svolgere la sua funzione di punto di vista di una sinistra libertaria, plurale, antiliberista e anticapitalista dentro una crisi economica, politica e morale che sta travolgendo i fondamenti della democrazia.
Due sono i pilastri necessari per garantire un solido futuro a questa concreta utopia politico-editoriale: gli abbonamenti e la sottoscrizione. Abbonarsi al manifesto significa, come è sempre stato per la nostra testata, scommettere sul suo futuro immediato, significa essere ogni giorno al lavoro insieme a noi, insieme al collettivo che quotidianamente costruisce queste pagine. Oggi indica una cosa in più. Non avremo, comunque vada il voto, un governo amico: non rinunceremo a far entrare nei programmi la realtà sociale che ne è così spesso desolatamente fuori.
Vi state già abbonando in tanti, una bellissima conferma del legame che unisce il nostro gruppo di lavoro alla grande famiglia dei lettori-sostenitori. A oggi abbiamo 3000 abbonamenti cartacei, 1731 on-line. Dobbiamo incrementare questo tesoro di fiducia, dobbiamo, noi e voi, mettercela tutta per attivarne di nuovi e non perderne nessuno. Ma, in più, abbiamo un traguardo strategico che si profila ormai vicinissimo: dobbiamo ricomprarci la testata. E dobbiamo farlo presto.
Aver costituito la cooperativa è stato un primo, fondamentale passo. Ma la nostra testata è ancora nelle mani della Liquidazione amministrativa: noi siamo “affittuari”, paghiamo venticinquemila euro di affitto ogni mese, e di questa casa comune della sinistra vorremmo tornare a essere proprietari. Farlo ora, che siamo in piedi e senza debiti, ci è consentito da una condizione completamente diversa rispetto al passato. Saremo noi, non le banche alle quali eravamo costretti a chiedere prestiti scontati con il pagamento di ingenti interessi passivi, i veri padroni di noi stessi. E potremmo effettivamente, per la prima volta, costruire insieme a voi quell’editore collettivo che da tanti anni andiamo inseguendo. Ci prepariamo a raccogliere più di un milione di euro finalizzati al riacquisto del manifesto: ci stiamo attrezzando per predisporre un conto dedicato a questo scopo presso Banca Etica. Comprare la testata significa scongiurare il rischio che sia qualun altro a farlo, diverso dal collettivo del giornale e dalla vasta comunità di collaboratori che insieme a noi scrivono e combattono per far vivere il manifesto. Non dobbiamo permetterlo e faremo di tutto perché questa battaglia abbia un esito felice. Vi daremo nei prossimi giorni le coordinate per sottoscrivere. E, intanto, diffidate delle imitazioni.

 

Redazione
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3 commenti

  • Nel ringraziare Norma per aver pubblicato, con un certo rilievo, venerdì scorso una lettera su un’ accordo di collaborazione militare Colombia-Italia, di cui sono promotore assieme a Daniele Barbieri e Davide Lifodi, ho chiesto come diventare socio della cooperativa che intende comperare Il Manifesto. Non ho ancora ricevuto risposta. Bisogna in ogni caso prendere in considerazione il fatto che Il Manifesto e’ stato l’ unico quotidiano che ha pubblicato la lettera.
    Senz’ altro e’ inutile dare del menscevico all’ attuale comitato di redazione anche perché 1. gli ultimi scritti di Rossanda non sono certo bolscevichi. Quindi dov’è il bolscevismo? Rizzo, Ferrando? Lasciando perdere Ferrero , Diliberto e compagnia.
    2. Il 2013 non e’ il 1917.
    3. In queste elezioni una discarica politica come la lista Ingroia si e’ fatta passare come un Front de Gauche o una Syriza italiana e chi ha vinto il M5s e’ un movimento di massa di destra.

    Che fare? Per il Manifesto, intendo. Una lettera firmata da compagne e compagni lettori che chieda l’ apertura della cooperativa ai lettori, rifiutando le richieste di contributi a fondo perduto, potrebbe forse ( forse) avere dei risultati.

    • Caro Francesco Cecchini, di lettere ne sono state scritte, di vertici, assemblee e telefonate ne sono state fatte. A decine.
      Spulciando un po’ il sito de ilmanifestobologna.it si capisce quanto distante sia l’attuale redazione da un movimento di base dei suoi lettori (ma anche collaboratori, incluse alcune firme “eccellenti”) che chiedevano un cambio di passo, una rifondazione del giornale su nuove basi (sia per quanto riguarda la proprietà collettiva, sia per quanto riguarda il progetto politico-editoriale). Nessuna risposta, se non sibillini avvertimenti a “diffidare delle imitazioni”. Tanto per chiarire.

  • Caro Claudio Magliuolo, partita chiusa, quindi. Tenendo conto che non abbiamo altro in Italia.

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