In ospedale senza cellulare? Impossibile

di Sarina Aletta (*)

Alle 15.30, dopo lunghe ricerche e attese telefoniche riesco a parlare con un centralino: «E’ il reparto ortopedico dell’ospedale San Giovanni Evangelista di Tivoli? Chiamo da Roma. Vorrei notizie di una signora forse ricoverata da poche ore.

Mi scuso per il disturbo, ma sto cercando di rintracciare una persona disabile che, a causa di un recente ictus, questa mattina è caduta in casa. Si tratta di una signora molto anziana senza parenti, tranne una figlia affetta dalla sindrome di Down… Chiedo per cortesia di poterle parlare un attimo tramite il telefono dell’ospedale dato che la mia amica non ha il cellulare».

La voce maschile dice che la persona risulta ricoverata effettivamente ma «al telefono si può parlare solo tramite il cellulare dei pazienti».

A questo punto ho come un capogiro: non posso credere, insisto, forse ho capito male.

No, ho capito benissimo, mi si chiede di non alzare la voce e la comunicazione viene interrotta.

Ho un vuoto nella testa, possibile che la dittatura dei consumi possa arrivare a tanto.

Possibile che… l’attuale paziente, colpevole di non essere nato con cellulare incorporato, come ennesima costola o proseguimento della mano, sia obbligato a possedere quel famigerato ordigno detto “telefonino”… che ogni ospedale serio dovrebbe sconsigliare?

Rabbrividisco e torna il capogiro vedendo che il Sistema, nell’ultima follia, procede all’impazzata riuscendo perfino a peggiorare.

Infatti l’antico paziente comunicava normalmente con l’esterno mentre oggi, se privo del dispendioso ordigno… tu non hai speranza di soccorso… né voce amica che ti possa confortare.

E quell’onesto soprammobile scomparso che troneggiava sul bianco comodino d’ospedale: il buon amico “fisso” per tutti i pazienti della stanza?

Servizio sociale superato, vago ricordo di una antica usanza.

Ma noi, poveri obbedienti spendaccioni, tendiamo a emanciparci e sognando di sguazzare nella trappola del lusso incorporiamo fatali giocattoli elettronici perché la dittatura dei consumi continui allegramente a stritolarci.

E compriamo compriamo e mangiamo, compriamo e mangiamo a non finire, compriamo e mangiamo per dimenticare che… volevamo dimagrire; comprando e consumando… distruggiamo… foreste, silenzio e poesia… e distruggendo e mangiando, senza mai saziarci, produciamo maree di scorie, non solo terrestri, ma palle di fuoco celesti che… torneranno eterne a visitarci.

Si sa, assimilando veleni televisivi può accadere tutto e nel vuoto totale della mente… potremmo comprare per solo 20 miliardi di euro, uno stormo di caccia bombardieri che, se pure di tipo scadente, riusciranno in breve… a eliminare un bel po’ di gente.

Tutto scorre in questo mondo ladro secondo la legge del più forte e tutto scorrerà perfettamente, finché miliardi di poveri come il povero paziente continueranno a ingoiare ordigni di morte, così che quattro gatti… possano continuare ad arricchirsi impunemente.

(*) Questa piccola storia fa parte degli «itinerari di controinformazione poetica» che spesso Sarina Aletta “traccia” – cioè propone – a Roma e in altre città. Mi piacerebbe che diventasse una sorta di rubrica fissa del sabato, qui in blog. (Ehi Sarina, che ne dici?) Ho persino immaginato di essere fisicamente presente nel luogo di questo itinerario – teatro? piazza? bar? biblioteca? cantina? – e che, al termine, si aprisse la discussione; alzerei la mano e, a memoria, citerei Julio Cortazar: «non è vero che ti regalano un orologio, sei tu che vieni regalato a un orologio» e forse aggiungerei: «io sono un bipede senza cellulare, senza patente e quasi mai con l’orologio. Vi va di parlarne?». (db)

Redazione
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2 commenti

  • sì.
    Sì alla domanda, vi va di parlarne?
    e
    Sì alla rubrica fissa.
    Unisco la mia alla richiesta di DB

    • Sarina se vorrà risponderà… per quel che mi riguarda di nuovo pongo un’antica domanda: come evitare che gli oggetti ci posseggano? Perfino i libri o i film – che giustamente amiamo -sembrano impadronirsi di noi, in questo alla pari di più banali (pur se a volte utili) prodotti elettronici. Facile dire: i libri sono i miei servi, non io il loro (è attrabuita a Marx). Ma è vero? Se 714 persone – va beh, bastano una dozzina – fanno “outing” qui in blog ci potremmo confrontare su schiavitù, antidoti, liberazione…
      Io? Sì sono senza patente e tv, privo di cellulare, non proprietario di casa… ma CONFESSO: in certi periodi della vita per i libri avrei rubato agli orfanelli, anche se già avevo librerie traboccanti di testi non ancora letti.
      Prima dell’arringa finale ci sono altri interventi? (db)

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