La bufala

Ovvero, quando la buona volontà non basta

di Marjan Wijers

Traduzione di Maria G. Di Rienzo. Marjan Wijers ha raccolto questa testimonianza (per Rights4Change) durante la sua partecipazione al 12° Forum di Awid – www.awid.org – a Istanbul, Turchia, tenutosi dal 19 al 22 aprile 2012.

Forse la storia più buffa e più rivelatrice che ho sentito è stata quella di una sex worker indiana e del suo programma di “riabilitazione”. Invece della macchina per cucire, l’attrezzo usato di solito in questi programmi, a Renahu fu data una femmina di bufalo.

La bufala (in italiano il gioco di parole è irresistibile, come vedrete alla fine dell’aneddoto) avrebbe dato latte, e quel latte Renahu lo avrebbe venduto al mercato e avrebbe potuto smettere di prostituirsi. Perciò Renahu fu molto felice di portarsi a casa la bufala. Tuttavia, si accorse subito che la bufala aveva bisogno di mangiare: per cui si trovò a lavorare il doppio, per nutrire se stessa e l’animale. Inoltre, i giorni passavano e la bufala non produceva latte.

«Nessun problema» le dissero: «La bufala deve avere un cucciolo e allora farà latte».

«Ma come faccio a farla restare incinta?».

«La porti da Rama, che ha un bufalo maschio».

Così, Renahu portò la bufala da Rama e scoprì che il prestito del maschio non era gratuito.

«Alla fine» raccontava Renahu «dovevo fare il triplo del lavoro sessuale: per pagare il mio cibo, per pagare il foraggio della bufala, e per pagare affinché la bufala facesse sesso».

Renahu mise una briglia alla bufala e la riportò da dove era venuta.

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