La cedolare secca: come favorire i ricchi…

…e turlupinare la stragrande maggioranza dei cittadini – Associazione Marco Mascagna

Quanti sanno cosa è la “cedolare secca sugli affitti”? Quanti sanno da chi è utilizzabile?

Pensiamo pochi, eppure la storia e gli effetti di questa tassa sono estremamente istruttivi e di interesse per tutti i cittadini.

Che pochi sappiano cosa sia la cedolare secca sugli affitti non è un caso. Sui giornali di queste cose se ne parla poco e gli articoli in proposito sono quasi sempre relegati nelle pagine di economia e finanza e scritti con un linguaggio per addetti ai lavori, poco comprensibile da un cittadino anche acculturato (figuriamoci per quel 54% degli italiani ultra 25enni che non ha un diploma superiore [1]). Ci si dovrebbe chiedere: perché i giornali parlano così poco e in tal modo della cedolare secca, mentre su altri argomenti anche più complessi (per esempio quella forma di sostegno al reddito dei poveri chiamato “reddito di cittadinanza”) se ne parla tanto e sulle prime pagine?

La “cedolare secca sugli affitti” è stata introdotta nel 2011 (art. 3 dlgs 14 marzo 2011) dal Governo Berlusconi, Ministro dell’Economia Giulio Tremonti (sottosegretario il leghista Giorgetti). La norma consente al proprietario di casa che affitta di non dovere più riportare nella dichiarazione IRPEF l’introito che ne ricava (così da contribuire all’imponibile totale sul quale calcolare quanto è l’ammontare delle tasse da pagare), ma di dichiararlo a parte, pagando un’imposta pari al 21% per i contratti a canone libero (cioè in cui padrone e inquilino sono “liberi” di decidere l’importo del canone che l’inquilino dovrà dare al proprietario e la durata del contratto deve essere di almeno 4 anni, prorogabili di ulteriore 4 anni alla scadenza) e al 19% per i canoni relativi a immobili affittati a canone convenzionato (cioè nei quali l’importo è calcolato sulla base di criteri stabiliti da un accordo tra le associazioni dei proprietari e quelle degli inquilini con la mediazione del Comune).

Lo scopo dichiarato di tale norma è principalmente quello di fare entrare più soldi nelle casse dello Stato combattendo l’evasione fiscale da parte dei proprietari di casa. Molti di questi, infatti, affittano a nero (cioè non facendo risultare ciò e, quindi, non pagando alcuna tassa sulle entrate percepite) o parzialmente a nero (scrivendo un importo mensile sul contratto e facendosene dare uno maggiore o chiedendo una somma a nero prima di stipulare il contratto). Il ragionamento fatto da Berlusconi e dai suoi ministri e sottosegretari è che bisogna essere pragmatici: l’importante è fare entrare soldi nelle casse dello Stato e, pretendendo che si cumuli il reddito ottenuto con l’affitto con gli altri redditi, c’è una forte evasione fiscale, mentre, chiedendo solo il 21% o il 19% di tassa, i proprietari non evaderanno e si metteranno in regola. Il proprietario, con la cedolare secca, ha infatti un gran vantaggio: paga come tassa solo il 21% o il 19% dell’importo percepito invece del 43% (se cumulando tutti i redditi percepiti guadagna più di 50.000 euro lordi all’anno), del 35% (se guadagna tra 28.000 e 50.000 euro all’anno), del 25% (se guadagna tra 15.000 e 28.000) o del 23% (se guadagna tra 8.000 e 15.000 euro).

Inoltre i fautori della cedolare secca affermano che, se si riducono le tasse sugli affitti, aumentano sul mercato le case da affittare, con vantaggi per chi cerca casa e l’effetto combinato della riduzione delle tasse e del maggior numero di case affittabili calmiererà i prezzi, che sono molto alti, con consistenti vantaggi per gli inquilini.

Nel giugno 2013 il Governo Letta (ministro dell’Economia Saccomanni, bocconiano e banchiere) per rendere più allettante la cedolare secca riduce l’aliquota per i contratti a canone concordato dal 19% al 15%. Passano appena 9 mesi e il Governo Renzi (ministro dell’Economia Padoan, economista ed esponente del PD), tra i suoi primissimi atti, riduce l’aliquota dal 15% al 10%.

Il governo Gentiloni (ministro dell’Economia Padoan) nel 2017 vara la legge 50 (cosiddetta legge B&B), che amplia l’applicabilità della cedolare secca ai fitti brevi prevedendo però nuovi obblighi sia per chi gestisce in proprio un B&B sia per chi lo gestisce tramite intermediari (ad esempio Airbnb).

Nel 2019 il Governo Conte II (Robertto Gualtieri, esponente PD, ministro dell’Economia) estende la cedolare secca al 21% anche per i negozi con superficie inferiore a 600m e solo per i contratti stipulati nel 2019.

L’attuale governo Meloni (Giorgetti, leghista, ministro dell’Economia) ha promesso di estendere la cedolare secca anche agli studi professionali e, in generale, alle cosiddette “partite IVA”.

C’è da chiedersi: la cedolare secca ha effettivamente fatto entrare più soldi nelle casse dello Stato? Sono aumentate le case affittabili? Si sono calmierati i prezzi?

A queste domande rispondono le annuali edizioni della “Relazione sull’evasione fiscale e contributiva” allegate alla NADEF (documenti scritti per il Governo da un gruppo di esperti, sulla base di dati provenienti da vari enti e da studi su questi fenomeni) [2]. Vediamo cosa dicono:

1) non sono entrati più soldi nelle casse dello Stato, ma meno (una riduzione del 13-16% delle entrate derivanti da questo settore, cioè circa 1,4 miliardi di entrate in meno all’anno dal 2015 in poi). La forte riduzione dell’aliquota (la gran parte dei proprietari che affittavano dovevano applicare l’aliquota del 43% e passare al 21%, 19%, 15% e 10% è un gran bel risparmio) non è stata per nulla compensata da quella quota di proprietari che affittavano a nero e che sono emersi. Inoltre la Relazione ci dice che la riduzione al 15% e poi al 10% non è servita per nulla a far aumentare l’emersione di locazioni precedentemente a nero [3]. Una discreta emersione del nero è invece avvenuta grazie alla legge B&B del Governo Gentiloni, perché diffusa era l’evasione in questo settore, ma tale aumento, per i medesimi motivi prima esposti, non è stato rilevante per l’entrate dello Stato;

2) si è verificato un aumento irrisorio delle case affittabili: “l’introduzione del regime della cedolare secca aumenta la probabilità di affittare un immobile solo del 3,8%” [4];

3) i prezzi delle case da affittare non sono scesi ma saliti. Ciò probabilmente dipende dal fatto che la domanda di case da affittare è alta (vista anche l’enorme carenza di edilizia popolare e di case di proprietà pubblica o di enti) e dal mancato previsto aumento delle case affittabili sul mercato. Inoltre quasi sempre i proprietari che affittano non sono pressati da esigenze di cassa, per cui possono tenere l’appartamento sfitto finché non trovano chi è disposto a pagare quanto chiedono.

Inoltre la “Relazione sull’evasione fiscale e contributiva” del 2022 si perita di dirci anche quale fascia di proprietari si becca la maggior parte di questi 1,4 miliardi: la più ricca (“Di circa il 20% della variazione fiscale complessiva ha beneficiato l’1% più ricco e circa il 60% di tutta la riduzione delle tasse è andata a vantaggio del 10% dei contribuenti più ricchi” [5].

In conclusione la cedolare secca è un provvedimento privo di effetti positivi per gli inquilini e per la società e che comporta un costo per lo Stato di circa 1,4 miliardi all’anno, che vanno a finire tutti nelle tasche dei proprietari di seconde, terze, quarte e enne case, e, in particolare, dei proprietari più ricchi.

Che la cedolare secca non facesse aumentare le entrate, ma fosse un costo per lo Stato lo si sa con certezza dal 2016, anno della prima “Relazione sull’evasione fiscale e contributiva”, ma lo si sospettava anche prima (bastava guardare l’ammontare delle entrate per settore). Malgrado ciò si è insistito con questo provvedimento, invece di adottare altre strade (per esempio l’aumento dei controlli, l’incrocio dei dati, la parziale detrazione dall’imponibile da parte degli inquilini, la tassazione degli appartamenti che risultano sfitti, l’aumento delle pene ecc.). Anzi, si sono ridotti i controlli, operando tra il 2019 e il 2017 un taglio del 10% del personale delle agenzie fiscali.

Ci chiediamo:

possibile che i nostri ministri dell’Economia (bocconiani, banchieri, docenti universitari) e i loro sottosegretari non abbiano saputo prevedere tutto ciò? Possibile che i dirigenti e i funzionari dei Ministeri non li abbiano messi in guardia dalla negatività di un tale provvedimento?

Perché si è ridotta l’aliquota al 15% e poi al 10% senza prima un minimo di studio sugli effetti sulle casse dello Stato della riduzione al 19%?

Capi di Governo e Ministri e sottosegretari all’Economia sono incompetenti o, pur di favorire determinate categorie, non si importano dei danni che lo Stato e i cittadini possono avere?

Soprattutto ci chiediamo: come è possibile, sapendo l’inutilità, l’enorme costo per le casse dello Stato e l’iniquità di un tale provvedimento, che l’attuale Governo proponga un’estensione di tale strumento anche agli immobili locati dalle cosiddette “partite IVA”?

Un qualsiasi Governo serio l’avrebbe abolita già nel 2016, mentre nessuno dei Governi che si sono succeduti lo ha fatto e l’attuale addirittura vuole estendere questo inutile, costoso e iniquo provvedimento.

In ultimo ci chiediamo perché tanto accanimento contro un sussidio ai poveri assoluti (il reddito di cittadinanza) e una totale disattenzione da parte di giornali, reti televisive, politici e cittadini nei riguardi di un “sussidio” ai ricchi proprietari di seconde, terze, quarte e enne case?

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Note: 1) ISTAT 2022; 2) Il nome completo del documento è “Relazione sull’economia non osservata e sull’evasione fiscale e contributiva” e dal 2016 è allegato ad ogni Nota di Aggiornamento del Documento di Economia e Finanza (NADEF). Sul sito del Ministero sono presenti tutte le Relazioni dal 2016 ad oggi e la composizione del gruppo di esperti che redige questi documenti: https://www.mef.gov.it/mini…/commissioni/rel_ev/index.html; 3) MEF: “Relazione sull’economia non osservata e sull’evasione fiscale e contributiva. 2018” pag. 63; 4) MEF: “Relazione sull’economia non osservata e sull’evasione fiscale e contributiva. 2022”; 5) MEF: “Relazione sull’economia non osservata e sull’evasione fiscale e contributiva. 2022” pag. 106.

 

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