La corsa al cobalto arriva in Piemonte

Nel 2019 la regione ha concesso a un’azienda mineraria una licenza per esplorare la presenza di cobalto, nickel, rame, argento e minerali nella zona di Punta Corna. Ma molti si chiedono se questo sia compatibile con il turismo e con le aree protette.
di Marina Forti (*)

foto: Wirestock, Inc./Alamy

 

La corsa mondiale per le materie prime strategiche non è la prima cosa che viene in mente guardando Usseglio, minuscolo comune alpino a 1.200 metri d’altitudine nella valle di Viù, una delle valli di Lanzo nel Piemonte nordoccidentale. Questo piccolo centro di villeggiatura estiva e turismo invernale è noto piuttosto per la produzione di rinomati formaggi. O per la tradizione franco-provenzale a cui si richiama. Quanto alla miniera di cobalto di Punta Corna, chiusa da quasi un secolo, ha lasciato traccia solo nella memoria di alcuni anziani e nei musei alpini locali.

Presto però Usseglio 191 residenti registrati all’anagrafe (ma gli abitanti reali sono circa la metà)  potrebbe davvero trovarsi al centro della ricerca di minerali di importanza “strategica”.

Infatti nel 2019 la regione Piemonte ha concesso a un’azienda mineraria, l’australiana Altamin, una licenza per esplorare la presenza di cobalto, nickel, rame, argento e minerali associati nella zona di Punta Corna, 2.960 metri sul livello del mare, uno dei picchi che dominano Usseglio e, sull’altro versante, il comune di Balme nella vicina val d’Ala. Nel dicembre scorso la licenza è stata rinnovata ed estesa; la seconda fase delle esplorazioni è imminente.

Il sindaco di Usseglio, Pier Mario Grosso spiega: “In primavera cominceranno i carotaggi”, le perforazioni nel terreno che servono a mappare con precisione i depositi di minerali. Permetteranno di capire il tenore di cobalto là presente; di calcolare i costi e i possibili profitti. In definitiva, di valutare se abbia davvero senso aprire una miniera intorno ai duemila metri di quota, su pendii dove oggi si arriva solo a piedi con l’aiuto di guide del luogo – perché perfino la posizione delle vecchie gallerie è un vago ricordo. A Usseglio c’è una certa attesa, anche se un po’ incredula. “Purché il territorio sia salvaguardato, ben vengano le miniere”, commenta il sindaco.

Dalle tele ai jet
Le miniere di Usseglio sono note da tempi antichi e sono sfruttate dal 1753. Il cobalto allora era ricercato come pigmento colorante: il “blu di cobalto” è una precisa sfumatura di colore freddo, metallico; era usato dai pittori, per tingere i tessuti, nell’industria della ceramica. Ma quando i coloranti sintetici hanno preso il sopravvento, estrarre il minerale in alta montagna è diventato inutilmente costoso, e negli anni trenta del novecento la miniera di Punta Corna è stata chiusa.

Da allora però il cobalto ha trovato nuove applicazioni. È indispensabile per certe leghe metalliche ad alta resistenza, per esempio per i motori dei jet. È usato per fare magneti permanenti, catalizzatori per l’industria chimica e petrochimica, elettrodi, fino alle sofisticate batterie necessarie alle auto elettriche o per immagazzinare l’energia prodotta con fonti rinnovabili.

All’inizio del secolo dunque la domanda di cobalto ha cominciato a crescere. Nel 2020 l’Unione europea l’ha incluso tra le materie prime di “interesse strategico”, insieme al litio, il coltan (columbite-tantalite), o agli elementi chiamati terre rare, indispensabili per il “green new deal” – così si chiama la strategia industriale europea fondata sulla transizione a energie rinnovabili. Il punto è che l’Europa deve importarli. Un documento europeo del febbraio 2022 parla di “dipendenze strategiche”: le terre rare dalla Cina, il litio da alcuni paesi andini. E il cobalto dalla Repubblica Democratica del Congo, dove dal 1995 la produzione è cresciuta al ritmo del 20 per cento annuo, perfino mentre il paese era devastato da ben due guerre: oggi la Rdc fornisce circa il 70 per cento della produzione mondiale – anche se l’estrazione di cobalto, come pure di coltan, continua ad alimentare violenza e sfruttamento.

Insomma: per diminuire la sua dipendenza l’Unione europea punta a diversificare le fonti e incoraggia la produzione interna. In tutta Europa si rispolverano le mappe geologiche, compagnie minerarie di tutto il mondo sono a caccia. E anche le vecchie miniere di Punta Corna tornano interessanti.

In un giorno di metà gennaio Usseglio sembra addormentato, sotto la prima forte nevicata dall’inizio dell’inverno. Gli alberghi lungo la strada principale sono chiusi; deserti i bei villini costruiti all’inizio del novecento, quando veniva qui in villeggiatura l’alta borghesia torinese. Deserta anche la chiesa dalla struttura medioevale, e così la villa di Luigi Cibrario, storico e ministro del Regno di Sardegna, originario di qui. Non si vedono negozi, né persone.

Eppure, Usseglio è tutt’altro che un paese in abbandono. “Abbiamo una buona infrastruttura turistica e una discreta economia pastorale”, spiega Giuseppe Bona, agronomo e assessore all’ambiente e agricoltura. Siamo negli uffici del comune, piccolo edificio in cui ha sede anche l’ufficio postale con l’unico bancomat. L’assessore elenca: quattro alberghi con ristorante, un paio di ristoranti e pizzerie, due rifugi, alcuni agriturismi nelle frazioni circostanti.

D’estate la popolazione di Usseglio cresce fino a duemila persone. C’è anche un turismo invernale, con “la stazione di sci alpino nella frazione Pian Benot e un anello di undici chilometri per lo sci di fondo”, continua Bona indicando la mappa della valle. Nulla di paragonabile ai grandi comprensori della val di Susa, che in Piemonte monopolizza il turismo della neve fin dagli anni trenta del novecento, quando la famiglia Agnelli ha creato Sestrière e le valli di Lanzo sono rimaste tagliate fuori. “Ma oggi questo è un vantaggio”, continua Giuseppe Bona: quello di Usseglio è “un paesaggio ancora selvatico, e noi puntiamo su un turismo vicino alla natura”.

Il turismo in effetti va bene: con le ciaspole nella neve, la festa delle racchette, le escursioni estive, la via ferrata. Le villeggiature e le colonie estive per i bambini. “In giugno un gruppo di volontari fa la manutenzione dei sentieri insieme al Club alpino italiano”. C’è la festa nazionale della toma di montagna in luglio, e quella della transumanza in ottobre. “Ecco: puntiamo a offrire servizi di qualità. Ma chi viene qui non vuole trovare una città”.

C’è anche l’economia delle malghe, le piccole fattorie d’alta montagna per l’alpeggio estivo. “Abbiamo dodici titolari di licenza per i pascoli comunali”, spiega Bona: “I malgari sono sentinelle del territorio. D’estate portano su le mandrie, che pascolando tengono pulito il terreno”. Anche il bosco va gestito; sul territorio comunale gli alberi “maturi” vengono tagliati ogni quaranta o cinquant’anni, “danno un piccolo reddito al comune”.

(*) Leggi l’articolo completo: https://www.internazionale.it/essenziale/notizie/marina-forti/2023/03/06/piemonte-miniere-cobalto

Redazione
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Un commento

  • Antonio Drappero

    Ho letto questo articolo e l’ho trovato interessante. Io sono uno di quelle persone che hanno hanno un pò di rigetto verso il giornalismo, sopratutto in televisione dove il giornalismo televisivo si armonizza con la carta stampata e si coalizza con il potere che non sempre è quello che governa. Gli articoli che ho letto in precedenza su questo argomento erano piuttosto “schierati” politicamente verso la tutela dell’ambiente, stile Greta o GreenPeace. Questo articolo lo trovo correttamente apolitico. Grazie. Antonio.

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