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La Bottega del Barbieri

L’espropriazione delle piantagioni

Le lotte comunitarie nella provincia del Capo Occidentale del Sudafrica.
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di Surplus People Project, David Neves, Wade Parker (*)

Le comunità rurali della provincia del Capo Occidentale del Sudafrica, già sottoposte alla storica depredazione di molte zone, subiscono anche i molteplici impatti che comporta vivere circondate da piantagioni industriali di alberi. Nel tentativo di rafforzare il loro accesso alla terra, queste comunità si sono mobilitate in un forum sostenuto da organizzazioni della società civile, esigendo la partecipazione al processo decisionale e ad altri diritti comunitari.

Introduzione

L’espropriazione delle terre basata sulla “razza” – un’eredità storica del Sudafrica – ha fatto sì che le comunità indigene africane che vivono nelle zone di piantagioni di monocolture di alberi e dintorni, subissero a lungo l’emarginazione economica e una situazione di svantaggio sociale. Nonostante la transizione del Sudafrica verso la democrazia e il programma di riforma agraria, l’eredità della spoliazione delle terre continua a determinare povertà rurale e disuguaglianza economica (1). Le comunità della provincia di Capo Occidentale non solo soffrono di questa eredità, ma anche dell’incertezza che circonda le nuove iniziative di rimboschimento. Queste comunità colpite dalle piantagioni industriali di alberi si trovano ad affrontare una rete di impatti interconnessi derivanti dalla distribuzione ineguale della terra e dalle piantagioni monocolturali: povertà, precarietà della proprietà terriera, problemi ambientali e gravi mancanze riguardo la governance. Tuttavia, dimostrano anche resilienza, espressa in risposte collettive e mobilitazione di fronte a queste difficoltà.

Comunità forestali: espropriazione di ieri e di oggi

Il retaggio dell’espropriazione e dello sgombero delle terre in Sudafrica è particolarmente evidente tra le comunità che vivono nelle aree di piantagioni industriali di alberi (note in Sudafrica come comunità forestali). Nel Western Cape, dall’inizio degli anni 2000, le comunità forestali hanno sofferto l’effettiva privatizzazione delle piantagioni statali, seguita da un cambio di rotta da parte dello Stato e dalla proposta di ripiantare piantagioni di alberi per la produzione di cellulosa, carta e legname per le segherie. Le loro esperienze illustrano alcune delle dinamiche ecologiche, economiche e politiche del modello di piantagione industriale. Mentre le minacce ai diritti, ai mezzi di sussistenza e ai diritti delle comunità sono comuni in tutto il mondo, le evidenze proprie del Capo Occidentale rivelano come questi problemi si manifestino in diverse forme locali e si evolvano nel tempo.

Le piantagioni industriali e il contesto del Capo Occidentale

Il Sudafrica è un paese con una grande diversità ecologica, che spazia dalla costa subtropicale a est fino all’altopiano centrale dell’entroterra, passando per paesaggi aridi e desertici a ovest. Le sue foreste temperate autoctone sono ricche di specie, ma coprono solo una percentuale a una sola cifra della superficie terrestre del paese. In Sudafrica, le piantagioni monocolturali di alberi sono spesso chiamate “foreste”, il che ha a lungo oscurato i molteplici impatti negativi causati da questo tipo di piantagioni. Queste, si estendono in un arco frammentato, dalla parte settentrionale del paese lungo la costa orientale fino alla regione del Western Cape, caratterizzata da un clima mediterraneo con precipitazioni invernali.

Il Capo Occidentale è diverso dal punto di vista climatico e storico. Dalla metà del XVII secolo, i discendenti dei coloni europei hanno dominato l’agricoltura commerciale nella regione. Come gran parte del paese, il Capo Occidentale ha subito espropriazioni di terre su larga scala durante il periodo coloniale e dell’apartheid, il che ha fortemente limitato l’accesso alla terra delle popolazioni indigene e “meticce”. Oggi, la regione è nota per le sue industrie vinicole e dei frutteti a foglia caduca orientate all’esportazione, mentre il suo centro metropolitano di Città del Capo attrae turismo da tutto il mondo.

Nelle zone montuose del Western Cape, sono presenti piantagioni commerciali sparse, principalmente di specie non autoctone come pini, eucalipti e acacie. In più di una dozzina di queste piantagioni, comunità storicamente svantaggiate vivono su terreni di proprietà statale precedentemente affittati a compagnie di legname private, come MTO (Mountain to Ocean). Le piccole aree di foresta nativa del Sudafrica sono in gran parte disabitate. Sono invece le comunità che vivono e lavorano nelle piantagioni di alberi monocolturali a essere in prima linea nelle lotte autodenominate “forestali” del paese.

La vulnerabilità ed emarginazione delle comunità forestali

Le comunità che vivono nelle piantagioni industriali di alberi del Sudafrica, in particolare nel Western Cape, vivono in condizioni precarie e di insicurezza per quanto riguarda la proprietà della terra. Queste comunità hanno opportunità economiche limitate e non hanno accesso ai servizi e alle infrastrutture statali di base. Lo Stato e le compagnie forestali spesso negano alle comunità l’accesso alle piantagioni circostanti per procurarsi la legna da ardere, materiali da costruzione e piante medicinali. Di conseguenza, queste comunità rurali sono sempre più disconnesse dai tradizionali mezzi di sussistenza basati sulla terra, in particolare l’agricoltura su piccola scala, la pastorizia e la raccolta di alimenti, complicando ulteriormente la loro capacità di sostentamento. Nonostante quasi tre decenni di riforma agraria in Sudafrica, la povertà e l’insicurezza del regime fondiario continuano a prevalere.


Inoltre, le comunità che vivono in queste piantagioni di alberi affrontano le conseguenze a lungo termine, sia attuali che future, del vivere circondate dalle piantagioni:

– Degrado ambientale

Povertà ed emarginazione economica si intersecano con le minacce ambientali. Le piantagioni di monocolture in tutto il Sudafrica contribuiscono all’impoverimento del suolo, alla scarsità d’acqua e alla perdita di biodiversità. Nel Capo Occidentale, le piantagioni di alberi sono particolarmente vulnerabili agli incendi boschivi, aggravati dal clima predisposto alla siccità e dalla natura insostenibile delle piantagioni di monocolture arboree, soprattutto in un contesto di cambiamenti climatici. Ad esempio, nel 2017, un incendio devastante ha distrutto la comunità di Hawequa, alla periferia di Paarl. La comunità ha evacuato le proprie case per una settimana, mentre la piantagione di pini bruciava, distruggendo case e giardini.

– Debolezza di governance e coordinamento statale

Gli sforzi per migliorare le condizioni delle comunità all’interno di queste piantagioni di alberi sono stati ostacolati da una governance debole e da uno scarso coordinamento all’interno dello Stato sudafricano. Ciò ha paralizzato gli sforzi per formalizzare gli accordi sulla proprietà terriera e fornire servizi essenziali. Poiché questi insediamenti spesso si estendono oltre i confini fisici e giurisdizionali di vari
seriamente danneggiati dallo scarso coordinamento all’interno dello Stato. Come molte comunità forestali in tutto il mondo, quelle del Capo Occidentale sono state spesso escluse dai processi decisionali relativi all’uso del suolo, alla gestione forestale e alla creazione di nuove piantagioni. Queste questioni sono anche fortemente influenzate da discriminazione di genere, poiché il settore forestale commerciale è stato storicamente dominato dagli uomini e i responsabili politici spesso sottovalutano i ruoli tradizionali delle donne (come la raccolta di legna da ardere e di piante medicinali). Tuttavia, le donne svolgono un ruolo importante all’interno di queste comunità, contribuendo alle questioni comunitarie e spirituali.

– L’emergente minaccia del rimboschimento

Nel Capo Occidentale, lo Stato si è ritirato dal settore forestale vent’anni fa, ma ha revocato questa decisione un decennio dopo a causa della conseguente carenza di legname da segheria. Lo Stato ha proposto di “reinstaurare” (ovvero, ristabilire) le piantagioni di alberi attraverso contratti di locazione a società concessionarie private. Tuttavia, le comunità forestali sono state escluse dal processo decisionale relativo a questo cambiamento di politica. I piani per un nuovo rimboschimento sollevano preoccupazioni circa una nuova ondata di espropriazioni, emarginazione economica e insicurezza riguardo alla proprietà terriera. Il reimpianto di piantagioni di alberi monocolturali minaccia di incrementare lo sgombero delle comunità locali, minare i potenziali mezzi di sussistenza e precludere le opportunità per forme di agroforestazione più sostenibili dal punto di vista sociale e ambientale.


Risposte e mobilitazione comunitaria

Organizzazioni della società civile come il Surplus People Project (SPP) hanno mobilitato le comunità del Capo Occidentale. Con il supporto dell’SPP, queste comunità geograficamente disperse hanno fondato il Community Forest Forum (CFF) nel 2011 per difendere i propri interessi collettivi. Alla fine del 2024, il CFF ha organizzato una “Fiera della Conoscenza” per condividere esperienze, analizzare le proprie lotte e pianificare iniziative di difesa di fronte allo Stato e alle altre parti interessate. Questa iniziativa evidenzia la necessità di un approccio integrale per affrontare il retaggio dell’emarginazione.
L’approccio è multiforme e affronta sfide interconnesse:

– Migliori servizi e infrastrutture

Garantire l’accesso a servizi e infrastrutture essenziali è fondamentale. L’emarginazione spesso porta a un’erogazione di servizi inadeguata.

– Rafforzamento dell’accesso alla terra

Migliorare l’accesso alla terra e la sicurezza della proprietà terriera è essenziale per consentire alle comunità forestali di gestire i propri territori in modo sostenibile e investire in pratiche agricole e agroforestali comunitarie a lungo termine

– Sviluppo di capacità e opportunità economiche

Sviluppare competenze e migliorare le opportunità di accedere a mezzi di sussistenza sostenibili è fondamentale per superare i cicli di povertà.

– Pratiche agroforestali sostenibili

Promuovere l’agroforestazione garantisce la salute a lungo termine sia del territorio che della comunità, bilanciando la conservazione ecologica e la generazione di reddito.

– Partecipazione comunitaria alla presa di decisioni 

L’aumento della partecipazione della comunità alla governance consente alle comunità forestali di influenzare le politiche sull’uso della terra, la gestione ambientale e l’allocazione delle risorse.
Nel complesso, i membri della CFF riferiscono di aver riunito con successo gli organismi statali e gli altri attori coinvolti per far fronte alle problematiche della comunità.
Questa strategia affronta sia i bisogni immediati che le disuguaglianze strutturali a lungo termine, consentendo alle comunità di assumere il controllo del proprio sviluppo e di contrastare l’emarginazione storica. Gli sforzi della CFF dimostrano il potenziale delle iniziative promosse dal basso e dirette alla comunità per promuovere un cambiamento significativo e sostenibile.

* Vedi: Bollettino del World Rainforest Movement (WRM) N°274 presentato da Ecor.Network il 21 maggio 2025. Traduzione di Giorgio Tinelli per Ecor.Network.


Tácticas sucias detrás de los negocios ‘verdes’
Boletín del WRM 274, Abril 2025 – 35 pp.

Download:


Note:

1) Vedi l’articolo sul Community Forest Forum pubblicato nel 2015 nella newsletter WRM.

alexik

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