L’onore di Pinelli – di Mark Adin

Questa è una storia che non finisce mai, e che comincia quando ho smesso i pantaloni corti e mi sono iscritto alla prima classe del liceo. Una storia che ha indirizzato la vita a molti, una storia collettiva. Qualcosa che non ha più avuto pace, una condizione di allarme che ci ha messo in mezzo.

Se durante il passaggio tra l’infanzia e l’età adulta è un fatto drammatico a incorniciare la tua iniziazione, questo fatto ti accompagnerà per sempre: sarà una parte di te.

Una generazione intera è passata da quella piazza di Milano, è rimasta scossa, mutilata, aggredita, segnata dalla bomba esplosa un pomeriggio piovoso in una banca affollata. Nulla è stato più come prima.

Non sapevo cosa fosse, l’anarchia.

I libri di storia finivano, allora, sul Carso, con molta retorica. Conoscevo le canzoni, imparate dalla voce gorgheggiante della maestra di musica, del Piave, degli Alpini. Gli inni patriottici, questo sapevo. Avevo ancora negli occhi grandi manifesti appesi ai muri, che ammonivano a non toccare strani oggetti che avrebbero potuto esplodere. Erano le mine antiuomo della Seconda Guerra mondiale. Erano ancora lì, sulle pareti. Questo sapevo dell’ultima guerra, insieme ai pallosissimi (a quell’età si è insofferenti di tutto) racconti che sentivo in famiglia di “quando si stava peggio”, dei bombardamenti aerei, delle corse ai rifugi.

Questo sapevo delle bombe.

Nella piccola città di provincia i soldati e i “capelloni”si menavano. Certi ragazzi più grandi di me urlavano “Johnson boia”, la polizia li caricava a forza sulle auto verde-oliva e li portava via. Rubai, a una esposizione di quadri, un piccolo volume dalla copertina rossa incollato a un grande pannello dai colori sgargianti che voleva essere una opera d’arte. Non mi resi conto di aver così compiuto uno sfregio. Ero diventato un teppista ma avevo tra le mani, del tutto inconsapevole, un feticcio: il libretto rosso di Mao, che parlava di “tigri di carta” poco salgariane. Ricordi alla rinfusa del turbine adolescenziale.

Improvvisamente scoppiò la bomba vera, il bianco e nero televisivo drammatizzò ancor di più la notizia. Vidi le foto, la devastazione. Vidi quel buco nel pavimento. Tre giorni più tardi sentii per la prima volta il nome di Pino. Lessi i titoli dei giornali: un uomo si era suicidato buttandosi dal quarto piano della questura.

Passò del tempo, su una bancarella c’erano pile di libri dal titolo: “La strage di Stato”. Un tizio appariva in copertina, era il “ballerino anarchico” Pietro Valpreda. Il primo contatto con una delle parole più usurpate, rubate, stuprate, fraintese: anarchia.

Anche l’uomo precipitato dal quarto piano della questura di Milano era anarchico.

E io stavo lentamente diventando uomo, precipitando in un mondo privo di innocenza.

Ebbi modo di conoscerne altri, ebbi l’umano privilegio di incontrare, essere amico e compagno di alcuni anarchici, gente più grande di me: venivano da Resistenza e Guerra di Spagna. Parlo di privilegio senza retorica: fu tale per la qualità delle persone. Incarnarono e mi trasmisero un senso dell’etica e della politica che non ho più ritrovato. Uno di loro, oggi scomparso, mi parlò a lungo di Giuseppe Pinelli, dei giorni immediatamente successivi alla strage, durante i quali finì, anche lui, fermato insieme ad altri.

A metà degli anni Ottanta ebbi modo di incontrare Pietro Valpreda. Nello stesso periodo feci la conoscenza del giornalista Piero Scaramucci, che ai nostri giorni avrebbe curato uno dei libri più sorprendenti su Pinelli: una lunga intervista in cui parla la moglie Licia, donna riservata, dalla forza morale esemplare. Un libro lucido, spiazzante, dal taglio davvero inedito, da leggere. Sul “ferroviere anarchico”, sul suo dramma, è stato scritto molto, sono state condotte inchieste, composte canzoni, messi in scena lavori teatrali, ma il vero dramma è non avergli reso giustizia, è aver dovuto ascoltare ogni sorta di menzogna sulla sua fine, pur in presenza di testimonianze  e riscontri, colpevolmente ignorati. Una per tutte: la testimonianza di Pasquale “Lello” Valitutti, che è possibile leggere o ascoltare, dalla sua viva voce, sul web.

Nonostante fosse l’unico testimone di quella tragica sera nella quale Pinelli entrò in questura da una porta per uscire poi da una finestra, non fu ascoltato. Si preferì dar retta ai poliziotti (che erano indagati, dunque meno attendibili) per arrivare alla sentenza nella quale si inventò il surreale “malore attivo” e si sostenne, nonostante la testimonianza contraria di Valitutti che si preferì non considerare al processo, cheil commissario  Calabresi non si trovava, al momento dell’accaduto, nella stanza dell’interrogatorio.

Caso emblematico di una verità, quella sul ferroviere anarchico, gridata nelle piazze e smentita dallo Stato. Se vi capita di andare a Milano, in Piazza Fontana troverete due lapidi che raccontano due versioni da sempre in aperto contrasto tra loro. Ma la verità, ovviamente e scandalosamente, è  soltanto una.

Oggi un regista di talento, che ci ha dato, tra l’altro, un’opera complessa come “La meglio gioventù”, Marco Tullio Giordana, ha terminato un film che uscirà a marzo, sulla bomba di Milano e ciò che seguì. Mastandrea è Calabresi e Favino Pinelli. La sfida è grande. Lo vedremo sugli schermi e giudicheremo, ma non prima di allora.

Senonchè, durante una intervista-promo resa a Curzio Maltese, sul “Venerdì” di Repubblica del 27/1/2012, si fa allusione all’ipotesi di coinvolgimento criminale di alcuni anarchici nello stesso periodo, tesi secondo la quale ci sarebbe stata una bomba a basso potenziale anarchica, il cosiddetto “petardo”, contemporaneamente all’ordigno che causò la strage collocato dai fascisti. La cosa fu smentita dalla magistratura e successivamente persino dalla polizia, dagli organi di quello Stato al quale avrebbe fatto molto comodo per distrarre da sé l’ombra della propria responsabilità. Uno dei tanti depistaggi. Sul “Venerdì” – forse a causa di un refuso, forse a causa di una fantasia dell’intervistatore, forse per suscitare clamore intorno al film – si è finito per intorbidire, per l’ennesima volta, le acque.

A seguito dell’immediato intervento di alcuni esponenti del movimento che gliene chiedevano conto, Giordana avrebbe nettamente smentito di aver reso la dichiarazione, affermando: “Che Valpreda possa aver messo il “petardo” è la tesi di Calabresi, non la mia. Vedendo il film la cosa è evidente. Nel finale giunge a dubitarne perfino lo stesso Calabresi, addirittura smentisce questa tesi Federico Umberto D’Amato in persona”.

Dirà la sua, se riterrà, anche Curzio Maltese, e forse smentirà in qualche recesso di pagina, o forse confermerà. Nel numero successivo del “Venerdì” di Repubblica, quello del 3/2/2012, però il giornalista tace. Del resto questo tipo di smentite, nell’opaco panorama del giornalismo italiano, non sono certo frequenti. Ci vuole onestà intellettuale per ammettere di aver preso una cantonata, e non tutti ne sono provvisti. Resto convinto che Maltese sia persona perbene, aspettiamo le sue parole.

Mi chiedo se sia dovuta a un altro errore giornalistico la notizia, riportata dallo stesso quotidiano in data 27/2/2007, circa l’avvio della causa di beatificazione del commissario Luigi Calabresi. In ogni caso, santo sì o santo no, non ci riguarda: è un problema che pertiene alla Chiesa Cattolica, sono fatti loro. Se posso però azzardare una battuta, nel rispetto di tutte le sensibilità, suggerirei che potrebbe, in effetti, essere considerato miracoloso (come è noto, si diventa santi solo se c’è il miracolo) il fatto di essere passato davanti a Pasquale Valitutti ed essergli stato invisibile. Infatti, secondo la testimonianza di quest’ultimo, seduto nel corridoio della questura con ottima visuale, nessuno sarebbe uscito dalla stanza dell’interrogatorio, neanche Calabresi. Che si trovasse nella stanza già piena di fumo al momento della precipitazione del ferroviere, comunque, non è così importante ai fini di stabilire come siano andate davvero le cose; può esserlo per la famiglia del Commissario, cosa umanamente comprensibile. Per la verità storica interessa poco la responsabilità individuale: ciò che conta è che Giuseppe Pinelli, quel 15 dicembre 1969, non si è buttato.

E’ davvero facile cambiarla a piacimento, la Storia, più di quanto si creda. Per questo ha bisogno dei suoi custodi, e tutti lo possiamo essere, anzi, lo dobbiamo essere, attentamente e ostinatamente.

Anche per una questione di onore, perché se da un lato le vicende di quegli anni furono contrassegnate da assassinii, depistaggi, menzogne, violenza ed ogni altra azione ignobile, dall’altro furono un esempio di reazione morale e di pratica di verità.  E questo non si può, per nessun motivo, infangare

Mark Adin

Lello Valitutti, una testimonianza ignorata: http://www.youtube.com/watch?feature=player_detailpage&v=B4noUfN_UT4

Redazione
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6 commenti

  • giuseppe veronica

    anche i il “malore attivo”, a ben vedere, ha del miracoloso (alzati e cammina).

  • Mark Adin,il prof. DIBBI mi aveva detto che Tu avresti scritto di questo che chiedevo:io la penso come Licia, Claudia e Silvia Pinelli e come te,oltre tutto Marco Tullio Giordana , (allora un regazzino come me, 15-16 anni…)fece una cosa incantevole:riporto’ a casa Pinelli la bandiera Anarchica sottratta… Aspettiamo di vedere prima di giudicare(poi noi Anarchici non dovremmo mai giudicare….)Non ho parole, anzi le ho che se fossi capace di scrivere come te avrei scritto le stesse identiche parole:sai quanto mi coinvolge questa MEMORIA, non solo per esser stato(con il prof DIBBI) uno degli autori del libro, ma anche per esser stato parte del 22 marzo , il circolo Anarchico. Ho dimenticato il tuo nome, sara’ gioia se mi scrivi. marcopacificim@libero.it, su feis buk sono con il mio nome e cognome. Immensamente Grazie, oltre che grande scrittore sei un Umano immenso(non avevo di che dubitarne,essendo anche tu Fratello di Daniele)

  • Ho seguito più volte le assemblee in cui si è trattato questo argomento.
    E’ stato chiesto dentro e fuori queste assemblee, da ricercatori e da qualche legale, una cosa semplice e ovvia, quella cioè di poter esaminare i verbali dei processi per poter capire e sciogliere questo dubbio, leggendo in particolare gli atti che riguardano questo nodo essenziale della negata/mancata/ecc. testimonianza dell’unico testimone Valitutti nei processi che sono pur durati anni.
    Onestà storica e intellettuale obbligherebbe la lettura (e la pubblicazione, perchè non dovrebbero essere secretati) di questi atti, anche in copia conforme all’originale, per verificare le responsabilità di una così grave omissione.
    E non credo sia la sola.

    Tullio

  • ringraziamo Mark, veramente! parole bellissime e che ci toccano nel profondo. Questa è stata la risposta di Maltese:
    mi spiace, ma non posso correggere una frase detta da giordana e da me
    correttamente riportata. del resto, nel film, quando lo vedrete, la
    tesi del coinvolgimento dei circoli anarchici è chiaramente espressa
    nel finale, come ipotesi del commissario calabresi e non soltanto sua.
    ma più che di anarchici, si parla di infiltrati. come sapete purtroppo
    nei circoli ce n’era più d’uno. grazie in ogni caso per l’attenzione e
    per il vostro impegno, cm
    e questa la nostra risposta:
    Caro Curzio Maltese,
    siamo veramente spiacenti che tu non voglia correggere la frase
    attribuita a Giordana e da lui stesso smentita , ma almeno ci saremmo
    aspettati la correttezza da parte di un giornale come Repubblica di
    almeno pubblicare la nostra lettera.
    Non sappiamo se per tagli al pezzo od altro ma ci sembra evidente che
    la sua domanda che inizia (p.20) con “Senza mai escludere una forma
    di manovalanza anarchica.” E prosegue con la risposta di Giordana “I
    segnali sono molti…) induce il lettore a credere che sia Giordana a
    credere alla teoria fantapolitica e di revisionismo storico del sig.
    Cucchiarelli e che gli anarchici abbiano, comunque, messo “una bomba
    di potenziale assai ridotto” e non , come lei stesso asserisce, che
    questa sarebbe stata una teoria del commissario Calabresi.
    Riguardo al numero degli infiltrati non ci interessa in questo momento
    fare una statistica a chi ne avesse di più o di meno (il Pci in quello
    stesso anno ‘69 espulse due agenti dei servizi segreti che lavoravano
    beatamente in Direzione e – peggio ancora – nel Dip. Esteri, per non
    parlare di quelli – mai identificati – che permisero gli arresti a
    raffica degli esuli del partito ogni qualvolta che da Parigi tentavano
    il rientro in Italia per riorganizzare il partito) , a noi preme
    soltanto sottolineare la nostra totale estraneità a quei fatti
    criminali e delittuosi (come anche la magistratura ha potuto accertare
    con sentenze passate in giudicato) e che la verità “vera” e quella
    “storica” è una e una soltanto: la Strage è di Stato, gli anarchici
    sono innocenti!
    Un grazie da parte mia e
    nostra e un saluto
    ancora , la nostra risposta a Giordana:
    Caro Marco Tullio,
    siamo lieti che lo spiacevole equivoco su di una nostra eventuale
    diffidenza verso di te si sia chiarito.
    Come ti abbiamo detto a noi stà a cuore solo la verità, e se tu
    riuscirai nell’impresa di intaccare/squarciare l’oblio e
    l’indifferenza su quella orribile Strage di Stato non potremmo che
    essertene grati.
    Avremmo piacere di poter avere una visione del tuo film, quando pensi
    sarà possibile quì a Roma?
    In attesa Ti abbracciamo anche noi.
    Come vedi, tentiamo di intervenire su questo film che, partendo da una premessa infame (il libro di Cucchiarelli del quale il produttore acquisì i diritti ) da quanto detto da Giordana sembrerebbe diventato nelle sue mani accettabile se non addirittura bello. Abbiamo molti dubbi, ancora non siamo stati invitati, come promesso, all’anteprima; tanti giornalisti, Maltese compreso, l’hanno gia visto. Gatta ci cova, secondo noi. cosa ne pensi? Ti invio la mia mail :rogar50@libero.it un abbraccio. Hasta rob

  • Soprascivo e Sottoscrivo quello che il mio Fratello e Compagno Roberto Gargamelli ha scritto qui sopra:credo che l’assenza di ogni altro commento(escludo naturalmente Mark Adin e Daniele Barbieri che di Coraggio e Dignita ne han da vendere) sia dolorosamente e paurosamente indicativo che non ci sara’ mai Futuro senza MEMORIA. Marco Pacifici uno di quelli del 22 Marzo (non dimentichiamo che la guardia spia infame nazifascista mario merlino prima di noi Anarchici infiltro’ svariati gruppi tra cui l’Unione ed altri).

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