«Mare» di Pabuda

Il meglio del blog-bottega /107…. andando a ritroso nel tempo (*)

 

Intuisco che questo, alle mie spalle, è mare.

non è pachiderma sonnolento sdraiato.

non è lago inutile rinserrato.

è quasi tutto mare alle mie spalle.

tutto questo ghiaccio liquefatto

so che è incorniciato da golfo apposito

ma giù in fondo è aperto.

infatti, ricordo che quella linea orizzontale

non è confine né frontiera, non è la fine:

è piuttosto l’inizio d’un altro capitolo di libro-mare,

principio di altro mare. quasi uguale.

con l’occhio mnemonico lo guardo e prendo atto,

aiutato dal rumore di disco rotto incantato

delle onde che sbatacchiano su sponde

come puntina di grammofono su vinile sobbalzante,

ecco… se con occhio magico di ricordo lo guardo

m’accorgo che linea-orizzonte non è traguardo.

somiglia piuttosto a lunghissimo titolo esplicito che dice:

questo, signore e signori, è mare aperto, disponibile,

mare libero che sta qui per farsi guardare e cingerti

e farsi traversare”.

è nella sua natura di anti-terra la disposizione

a farsi solcare e farsi carezzare il pelo dell’acqua

sostenendovi come gli ha insegnato Archimede.

è il mare che amo in questo preciso momento:

mare-movimento, mare-passaggio, mare-galleggiamento.

esimi ministri e poliziotti ubriachi lasciatelo stare:

è mare! né barriera, né limitazione di stato.

lasciatelo stare com’è sempre stato:

liquido mare e salato e fluido instabile,

spazio di libero transito, ingovernabile,

mare s/confinato.

lasciate agli antichi romani e ai loro delirii imperiali

la definizione obsoleta e delirante e vecchia e rancida e rivoltante

di “Mare Nostrum”.

sti flutti son di tutti!

il mare di mezzo sta proprio in mezzo a terre

a separare coste e basta.

per le genti ha altro da fare: farle incontrare.

la stupida Europa che s’erge a fortezza

fa scempio d’ogni marina bellezza.

i suoi stati-aguzzini

lo disseminano di cimiteri marini

popolati di eroi, poeti, santi, transmigratori

bestemmiati come “clandestini”

L’IMMAGINE E’ di JACEK YERKA

(*) Anche quest’anno ad agosto la “bottega” recupera alcuni vecchi post che a rileggerli, anni dopo, sono sembrati interessanti. Il motivo? Un po’ perché circa 12mila articoli (avete letto bene: 12 mila) sono taaaaaaaaaaanti e si rischia di perdere la memoria dei più vecchi. E un po’ perché nel pieno dell’estate qualche collaborazione si liquefà: viva&viva il diritto alle vacanze che dovrebbe essere per tutte/i. Vecchi post dunque; recuperati con l’unico criterio di partire dalla coda ma valutando quali possono essere più attuali o spiazzanti. Il “meglio” è sempre soggettivo ma l’idea è soprattutto di ritrovare semi, ponti, pensieri perduti… in qualche caso accompagnati dalla bella scrittura, dall’inchiesta ben fatta, dalla riflessione intelligente: con le firme più varie, stili assai differenti e quel misto di serietà e ironia, di rabbia e speranza che – speriamo – caratterizza questa blottega, cioè blog-bottega. (db)

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Pabuda
Pabuda è Paolo Buffoni Damiani quando scrive versi compulsivi o storie brevi, quando ritaglia colori e compone collage o quando legge le sue cose accompagnato dalla musica de Les Enfants du Voudou. Si è solo inventato un acronimo tanto per distinguersi dal suo sosia. Quello che “fa cose turpi”… per campare. Tutta la roba scritta o disegnata dal Pabuda tramite collage è, ovviamente, nel magazzino www.pabuda.net

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