Marocco: 30 mesi di carcere per Ibtissame “Betty” Lachgar

 di Federico Boni (*)

France 24 ha riferito che Lachgar è in cura per un cancro e avrebbe dovuto sottoporsi a un intervento chirurgico al braccio sinistro nelle prossime settimane. “Potrebbe morire in qualsiasi momento in prigione”.

Le autorità marocchine hanno condannato un’attivista femminista a 30 mesi di carcere per aver indossato una maglietta con la scritta «Allah è lesbica».

Il Tribunale di primo grado di Rabat ha emesso la sentenza nei confronti di Ibtissame “Betty” Lachgar, cofondatrice del movimento MALI, e le ha inflitto una multa di 50.000 dirham marocchini, pari a circa 5.000 dollari. Ne dà notizia Morocco World News. I giudici l’hanno ritenuta colpevole di aver violato le leggi nazionali contro la blasfemia.

Lachgar è stata arrestata il 10 agosto, circa una settimana e mezza dopo aver pubblicato sui social media una foto di se stessa con indosso la maglietta con il nome di Allah in arabo e la scritta “è lesbica” in inglese. In un post su X ha poi chiarito che il suo abbigliamento aveva lo scopo di protestare contro l’oppressione dei leader islamici in Medio Oriente. «In Marocco vado in giro con magliette con messaggi contro le religioni, l’Islam, ecc. Ci stancate con il vostro bigottismo, le vostre accuse. Sì, l’Islam, come ogni ideologia religiosa, è FASCISTA. FALLOCRATICO E MISOGINO», ha cinguettato.

Il movimento MALI – il cui nome arabo si traduce in italiano come Movimento Alternativo per le Libertà Individuali – sostiene i diritti delle donne e i diritti LGBTQ+ in Marocco. Lachgar è una psicologa clinica e psicoterapeuta specializzata in criminologia nonché una convinta sostenitrice dei diritti umani.

Diversi gruppi di attivisti hanno condannato il suo arresto, definendo Lachgar «un’importante libera pensatrice e dissidente al governo conservatore».

Questo grottesco arresto nel 2025 è un affronto alla libertà di pensiero e di espressione. Le leggi sulla blasfemia – reliquie medievali – non esistono per proteggere le persone, ma per proteggere le idee da un’esame più approfondito. Prendono di mira apostati e dissidenti, alimentando l’apostofobia – la paura, l’odio e la disumanizzazione di coloro che abbandonano la religione – criminalizzando la nostra stessa esistenza“, si legge in un editoriale di Ex-Muslims International condiviso con l’hashtag #FreeBetty ad agosto, dopo l’arresto di Lachgar.

Durante il processo, i pubblici ministeri hanno insistito per tenerla in carcere, mentre il tribunale ha ripetutamente respinto le richieste di libertà su cauzione presentate dai suoi avvocati. Secondo la legge marocchina, le accuse di blasfemia possono comportare fino a cinque anni di carcere e multe fino a 20.000 dollari.

Gli avvocati della donna hanno affermato che il tribunale avrebbe ignorato reali preoccupazioni per la salute di Lachgar, incarcerandola per due anni e mezzo.

«Potrebbe morire in qualsiasi momento in prigione. Lo abbiamo spiegato al tribunale, e Lachgar stessa ha spiegato le sue condizioni» hanno precisato gli avvocati ai media locali che hanno seguito il caso. France 24 ha riferito che Lachgar è in cura per un cancro e avrebbe dovuto sottoporsi a un intervento chirurgico al braccio sinistro nelle prossime settimane. La sentenza consente agli avvocati di Lachgar di presentare ricorso. Il caso ha scatenato dibattiti sui diritti umani e sulla libertà di espressione in Marocco.

Diritti LGBT in Marocco

L’attività sessuale tra persone dello stesso sesso sia maschile sia femminile è del tutto illegale. L’articolo 489 del codice penale marocchino criminalizza gli “atti osceni contro natura con un individuo dello stesso sesso”. I colpevoli possono essere puniti con una pena che va da 6 mesi a 3 anni di reclusione e a una multa da 120 a 1200 dirham.

Non vi è alcun riconoscimento giuridico delle coppie dello stesso sesso.

Le discriminazioni o molestie sulla base dell’orientamento sessuale o dell’identità di genere non sono affrontate in alcuna legge sui diritti civili.

(*) ripreso da www.gay.it

Redazione
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Un commento

  • Chelidonio Giorgio

    La notizia di una sentenza così bieca e spropositata era tale da farmi persino dubitare che fosse davvero fondata. Ma mi è bastato poco per trovarla confermata da un articolo di Micromega datato al 19 agosto scorso. Bisogna diffonderla al più presto… magari come appello per dare più visibilità possibile ad una simile infamia

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