Messidoro: riflessioni semiserie sul mio cognome

di Maria Teresa Messidoro (*)

 

Non sono mai stata capace a tagliare una pizza esattamente a metà.

Non mi piacciono le simmetrie perfette, troppo statiche: se appendo su un mobile un foglio o una foto, tranquilli, penderà da una parte, volutamente.

D’altra parte, sono ambidestra, ma sbilanciata: perché scrivo e mangio con la mano destra, ma guai farmi giocare a bocce, o a calcio, non con la mano sinistra. Faccio fatica ad aprire la porta con la mano destra, d’altra parte, per anni ho insegnato ai miei allievi che il mondo sub atomico e sub particellare non è per niente simmetrico.

La legge della mano destra per determinare alcune grandezze fisiche, come la forza magnetica, non può essere sostituita specularmente dalla legge della mano sinistra, saremmo in un altro universo, forse uno dei tanti universi paralleli che non conosciamo.

Molto più semplicemente, non credo che, per dire quasi una banalità, in politica la destra sia uguale alla sinistra, almeno dal punto di vista dei valori.

Anche se a volte, il dubbio che i nostri politici siano tutti uguali mi viene.

E così non mi sono mai stupita più di tanto se, col passare degli anni, ho capito che la mia famiglia materna non era simmetrica ed equivalente a quella paterna.

Della prima, conosco infiniti particolari, piccoli  grandi aneddoti che mi hanno portato fino a generazioni e generazioni indietro nel tempo.

Di quella paterna conosco molto meno, come se una riservatezza intrinseca la volesse proteggere da giudizi e scoperte indesiderate: mio padre aveva tre fratelli e sei sorelle, un numero abbastanza elevato di nipoti che non si frequentavano normalmente; di alcuni conosco soltanto i nomi, spesso senza nemmeno poterli associare ad un volto, un episodio, uno scambio.

Ma, ma da quella paterna nasce il mio cognome.

E che cognome.

Perché il mio cognome sarebbe già da solo un bel programma: Messidoro, che deriva dal nome del decimo mese del calendario rivoluzionario francese, corrispondente al periodo tra il 19/20 giugno e il 18/19 luglio.

Seguiva pratile e precedeva termidoro.

Molti giorni del mese avevano un nome proprio, tratto dal nome di una pianta: rosmarino, tabacco, cumino, menta, lavanda, ribes….

Uno più bello dell’altro.

Ma non finisce qui.

Sono nata a sorpresa in una famiglia di bruni, dove le persone castane erano già una eccezione: i miei capelli biondissimi, bianchi alla nascita, hanno fatto scalpore. Quasi albina io sono.

Non mi sono mai vergognata, anzi.

Ho sempre portato con orgoglio, per molti anni della mia infanzia, lunghe trecce bionde, quasi per voler ribadire la bellezza del mio cognome, che richiama grano maturo e la gioia dell’estate.

E poi… poi se non bastasse, ecco il particolare più affascinante, avvolto nel mistero di una storia sussurrata e ricostruita negli anni, raccogliendo qua e là scarne parole, particolari scoperti a fatica.

Castino è un piccolo paesino che fa parte della Comunità Montana Langa Valle Bormida, in provincia di Cuneo e si stende su un crinale tra la Valle Bormida e la Valle del Belbo.

La terra descritte da Cesare Pavese nei suoi libri, una terra dura e difficile, come i suoi abitanti.

Cesare Pavese descriveva le Langhe così: “gialle, dure e vento frizzante”; Cesare Pavese che spesso andava in gita proprio a Castino con Ginsburg, Antonicelli e Frassinelli, sedendosi su quel muretto che oggi è diventato “il muretto di Pavese”, per la gloria di Castino. (1)

Lapresse
Archivio Storico
anni ’40
Cesare Pavese
Nella foto: da sinistra CESARE PAVESE, LEONE GINZBURG, FRANCO ANTONICELLI e AUGUSTO FRASSINELLI negli anni ’40 sulle colline delle Langhe
Busta 2169

Una manciata di case, alcune arrampicate sui bricchi, molte ora acquistate e ristrutturate da svizzeri affascinati da questo paesaggio e dalle storie nascoste dietro alberi secolari e colline ondulate.

Agli inizi del 1800, a Castino, il convento costruito nel 1600, che possedeva allora più di trecento giornate di terreno, sotto la guida di badesse appartenenti spesso alla nobile famiglia Del Carretto, è stato abbandonato dalle monache benedettine, a causa delle leggi napoleoniche sulla soppressione degli ordini religiosi.

Il “Monastero”, così era semplicemente chiamato, si è trasformato negli anni successivi in abitazione privata.

Il riferimento ecclesiale principale rimaneva quindi la Chiesa Parrocchiale, dedicata a Santa Margherita.

E proprio sui gradini di questa chiesa, alla fine del 1800, viene ritrovato un bambino appena nato, avvolto in abiti ricamati, deposto in una piccola culla. Si racconterà successivamente, con la riservatezza tipica del langaroli, che quel bambino probabilmente era figlio illegittimo di una facoltosa signora francese, venuta a svernare sulle colline intorno ad Alba. Il frutto di una relazione clandestina.

Illazioni? Fantasie? Pettegolezzi?

Resta il fatto che in quella culla fu trovato un bigliettino con il cognome “Messidoro”.

E che quel bambino, a cui fu posto il nome di Pietro, era mio nonno.

Venne accolto con affetto da una famiglia del luogo, contadini da generazioni.  Uno dei suoi “fratelli” l’ho conosciuto moltissimi anni dopo: zio Menzio, un granatiere simpatico e allegro, che trascorreva da noi alcune domeniche pomeriggio per rompere la monotonia della casa di riposo di Torino, dove alloggiava.

E così nacque il ramo della famiglia Messidoro a cui appartengo. Una famiglia Messidoro che rischia di scomparire: mio padre e due dei suoi fratelli hanno avuto, a loro volta, un figlio maschio, a cui è stato posto un nome che ricordasse il nonno Pietro: Piero, mio fratello, ed i miei cugini Pier Luigi e Pierino.

Ma già la seconda generazione è in difficoltà, e la terza, per quello che so, rischia di disperdere il cognome.

Un cognome poco diffuso se, sbirciando sul sito cognomix, in Italia risultano 21 famiglie con questo cognome.

Nel mondo, poi, non c’è da stare allegri: certo, in Francia molti sono Messidor, come un semplice hotel di Parigi (2).

Ma manca la “o” finale, e la finale ha sempre importanza, non si può barare.

La predominanza di Messidoro nel mondo è invece in Argentina, chissà poi perché.

Proprio in Argentina, c’è un tal Alexis Nahuel Messidoro, di professione calciatore! Ha 25 anni, ed attualmente gioca in Indonesia. (3)

Ma a me piace così.

Perché mio nonno materno è nato in Argentina…

Un altro cerchio si chiude, passando proprio per l’America Latina, a cui sono legata.

E allora, ben venga un po’ di celebrità per questo cognome, Messidoro, nato in Francia durante una rivoluzione, rinato nelle campagne piemontesi grazie a una donna, la mia probabile bisnonna che immagino sfidare le norme di una società molto chiusa, e presente nell’universo grazie a mio fratello, a cui è stato dedicato persino un asteroide!!

Sissignore: 24856 Messidoro è un asteroide della fascia principale compresa tra le orbite di Giove e Marte, scoperto nel 1996 da Claudio Casacci e Maura Tombelli, che hanno deciso successivamente di dedicarlo a mio fratello per il suo contributo al progetto della Stazione Spaziale Internazionale. (4)

Un asteroide che dista dalla terra 217,4 milioni di chilometri ed ha un diametro stimato di circa 15 chilometri.

Bè, uno fra i tanti (sono circa 200 mila), ma mica tante persone hanno un asteroide con il proprio cognome in cielo no?

Grazie a mio fratello, ovvio.

Ma sempre di un Messidoro si tratta.

E così, come lui dice sempre, noi a volte non siamo sulla luna, siamo tra Marte e Giove, perbacco!!

 

  1. https://www.ilfattoquotidiano.it/in-edicola/articoli/2022/07/21/i-ragazzi-del-muretto-nelle-langhe-gialle-dure-e-vento-frizzante/6691030/
  2. “Situato sulla Rive Gauche della Senna nel XV arrondissement, questo hotel semplice dista 2 km dalla stazione ferroviaria Gare Montparnasse e 3 km dalla Torre Eiffel…” tratto da https://abacahotel.com/fr/
  3. Il nome ufficiale della squadra è Persatuan Sepak Bola Indonesia Giakarta, non proprio semplice da ricordare. Per questo è comunemente nota come Persis. https://www.gli-sport.info/calcio-persis-solo-risultati-identita-equ68390.html
  4. https://www.ilmonferrato.it/articolo/QY8opRdToE6URHtIU0Hytg/un-asteroide-per-il-moncalvese-piero-messidoro

 

*Professoressa di fisica in pensione, sognatrice, con la testa tra Marte e Giove.

 

 

Teresa Messidoro

Un commento

  • Adesso sappiamo che dietro la poesia di un cognome può essere anche una storia che è anche un romanzo. Che sembra scritta apposta per un periodo nel quale le relazioni ritrovano un simulacro di ritorno all’umanità. La realtà del Natale che si rinnova migliaia di volte al giorno e gli uomini hanno voluto riassumere in un giorno particolare.

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